Matthew. Ciak, si gira

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Domenica 8 luglio

L’hotel Parco dei Principi quasi brillava di luce propria per tutta la ricchezza disseminata in giro in occasione del party d’inaugurazione del film: ovunque camerieri impettiti e in livrea giravano qua e là indaffarati, pronti a offrire champagne di prima qualità agli ospiti, e avevo contato almeno cinque modelli diversi di Valentino indosso alle donne presenti nella stanza, la maggior parte delle quali era traghettata tra le mie braccia almeno una volta, alcune anche di più.

Giusto per ricordare alle clienti chi fossi e quanto avessero bisogno di me tra le loro lenzuola – gli affari prima di tutto – non disdegnavo di lanciare qualche discreto occhiolino in giro ogni tanto, attento a non farmi notare da nessuna se non dall’interessata, per non creare gelosie e dissapori.

Era fondamentale che sembrasse che non avessi occhi solo che per la destinataria delle mie delicate avances.

Ah, femmine. Che creature meravigliose, ma assolutamente prevedibili… con le dovute eccezioni. Inevitabilmente ogni mio pensiero corse ad Arleen, al modo in cui si era presentata al bar, quella mattina, al modo in cui mi aveva invitato a seguirla in bagno, al modo in cui aveva scattato la foto che ci vedeva avviluppati e seminudi, ma insieme.

Dopo “l’incidente” all’hotel, avevo deciso di cambiare totalmente atteggiamento, con lei: dimostrare tutto il risentimento che in realtà provavo a seguito di quell’episodio non ci avrebbe portato da nessuna parte. Se lei voleva giocare, era quello che avrebbe avuto, né più, né meno. Musi lunghi e cipigli incazzati erano ormai dimenticati da qualche parte.

Per questo, quando venerdì notte l’avevo ritrovata in hotel e quando la mattina precedente ero venuto a conoscenza delle foto scattate a Jona, avevo cercato di limitare tutte le mie reazioni e di reagire nella maniera più serena possibile.

Non mi era sfuggito il momento in cui mi aveva rimboccato la coperta, sabato mattina, e anche la foto che ci aveva scattato nel bar aveva significato per me molto più di quello che avrei mai potuto lasciare intendere: era un gesto che ci legava, che ci vedeva uniti. Se quella foto fosse finita nelle mani di qualcuno, saremmo stati compromessi entrambi, insieme: eravamo inscindibili. Qualunque cosa fossimo, quello che contava era che avevo un’alleata, una persona da avere al mio fianco sempre, nel momento del bisogno e non. Sapevo di poter contare su di lei, in qualsiasi istante, e ne avevo la prova proprio con l’elenco che aveva trafugato alla presentazione.

Ci saremmo stati l’uno per l’altra, in un modo o nell’altro. Ne ero certo e questa sensazione era decisamente confortevole.

Un po’ meno confortevole era stato sicuramente il furto dei miei pantaloni: fortuna che portavo un cambio sempre con me, a causa degli eventi imprevisti a cui sarei potuto andare incontro nel corso delle mie “trasfert”, per così dire. Ero semplicemente uscito dal bagno, in boxer, e con disinvoltura  mi ero diretto verso la mia Porsche e avevo infilato i pantaloni nel parcheggio, sotto gli occhi di tutti.

Non mi importava di quello che la gente avrebbe potuto pensare: che ammirassero pure il mio culo - sapevo di averne uno considerevolmente bello e quasi elegante, si può dire. In fondo, era come se mi stessi facendo della pubblicità, invitando le donne a chiamarmi in qualunque momento, se erano interessate a toccarlo.

La serata di presentazione del cast era stata assolutamente pigra e noiosa, avevo trascorso tutto il mio tempo a gironzolare qua e là e spiluccare alcool e cibo. Forse ero sottotono, non saprei, ma nulla riusciva a darmi una qualche particolare vitalità.

Almeno fino al momento in cui Arleen baciò Veronika e la sala si bloccò quasi in un fermo immagine: avevano gli occhi di tutti puntati addosso, chi non le stava fotografando col proprio telefono sicuramente stava registrando con gli occhi ogni singolo secondo della loro performance, così da potercisi masturbare su una volta tornato a casa.

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