Ryan. Epilogo

344 33 3
                                    

Veronika cominciò a mostrare i primi segni di insofferenza quando Arleen e Matthew lasciarono la stanza – e, dal sorriso birichino della rossa, sicuramente non per mangiarsi una tartina.

«Torniamo a casa?» sbuffò la ragazza, scostandosi dalla fronte un ciuffo di capelli.

Se li era lasciati crescere dietro mio esplicito desiderio. Adoravo svegliarmi la mattina e trovare il suo volto coperto da una cortina color ebano. Adoravo aggiustarglieli dietro l’orecchio per pizzicarle il naso fino a svegliarla. Adoravo ascoltare le sue insonnolite proteste e vederla girarsi dall’altra parte, così potevo attirarla contro di me e premere il volto contro la sua schiena, gustandomi il suo profumo di buono.

Un anno era passato dalla nostra repentina partenza per Milano. Un anno, ma la amavo come il primo giorno.

Mi sembrava ancora impossibile. Anni addietro ero convinto che Kate sarebbe stata la mia anima gemella. Ci può essere solo una metà perfetta della mela. Ma poi era arrivata Veronika, letteralmente piombata nella mia vita, caotica, sconclusionata, pazza, sì, pazza da legare. Pazza come piaceva a me. Pazza come dovremmo esserlo tutti almeno una volta nella vita.

Pazzia era la voglia di rischiare. Pazzia era il desiderio di buttarsi senza sapere se qualcuno ci avrebbe presi al volo. Pazzia era vivere alla giornata e non pentirmi mai della scelta che avevo fatto.

Un anno e qualche mese fa ero solo un paralitico scontroso e misogino. Il mio migliore amico era il vino, mia sorella l’unico essere umano con cui avevo contatti.

Mi guardai intorno. Non potevo dire di avere in simpatia tutti quelli riuniti in quella stanza da buffet ma avevo imparato ad apprezzare molti di loro. Jona e Kat, per fare un esempio. Il fotografo era il tipo d’uomo che non mi sarebbe dispiaciuto avere come amico. Generoso, sensibile ma non per questo un coglione sottomesso. Stravedeva per la sua donna ma non erano infrequenti i loro battibecchi – era comunque sempre lei a cominciare, le donne, sempre colpa loro.

(Se dicessi una cosa del genere a voce alta la mia ragazza sarebbe capace di versarmi addosso l’intera caraffa di punch. Grazie al cielo la sua pazzia non le ha dato il potere di leggermi nella mente. Non ancora, ma devo ammettere che è sulla buona strada. Mia sorella le avrà dato qualche lezioncina.)

Kat. Una scrittrice senza ispirazione, modella senza vocazione. Non avevo idea di come si fosse evoluta la sua vita in quell’ultimo periodo. Speravo se la passasse bene. Sembrava felice, anche se aveva una certa ombra nello sguardo che non spariva mai, neanche quando sorrideva. No, errato. Spariva quando battibeccava con Jona. Allora le sue guance si arrossavano, gli occhi brillavano, le narici fremevano. E diventava bellissima.

Sola in un angolo, Iris parlava frenetica al cellulare. Era uscita nei giornali la notizia del suo fidanzamento col regista Christopher. Me l’aveva comunicato Sunny. Non era sembrava dispiaciuta. Finalmente quel flirt col mascalzone poteva dirsi finito.

Dalla parte opposta della sala, Bonnie e Clyde. Non avevo intenzione di avvicinarmi a loro. Ci eravamo rivolti appena un cenno discreto con la testa, passandoci davanti. Dopo il nostro primo e unico incontro a Milano avevamo deciso di tagliare completamente i ponti. Llanos aveva ucciso la mia famiglia e Kaylee era stata la persona più deludente che avessi mai conosciuto. Fatti l’uno per l’altra. Avevo smesso di chiedermi perché, con tutti i capi d’accusa a suo carico, quell’uomo fosse ancora a piede libero. Ero stanco di sentirmi al centro di un thriller. Volevo vivere la mia vita. Volevo che quei due sparissero e basta.

Maledetto Evans e maledetta la sua idea di una festa in onore della sua ragazza. E maledetta Veronika per aver insistito. Ci teneva a rivedere la rossa che si era sbaciucchiata ogni volta che aveva potuto. Io l’avevo accusata di provare qualcosa per lei. Veronika mi aveva rassicurato subito dopo. Era stata molto convincente.

BondingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora