«Ferma così. Ok, perfetta. Abbiamo finito.»
La sua flemma nel rivestirsi era palesemente un invito. Infilò prima gli shorts, poi la camicia che lasciò aperta mentre calzava le scarpe.
Liza, era quello il suo nome, se non andavo errato.
Certamente non avrei potuto dire che non mi facesse proprio effetto, ero pur sempre un uomo, ma non era quello che cercavo. In lei vedevo solo i miei scatti, la sua anatomia era cibo per i miei occhi ed imprimerla con la mia macchina era l'unica cosa che contava.
Non mi portavo a letto quasi mai le donne che fotografavo, per me erano arte. L'arte andava venerata, amata, contemplata e non usata. Bramavo corpi imperfetti, ancor più di quelli perfetti. Un tatuaggio, un piccolo accenno di cellulite, cicatrici, donavano unicità ad ogni foto.
Avevo sempre avuto un debole per la fotografia sin da piccolo. I miei erano fissati con le foto, ogni occasione era buona per creare un cimelio. Mio padre me lo ripeteva in continuazione: negli occhi imprimi le sensazioni, sulla carta il ricordo. Poi mi regalò la sua polaroid, dalla quale non mi sarei mai staccato. L'unica in grado di regalarti l'emozione nel momento esatto in cui viene vissuta.
Dopo la laurea iniziai a viaggiare, e tanto. Ogni immagine, dalla più semplice alla più complessa, la facevo mia. Ma qualcosa mi fece capire che non mi bastava più immortalare solo paesaggi, per quanto potessero lasciare senza fiato. Quel qualcosa, o meglio quel qualcuno, si chiamava Marie.
Eravamo a Parigi, eravamo ubriachi, pazzi e liberi. Lei era bellissima, spensierata e audace. L'avevo conosciuta ad un caffè quella stessa mattina, un giro veloce sulla Senna, una corsa sotto la pioggia fino a casa sua. Mi aveva lasciato entrare poi si era posta a qualche passo da me, di fronte ai miei occhi. Avevo tolto la giacca in pelle e l'avevo poggiata sul divanetto lì accanto, avrei voluto avvicinarmi ma il suo sguardo mi tenne incollato al pavimento.
Portò i capelli dietro le orecchie sorridendomi, un sorriso luminoso avvolto tra labbra carnose. Tolse il vestito e il seno piccolo e libero attirò la mia attenzione; notai una scritta sotto l'arcata di quello sinistro, avrei voluto sfiorarla ma non mi mossi di un millimetro. Lei lasciò scivolare lungo le sue gambe, non accuratamente depilate, i suoi slip. Fu un attimo. Mi innamorai della sua nudità femmina.
Indossò la mia giacca e senza dire una parola mi invitò a seguirla, su per le scale.
Era qualche gradino più in alto, ed era uno spettacolo affascinante, erotico e sensuale. Meglio del sesso. Onde nere bagnate che ricadevano sulla mia giacca, la pelle nera poggiata sulle natiche sode, i miei occhi seguivano le linee delle sue lunghe gambe, sino ad arrivare alle sue decoltè.Aveva ragione mio padre, pensai, le emozioni mi stavano entrando nella testa attraverso le pupille, ma dovevo ricordarmela così per sempre. Scattai.
Risalii le scale, la porta della camera da letto era aperta e lei era lì, dinanzi a quel materasso ricoperto da lenzuola bianche. La sua malizia era una sfida che accettai senza pensarci.
Mi impalai davanti alla sua armonia. Mi tirò per la polo, assaporando le mie labbra. Era sempre un passo avanti a me, tutto quello che immaginavo di volerle fare lei me lo stava già facendo.
Come potevo stupirla, come avrei fatto ad eccitarla? La gettai sul letto, lasciando che la giacca aperta mi regalasse una visione perfetta. Milioni di pensieri mi passarono per la testa. Ricordai a me stesso che non ero mai stato con una donna così.
Liberai il torso dalla maglia umida e rimisi al collo la mia amata macchina, mi chinai al suo orecchio e le chiesi di toccarsi.
«Fallo per me..»
Non esitò. Era perfetta, Marie, con le sue mani tra le cosce. Scattai.
Le dita che giocavano con i capezzoli. Scattai.
La bocca aperta, le gambe flesse, i tacchi a spillo all'aria, il suo clitoride ben esposto e il suo orgasmo imminente. Scattai.
Poi feci ricadere la macchina ero dannatamente eccitato, sarei potuto scoppiare da un momento all'altro.
La vidi passare la lingua sulle labbra, voleva distruggermi. La voltai con un solo gesto, le alzai la giacca sulla testa poi morsi il suo sedere candido. Si ritrasse leggermente e la sentii sorridere, giusto il tempo di entrare in lei con una stoccata decisa. Esattamente come mi aspettavo, Marie accompagnò i miei movimenti, si spinse contro di me, tanto da riuscire a sentire con la punta del mio pene il suo ventre.
La sentii gemere, ci abbandonammo al ritmo, le tirai i capelli portandole la testa all'indietro. Urlò parole in francese, incomprensibili parole che mi aiutarono ad esplodere. Un orgasmo potente, rozzo. Mi distesi sulla sua schiena e le baciai la fronte. Le sue unghia laccate, liberarono lentamente il lenzuolo a cui si erano aggrappate. Tese la mano, sino a recuperare la mia polaroid e fermò quel momento.
Le gocce di sudore, i nostri corpi schiacciati, la sua pelle candida contro la mia abbronzata adornavano ora la parete del mio appartamento. Ed io come un cretino qui a fissare, nonostante una donna dalle linee impeccabili si stesse avvicinando a me con un bottiglia da mini bar di vodka.
«Ne vuoi?»
Scossi la testa.
«Vuoi me?»
Confermai il gesto. La ragazzina mi stava provocando, aveva lo sguardo adorante, ma non aveva capito. Nessuna capiva mai.
La sua eccitazione superava il limite, lo si percepiva dal suo modo di respirare, dalle sue gambe incrociate ma questo era solo l'effetto collaterale di uno shoot erotico. Era troppo impegnata a cercare la scopata del giorno, per vedere che non avevo il cazzo duro nei pantaloni.
Mi passai una mano tra i capelli, mentre sospiravo cercando di mantenere la calma. Impossibile. La tirai tenendola per un polso, poi la piegai sullo snack lì in cucina protendendomi su lei.
«Tu non sai in che guaio ti stai cacciando.»
Non ero esattamente un amante delicato a letto. Le donne preferivo averle nelle mie pellicole.
Qualsiasi uomo avrebbe potuto rendere un banale orgasmo, io invece lo avrei reso eterno. Ancora nessuna, a parte Marie, era riuscita a farmi innamorare di un insulso amplesso.
Se proprio avrei fatto del sesso, ne sarebbe dovuta valere la pena. Per ora, ero solo concentrato su di un obiettivo. Trovare la mia musa. Avrei indetto una mostra con tutte le mie immagini migliori, avrei mostrato a tutti cosa voglia dire venerare un corpo. L'importanza della sessualità, cosa si nasconde dietro al godimento.
E Liza e la sua insistenza non so se ne avrebbero fatto parte, nonostante gli scatti dei suoi glutei arrossati fossero memorabili. Come il ceffone che mi donò prima di lasciare casa mia.
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Bondings
Chick-LitSiamo di nuovo noi, le pazze del Club della Frusta, con un nuovo progetto! Se vi aspettate di leggere una trama, resterete delusi: noi siamo le prime a non avere idea di quello che combineremo. Possiamo solo assicurarvi tanto sesso, quindi per chi a...