Kaylee. Target

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Sabato 30 giugno

«Kay, aiuto!» gridò mio padre esasperato, fissando le schermo del cellulare.

«Ti sta ancora chiamando?»

«Sì, è la diciottesima chiamata questa, non la sopporto più.» Mio padre mi guardò con le mani tra i capelli.

«Per favore, continua a non risponderle. Deve capire che non può controllarmi sempre» dissi scocciata.

Il suo cellulare smise di squillare e pochi secondi dopo sentimmo la suoneria di Ivanna.
Se è lei, è pazza, pensai.
I miei dubbi vennero confermati poco dopo.

«Eleanor, tesoro! Come va? Certo che è qui, te la passo se vuoi. Perfetto, ciao!»

È assolutamente e totalmente fuori di testa.

Ivanna arrivò tutta contenta con il cellulare in mano e io feci un sorriso tirato. Era così cara, non potevo farla sentire in colpa.

«Kay, perché non mi rispondi? Sei a San Diego e pensi di fare cio che vuoi? Guarda che ti faccio tornare qui!»

«Senti, ho ventiquattro anni ed effettivamente posso fare tutto ciò che voglio. Poi non sapevo che tu avessi chiamato, il mio cellulare l'ha ancora Gonçalo.»

«Davvero sei così irresponsabile? Come puoi lasciargli il tuo cellulare? E se riuscisse a sbloccarlo? Sapevo di non doverti lasciare andare da tuo padre.»

«Se non taci glielo regalo quel telefono.»

Sentii Eleanor sbuffare dall'altro capo del telefono. «In ogni caso non scordarti l'appuntamento con il regista che hai tra un'ora, ho dato l'indirizzo a Luke. Non mandare tutto in fumo, ciao.»

Non la salutai nemmeno e attaccai.
Con quale coraggio mi urlava contro così? Non ero più una bambina e lei doveva assolutamente capirlo, ma nonostante ciò quello che mi dava più fastidio era stato il suo "non mandare tutto in fumo".

Avevo iniziato il mio lavoro da femme fatale non appena avevo compiuto diciotto anni e il tutto era stato preceduto da quattro anni da addestramento. Nessuno sconto e non fregava a nessuno se ero figlia dei capi, anzi era stato tutto più complesso per me dato che tutti si aspettavano che diventassi la donna ideale come era stata mia madre ai suoi tempi d'oro.

Io ero arrivata ai suoi livelli e l'avevo anche superata. Nei miei sei anni di carriera avevo fatto esattamente 623 missioni, tutte coronate dal successo e tutte mi avevano portato soldi, potere e gloria.

Nonostante questo però, Eleanor ancora non si fidava di me.

Ero seduta al tavolino da almeno un quarto d'ora, quando vidi l'ennesimo ragazzo avvicinarsi.
Cercai di liquidarlo subito, ma si presentò come Christopher.
Non l'avevo riconosciuto.

In quel poco tempo in cui eravamo rimasti seduti al bar, lui si era rivelato una persona molto piacevole.
L'avevo provocato un po' ed avevo puntato il tutto su una possibile amicizia, ma quella era una delle ultime cose che volevo da lui.
Mi bastavano i soldi che mi doveva dare e magari del sesso.

Elena mi aveva già spiegato gran parte del lavoro, ma dissi al regista di ripetere giusto per trattenerlo un po'.
Quando mi disse che avrei dovuto sedurre Gonçalo mi spuntò un sorrisino.
Ci sarebbe stato da divertirsi.

Continuò con gli altri incarichi e mi chiesi se mi avesse presa per una cretina qualunque. Mi aspettavo qualcosa di più complesso.
Mi avrebbe pagata tanto, per un compito così semplice.

Erano ormai ore che facevo ricerche su Llanos e non avevo trovato praticamente nulla. Sapevo che era messicano, conoscevo la sua data di nascita e dell'hotel.

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