Veronika. Kukla

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Sapevo che sarebbe successo prima o poi. Sapevo che sarei crollata. La vita da buona massaia non faceva per me. Io ero fatta per le feste che iniziavano verso tarda serata e finivano il mattino dopo alle quattro, di solito con qualche sfigato in ospedale. Ero fatta per il sesso libero da freni e l'alcol che scorreva a fiumi nel corpo, per la mente annebbiata dal fumo e alleggerita dalle sniffate.

E Mike ne era consapevole. Aveva atteso con calma il momento opportuno, pianificato con cura ogni dettaglio e contato con pazienza i giorni, per riprendermi con sé. Ero debole e lui aveva fatto leva su questo, sapendo di avere la vittoria in pugno. Per quanto io potessi sfuggirgli, sarei tornata da lui sempre. Sulle mie gambe o chiusa in un sacco nero, sarei tornata. Non importava come, ma sarei sempre stata sua. Se non lo ero fisicamente, lo ero mentalmente. E se non lo ero con la mente, lo ero con i sentimenti. Perché sì, Mike si era impossessato lentamente del mio corpo, dei miei pensieri e del mio cuore in frantumi, senza mai restituirmeli. Era il minimo che potessi fare, diceva.

Per quanto avessi cercato di allontanarlo da me, lui era sempre lì: una presenza costante tanto quanto maledetta. Potevo quasi sentirlo, l'orologio invisibile che ticchettava fastidiosamente e faceva scivolare inesorabilmente il tempo ricordandomi che non avevo scelta. Che quella era una battaglia già persa in partenza. Che stavolta non ci sarebbe stata nessuna pietà.

Se la prima volta l'avevo scampata, non sarei stata così fortunata la seconda. Mike mi avrebbe trovata, volente o nolente, ripresa e uccisa. Per questo non faceva nulla. Attendeva e basta.

Non era più entrato in casa di Ryan e Sunny da quel giovedì sera, non mi aveva mandato nessun messaggio minatorio, non si era fatto più vedere in giro. Ed era questo che mi spaventava maggiormente. Avrei preferito mille volte sentirlo urlare come un pazzo furioso, vederlo abbattere la porta dell'abitazione e afferrarmi con forza per i capelli. Se avesse agito così, almeno avrei saputo come reagire. Cosa fare. Come difendermi.

E invece lui se ne stava là, rintanato chissà dove ad aspettare. Era come una vipera, non sai di essere la sua preda finché non ti attacca.

Avevo paura. Non quella che avverti quando guardi un film horror o quella che sentivi quando tuo fratello ti raccontava una storia spaventosa per farti calmare, no, era piuttosto un terrore sottile e gelido che s'insinuava ovunque, nel tuo corpo, nella tua mente, nei tuoi sogni.

I giorni passavano ma io continuavo a scattare a ogni movimento, a scansarmi quando Sunny, nei suoi dolci e affettuosi gesti, mi sfiorava e a svegliarmi di notte in preda agli incubi, nonostante la presenza confortevole e sicura di Ryan accanto a me.

Da quando mi aveva promossa a sua assistente mi permetteva di restare a dormire con lui a patto di restare nella mia parte di letto, di non toccare le sue cose e non infastidirlo troppo. Avevo scoperto che era un ragazzo gentile ma dai modo burberi e scontrosi, con il quale avevo più cose in comune di quante ne desse dimostrazione e... che parlava nel sonno.

Più volte l'avevo sentito mormorare un paio di nomi e qualche frase sconclusionata. Io non gli avevo mai chiesto cosa l'avesse ridotto su una sedia a rotelle e lui non aveva fatto domande sul mio passato né su cosa mi legasse a Mike. Lo accompagnavo in bagno, gli preparavo il letto, lo aiutavo a vestirsi quando le cose gli diventavano impossibili e davo una mano a Sunny nelle faccende di casa. In cambio loro mi permettevano di restare con loro. Non ero mai stata tentata di derubarli di qualcosa. Più volte avevo notato oggetti preziosi, il Rolex di Ryan, i gioielli di sua sorella, il pendente della nonna defunta, che sicuramente mi avrebbero fruttato fior di quattrini se li avessi venduti, ma il pensiero di prenderli non mi aveva sfiorato nemmeno l'anticamera del cervello. Non volevo ringraziarli in quel modo, non dopo tutto il riguardo con il quale mi avevano trattata, senza mai far domande invadenti. Non avevano provato a indagare su chi fossi davvero, non avevano chiamato la polizia. E gliene sarei stata eternamente grata.

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