Ryan. Golden Angel

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«SUNNY!»

Mi fiondai rapido per i corridoi in marmo, sbattendo contro gli stipiti delle porte nella fretta di arrivare alla tana di mia sorella. La porta dello studio era socchiusa e la aprii con una manata così forte da farla sbattere contro la parete.

«Dove diavolo l'hai messa?!»

L'unica reazione di Sunny di fronte alla mia esplosione di rabbia fu di sollevare gli occhi dal computer, togliersi gli occhiali da lettura e squadrarmi con perfetta innocenza. «Di che parli, amore?»

«La bottiglia di whiskey. Quella che ho comprato ieri. Dov'è?»

«Vuoi dire quella?» Mia sorella indicò la libreria alle sue spalle. In alto, assolutamente fuori dalla mia portata, svettava il mio Jack Daniel's, risplendente come un trofeo.

Sapevo che insistere per accompagnarla al supermercato, implorare una vecchietta di passarmi la bottiglia, precipitarmi alla cassa e pagare di tasca mia non sarebbe bastato.

«Dammela subito.»

«La apriamo stasera.»

Questo mi lasciò sconcertato. Bere con Sunny era sempre meglio che non bere affatto, anche se avrei preferito scolarmela in camera e poi farmi un bel sonnellino della durata di qualche giorno.

Sunny non si perse la mia espressione. «Ti ricordi che viene Emily, vero?»

«Cosa? No! Ti avevo detto espressamente che non voglio gente in casa.»

«Questa è anche casa mia. Emily viene a cena. Se non vuoi farci compagnia ti prepari i maccheroni precotti e ti rintani in camera come al tuo solito.»

Stava usando un tono di sfida, ma non ci cascai. «È proprio quello che farò.»

Lei fece una smorfia, sconfitta. «Asociale.»

«Voglio il mio whiskey.»

«Lo berrai con noi, oppure niente.»

«Sei proprio una stronza.»

«E tu sei più acido del solito.» Sunny si alzò sulle lunghe gambe, venendo verso di me e scrutandomi preoccupata il viso. «Quella roba ti sta facendo impazzire.»

La "roba" era l'alcol da lui lei credeva che io avessi una dipendenza. Non era così, ma un bicchierino ogni tanto non lo disdegnavo. Mi aiutava a sopravvivere a quella vita di merda.

Un'altra fitta mi percorse la spina dorsale. Non riuscii a trattenere una smorfia che non sfuggì all'occhio attento di mia sorella.

«Hai male» sentenziò, facendosi d'un tratto premurosa e sollecita. «Quando hai preso l'ultima morfina?»

«Non l'ho presa oggi.»

«Per chi stai facendo l'eroe?» mi rimproverò lei, correndo a prendere la medicina. La seguii in bagno, sentendola mormorare: «Forse è meglio se cancello per stasera, dopotutto.»

Alzai gli occhi al cielo. Quanto melodrammatica... «No. Invitala pure, ma io resto a letto.»

«Ti preparo qualcosa da mangiare.»

«Non ho fame. Dammi solo il whiskey e mi vedrai contento.»

«Dopo che avrai mangiato qualcosa.»

«Sei insopportabile.»

«Ti voglio bene anch'io» sorrise Sunny.

Io mossi le ruote della sedia e andai in camera, tornando a fare quello che facevo prima che la voglia irresistibile di sentire del fuoco liquido bruciarmi la gola mi facesse perdere la concentrazione.

BondingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora