Kat. Irrisolto

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Domenica 8 luglio

Sospirai ancora una volta sotto il getto dell’acqua fredda della doccia: ero letteralmente sfinita, sia fisicamente che mentalmente. Io stessa mi stavo sbalordendo di non piangere come una bambina per quell’ennesimo guaio.

Possibile che non appena io e Gonçalo smettessimo di parlare, puntualmente mi capitava qualcosa?

Mi sembrava di essere una bambina che inevitabilmente aveva bisogno sempre di qualcuno che la controllasse, che la tenesse lontana dai guai… ma forse gli impicci erano nel mio destino da sempre.

Le tue foto sono in tutte le case di moda del paese aveva detto Christopher facendo capolino dalla porta. Non ti nasconderai mai più.

Cosa sapeva Christopher di me? Cosa conosceva sul mio passato?

Doveva necessariamente sapere qualcosa, altrimenti non avrebbe mai potuto chiamarmi Fiore… solo Gonçalo mi chiamava in quel modo, ma dubitavo che proprio lui fosse andato a confidargli un tale segreto. Era sempre stato uno stronzo, sì, ma non avrebbe potuto tradire la mia fiducia e la memoria di mio fratello in quel modo, anche se fra di noi le cose non erano andate nel migliore dei modi.

Mi chiedevo anche che motivo avesse avuto di mandare la mia foto a delle case di moda. Che senso aveva? Non ero una modella e non volevo esserlo, non avrei mai avuto il coraggio di farmi fotografare e lasciare che le mie foto fossero sparpagliate per città intere, magari rischiando che Xavier si facesse vivo ancora una volta.

Non avevano certamente bisogno di una scrittrice.

Allora perché?

Quel regista da strapazzo mi aveva messo nei guai e gli avrei torto il collo se non me ne avesse tirato fuori, o quantomeno spiegato perché diavolo si fosse accanito su di me. Prima le foto mandate a Gonçalo, poi quel dannato testo che mi aveva fatto riscrivere almeno una decina di volte e infine le foto mandate alle case di moda, senza la mia autorizzazione.

Ce l’aveva con me, non avevo altre ipotesi.

Nell’arco della mattinata avevo provato in tutti i modi a contattare Alex lasciando messaggi nella sua segreteria. Solo lui poteva fare qualcosa in quella maledetta circostanza; la mia casella postale si riempiva sempre più di mail e non osavo neppure aprirle: sapevo già cosa fossero e volevo continuare a ignorarle fin quando mi fosse stato possibile.

Piuttosto vivrò in una fogna anziché chiedere aiuto a Gonçalo.

Uscita dalla doccia avevo chiamato ancora una volta Alex, senza ricevere una risposta, e quando ormai avevo perso quasi ogni speranza di essere contattata da lui in giornata, ecco che sentii bussare al portone.

Doveva essere lui.

Quasi risollevata da quella tristezza di una tale giornata storta, aprii la porta sperando di mostrarmi il più cordiale possibile, ma non c’era bisogno di nessuna finzione in quel caso: sarei stata davvero felice se dietro quella porta avessi trovato Alex… ma ancora una volta ci fu un’altra sorpresa.

Puntellata sui suoi tacchi a spillo neri, Kaylee mi osservava dalla testa ai piedi.

«Cosa diavolo ci fai qui?» sbottai più arrabbiata che stupita, mentre mi mettevo a braccia conserte davanti a lei a mo’ di sfida.

«Come siamo cordiali stamattina» disse sarcasticamente sistemando i suoi occhiali da sole sul capo. «Si vede proprio che hai dormito bene» concluse alludendo alle profonde occhiaie che mi solcavano il viso.

«Ti ho chiesto cosa ci fai qui» tagliai corto sbuffando.

«Calma» disse lei quasi sogghignando. «Sono venuta in pace, per portarti un messaggio da parte di qualcuno» e mi porse una busta da lettere ben sigillata, ma mi sarei potuta giocare la testa sul fatto che quella strega ci avesse sbirciato dentro.

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