Sabato 14 luglio
L’aspettavo a braccia incrociate e con espressione battagliera seduto sulla poltrona in soggiorno.
La telefonata di Matthew mi aveva fatto salire la bile al cervello, anche se forse non era anatomicamente possibile.
Fatto sta che ero incazzato nero. Prima la discussione con Kaylee su quanto noi uomini sappiamo essere stronzi - perché voi donne no, siete delle sante, coerenti, dite sempre quello che volete… - poi quella notizia.
Sunny faceva bene ad avere una scusa pronta e convincente.
Quando però la vidi entrare, con gli occhi rossi e l’espressione stravolta, persi tutta la mia arroganza.
«Cos’è successo?»
Lei non rispose, limitandosi a slanciarsi verso di me e accoccolarsi nel mio grembo come faceva quando era solo un esserino di quattro anni che traeva forza dal suo fratellone.
Quando ancora potevo provvedere ai suoi bisogni e difenderla da chi le faceva del male. Quando potevo asciugare le sue lacrime e poi andare a spaccare il muso di chi le aveva scatenate.
«Papà» singhiozzò lei, la voce ovattata sotto le mani con cui si copriva il viso. «Ha fatto un incidente… è in coma irreversibile.»
La notizia mi provocò solo un lieve sussulto prima di tornare freddo e indifferente. «Mi dispiace.»
Non mi dispiaceva affatto, quell’uomo non era niente per me. Un padre sempre assente, un marito di merda; e, per ultimo, l’uomo che aveva cercato di screditare la donna che amavo con tutti i mezzi possibili, solo perché la genealogia di Kate non comprendeva principi e conti come la nostra.
Il rapporto di Sunny con nostro padre era stato diverso. Lei era femmina, era la principessa di casa, quella che lui viziava in ogni modo, quella che lo abbracciava entusiasta ogni volta che tornava a casa dopo mesi, quella che non lo giudicava mai, quella che lo amava incondizionatamente. Quella cui lui non aveva mai torto un capello.
Sunny era innamorata pazza di nostro padre. Io l’avevo odiato ma avevo superato anche quella fase. Non avevo sue notizie da quel suo freddo sms. “Mi dispiace per Kate e Zoey.” Non gli avevo neanche risposto, non ce n’era bisogno.
No, non mi dispiaceva che fosse a un passo dalla morte. Nostro padre aveva fatto cose orribili, aveva fatto soffrire tantissime persone. Era giusto che pagasse.
«Era in Irlanda.» La voce di Sunny ruppe il silenzio che era sceso tra di noi. «Non lo possono spostare dall’ospedale. La mamma è già lì. Dobbiamo andare.»
«Tu vai.»
Lei si alzò e mi guardò arrabbiata. Mi faceva tanta tenerezza, con quegli occhi da cerbiatta inondati di lacrime, ma non mi sarei fatto abbindolare.
«Non è il momento, Ryan. Devi venire anche tu. È papà.»
«È solo l’uomo che ha schizzato dentro nostra madre. Per te sarà stato un padre ma lo sai com’è fra di noi.»
Lei sussultò come se l’avessi colpita. Aprì e chiuse la bocca varie volte prima di sussurrare: «Ci sono momenti nella vita in cui non puoi essere così stronzo.»
Non degnai quell’affermazione di una risposta. «Vai pure in Irlanda. Io me la cavo.»
«Sai che non ti posso lasciare da solo. Dovrò chiedere a qualcuno di aiutarti…»
«Non sono un bambino.»
«Sei un invalido. È inutile che fai il supereroe. Questa è la realtà dei fatti.» Mi aveva reso pan per focaccia, bene. Non potevo lamentarmi. «Posso provare a chiamare Veronika…»
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Bondings
ChickLitSiamo di nuovo noi, le pazze del Club della Frusta, con un nuovo progetto! Se vi aspettate di leggere una trama, resterete delusi: noi siamo le prime a non avere idea di quello che combineremo. Possiamo solo assicurarvi tanto sesso, quindi per chi a...