Jona. Prezzemolo

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Lunedì 9 luglio

Le ero sdraiato accanto, non riuscivo a darmi una spiegazione del come mai lei fosse lì e che lo stavamo facendo.
Tutto questo non aveva alcun senso, io e lei dovevamo tenerci il più distante possibile, la casualità dei nostri incontri ci aveva coinvolti in una spirale di assurde coincidenze negative. Ma tutto ci aveva accompagnati a questo momento. Se fosse dipeso da me, quella notte sarebbe durata tre giorni.

Mi chinai leccando la pelle sensibile nel punto esatto dove alcuni minuti prima avevo lasciato che la mia ispida barba la graffiasse. Allungai una mano per accarezzale i capezzoli turgidi. La sua pelle era ricoperta da piccoli nei che andavano diramandosi dall’ombelico al seno. Era la costellazione più bella che avessi mai visto.
Sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi per i respiri accelerati.

«Farò quello che vuoi, basta solo che tu me lo chieda.»

Con un preciso movimento mi fece cenno di risalire al suo volto. La sua eccitazione mi dava le vertigini. I suoi gemiti erano sempre più affannosi, nonostante non avessimo dato inizio alle danze.
Con un solo movimento secco affondai dentro di lei lasciando che il suono del suo grido facesse eco nella mia bocca. Eravamo due lottatori su un minuscolo ring.

«Ti farò venire un sacco di volte, Kat.»

«Spero sia una promessa.»

Mi aggrappai ai suoi fianchi confermando le mie parole e spingendo così a fondo da riaprire gli occhi.

L’eccitazione mi stava tormentando nei boxer. Mi alzai di scatto dal divano sentendo il bisogno di chiudermi in bagno come un adolescente.
Forse avevo bisogno di sesso o probabilmente di sesso con Kat.

Mi sciacquai il volto e mi preparai impiegando la metà del mio tempo usuale. 
Misi su il caffè, nella mia casa tutto taceva, più del solito.
Senza nessuna classe o attenzione, presi una tazza e versai del caffè. Era amaro, non sapevo nemmeno se le piacesse o se lo bevesse e, in quel caso, come lo preferisse.

Bussai alla mia camera e mi fece strano. Non ebbi nessuna risposta, nulla avrebbe tolto che fosse scappata via di nuovo. Il mattino, si sa, cambia tutte le prospettive.

«Kat, sei presentabile?»

Nulla.

«Sto per entrare.»

Ero stato fin troppo gentile di primo mattino. Abbassai la maniglia portandomi la mano sugli occhi ma tenendo le dita ben aperte.
La mia t-shirt le lasciava le gambe scoperte, aveva i capelli arruffati e la bocca aperta. Era buffa, la cosa più naturale di questo mondo e nonostante ciò la trovavo dannatamente sexy.

Poggiai il caffè sul comodino, non avrei mai voluto svegliarla, sarei rimasto lì ad osservarla per ore e poi avevo anche paura di quale sarebbe stata la sua reazione vedendomi lì.
Probabilmente lei mi metteva più paura di Gonçalo.

Feci appositamente rumore nello spalancare la finestra, i raggi del sole diretti sul suo viso destarono la bella addormentata dal suo sonno.

«Buongiorno» alzai il tono di voce ma con lo sguardo rivolto alla vetrata.

«B-buongiorno» sentii balbettare alle mie spalle.

«Qualsiasi cosa tu stia pensando, tranquilla, volevo solo avvisarti che tra un po' vado all'hotel. Tu resta pure quanto vuoi.»

Feci per uscire ma entrambe le sue mani mi bloccarono l'avambraccio.

«Jona, ho riflettuto su quello che è successo.»

La vidi scostarsi i capelli dal viso e mi chiesi fino a che punto potesse essere sincera con me.

«Dopo quello che ti ho fatto sento che dovremmo...»

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