Iris.

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Domenica 15 luglio

Era mezzogiorno, avevo deciso di andare a casa di Kaylee. Volevo scoprire cosa Eleanor nascondeva e cosa sapeva su mia madre. Era da molte notti che facevo sempre lo stesso sogno. Mia madre ed Eleanor discutevano, ed io le spiavo da dietro una porta. Nei miei sogni non riuscivo mai a capire cosa si dicevano. Dovevo ammettere che poteva essere tutto frutto della mia mente, in fin dei conti questa storia mi stava facendo impazzire, oppure quella scena che sognavo di ricorrente era accaduta per davvero anni fa.

Arrivai a casa di Kaylee e mi aprì Ivanna, se non ricordavo male era la compagna del padre. Dopo essermi accomodata, vidi scendere Kaylee, sembrava stanca. Aveva delle occhiaie assurde. Non feci in tempo a parlare che vidi entrare in casa Veronika con un uomo.

Quando l’uomo, che capii essere il padre di Kaylee, mi vide, sbiancò.
«Sapevo di non sbagliarmi.»

Lo guardai confusa. A cosa si riferiva?

«Sei bella come tua madre.»

Sgranai gli occhi. Ecco un altro pezzo del puzzle. Lui conosceva mia madre.
«Cosa sa di mia madre?»

«Non abbastanza.»

«Mi racconti tutto ciò che sa.»

Vidi Kaylee che stava per parlare, ma fu interrotta da suo padre.
«Iris, saliamo nel mio studio.»

Guardai l’orologio a pendolo nel salotto, erano già le 13:30. Alle 15.00 avevo il servizio fotografico con Jona.

«Mi scusi, tra un po’ ho un impegno. Le va di incontrarci domani?»

«Certo, sono libero per l’ora di pranzo.»

«Alle 12:00 all’hotel Parco dei Principi, le va bene?»

Il padre di Kaylee annuì sorridendomi, e seguì Ivanna al piano di sopra. Salutai Kaylee velocemente, e uscii da quella casa come se avessi il diavolo alle calcagna. Ogni giorno me ne accadeva una, mi chiedevo quando sarebbe arrivato il momento di scoprire tutta la verità. Una volta risolto il puzzle sulla vita dei miei genitori, avrei potuto vivere spensierata e felice.

...

Ero in casa di Jona per il servizio fotografico, avevo chiesto a Matthew di accompagnarmi. Avevo incontrato Jona il giorno precedente e mi aveva dato appuntamento a casa sua. Matthew era diventato il mio punto di riferimento, ormai lo consideravo un fratello. Era quella luce che illuminava il mio cammino e che mi faceva sentire meno sola al mondo. Avevo notato che Jona non era entusiasta della sua presenza. Ma il solo fatto che Matthew ci fosse mi dava forza. E poi grazie a lui e alle sue battute, non avevo potuto fare a meno di sciogliermi di fronte all’obiettivo e forse di diventare la miglior modella che Jona avesse mai fotografato.

Jona mi attirava. La mia non era una sbandata come quella che mi ero presa inizialmente per Gonçalo. Lui non era Gonçalo. Era diverso. Gonçalo poteva essere il classico uomo da copertina, che attirava subito gli sguardi delle donne. Per carità, il ragazzo era anche ben dotato, avevo potuto ammirare il suo ben di Dio in piscina, ma era il tipo da una scopata e via. Il classico: bello e dannato.

Jona invece poteva non catturare l’attenzione al primo colpo, lui era da scoprire parte per parte. Con la sua riservatezza, i suoi sguardi e tutto quello che poteva nascondere, ma soprattutto avevo ben capito che l’obiettivo della sua macchina fotografica era la sua corazza, dietro quell’obiettivo si nascondeva il vero Jona. Forse era proprio la sua macchina fotografica che non gli permetteva di mettersi a nudo, era il suo scudo. Quella macchina fotografica era più di un lavoro. Ed io avevo intenzione di mettere a nudo Jona Heart.

Decisi di essere più provocatoria, anche se la presenza di Matthew mi imbarazzava leggermente, ma potevo immaginare che fosse mio fratello e l’imbarazzo sarebbe scomparso.
Ad ogni mio gesto o provocazione vedevo Jona deglutire. Allora non gli ero del tutto indifferente.

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