Kaylee. A casa

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Sabato 14 luglio

«Tu pensi che io possa permettermi una famiglia con tutto ciò che mi sta succedendo?»

In quell'istante mi sembrò di cadere dalle nuvole e risvegliarmi dal mondo tutto fiori e arcobaleni che mi ero creata. Un mondo nel quale Gonçalo avrebbe sorriso alla mia dichiarazione e mi avrebbe detto che avremmo affrontato qualsiasi cosa sarebbe successa insieme. Una parte di me era sicura che non sarebbe stato davvero così, ma pensavo si sarebbe almeno assunto una parte delle sue responsabilità. Lui però doveva per forza rispettare il prototipo di uomo stronzo ed egoista.

«Un figlio ti sembra un lusso? Allora avresti dovuto pensarci prima di entrare nelle mie mutande senza protezione» sibilai.

«Sai, credevo che una che va a letto con tanti uomini per lavoro prendesse la pillola.»

«Io credevo che uno che va a puttane tenesse dei preservativi persino nel portafogli, ma noto che preferisci mettere incinte ragazze di qua e di là» ribattei con un sorrisino falso.

«Quelli li ho usati con tua madre, per essere sicuro che non ci sarebbe stato rischio.»

Sgranai gli occhi, sconcertata. Ma che razza di coglione avevo beccato?

Il campanello suonò, ma non avevo in mente di muovermi.

«Non so nemmeno perché tu ti stia agitando tanto, tesoro, nessuno ti garantisce ci sia davvero un figlio» dissi guardandomi le unghie.
«Ah, e cosa più importante: se c'è, nessuno ti dice che sia figlio tuo, dato che sono una puttana.»

«Risparmiati l'ironia con me. Può essere figlio di chi vuole, non mi interessa, basta che tu mi lasci fuori da questa storia.»

Mi stava davvero scaricando?

«Gonçalo» iniziai a pugni serrati.

«Discorso chiuso.»

«Llanos» continuai con gli occhi che pizzicavano.

Ma lui mi ignorò totalmente e andò ad aprire la porta.

...

Non avevo mai pianto tanto in così poche ore. Prima con Veronika in bagno e poi con Ryan. Avevo scaricato tutti i miei problemi sulla ragazza che già ne aveva troppi di suo e lei aveva anche tentato di consolarmi. Le fui tanto grata, anche se il suo tentativo non aveva avuto molto successo.

Gli eventi di quei giorni mi avevano reso un fiume in piena e le parole scivolavano autonomamente dalle mie labbra mentre gridavo contro l'ex modello. Gli avevo detto di tutto incazzata nera e poi ero scoppiata in un pianto disperato per una sua frase. Quando aveva tentato di sistemare la situazione mi ero ritrovata a sorridere e fare battute. Mi sembrava di essere io la bipolare e non Veronika. Che poi dov'era sparita? Quella ragazza era un mistero continuo.

Ryan mi consegnò la lettera e, dopo avergli promesso che avrei controllato Veronika, mi appartai in uno dei bagni per chiamare mio padre. Inutile dire che iniziò a farmi centinaia di domande non appena gli chiesi di venire a prendermi all'hotel, ma smise subito quando capì che non gli avrei risposto e mi garantì che sarebbe stato al Parco dei Principi entro mezz'ora.

Io nel frattempo trovai Veronika e le dissi di aspettarmi nella hall, poi andai alla suite per raccogliere le mie cose. Aprii la porta con il pass che Gonçalo mi aveva dato e lo trovai seduto sul divano a leggere. Era rilassato, come se non avessimo discusso un paio di ore prima.

Tossicchiai per attirare la sua attenzione, ma lui non sembrò volerne sapere.

«Io vado da mio padre.»

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