Jona. Epilogo

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Non ricordavo più che ore fossero, che giorno, neanche se fosse ancora notte o se la mattina gli avesse gentilmente offerto il cambio.
Avevo dimenticato il telefono, l'orologio, di lavarmi, di lavorare e forse persino avevo dimenticato come si facesse a camminare.

Ero diventato un tartaruga che non poteva vivere senza il suo guscio, mi ero rifugiato al suo interno ed era il posto più confortevole del mondo.
T

utto era uguale a prima e tutto era diverso.
Mi trovavo in un suolo inesplorato ma così familiare.

Magari se avessi avuto più buon senso avrei lasciato che questa notte e quella precedente e l'altra ancora o magari l'intero anno restassero solamente qualcosa di perfetto congelato e messo in una bacheca del mio cuore.
E invece, svegliarsi con il suo odore addosso, poterla osservare dormire sul mio petto, odorarle i capelli, accarezzarla era la cosa migliore che potesse accadermi ogni santo giorno.

«Buongiorno.»

Ancora frastornata, con i capelli arruffati e gli occhi semi aperti alzò lo sguardo verso di me.

«Salve Sig.Heart, credo che dovremmo lavarci, lo sai?»

Le sorrisi mentre la vidi alzarsi nuda, con la pelle ancora arrossata dai miei morsi, i segni dei miei baci, l'impronta della mia stretta sulla sua natica.
La luce non era delle migliori ma lei brillava sempre, come se ne sprigionasse una tutta sua.

«Ma che ore sono? Da quanto siamo a letto?»

Si avvicinò allo specchio fisso alla parete osservando il suo fianco, toccandosi sui segni, passando lo sguardo dalla pelle al riflesso.

«Cosa mi hai fatto, sai che alle sette ho il provino per quel nuovo progetto di Goya!»

Continuavo a fissarla inebetito, rividi le immagini della notte precedente e mi lasciai trasportare in quel luogo fatto di istinti animaleschi e passione che rivivevo ogni volta che mi univo a lei.

«Ma mi ascolti?!»

«Sei bellissima!»

Si voltò mettendo le mani sui fianchi, il seno era perfetto, quella sua leggera peluria sul pube era un richiamo irresistibile.

«Ma mi hai vista?» Voltandosi nuovamente verso lo specchio. «Sono sconvolta, non ho un filo di trucco, i capelli sono un disastro e ho l'alito... bè lasciamo perdere.»

Mi alzai arrivandole da dietro, poggiai la mia leggera erezione al suo sedere e la tenni stretta, la guardai, mi guardò. Era perfetto.

«Splendida.»

Chiuse gli occhi quando mi posai su di lei mordicchiandole l'orecchio.

«Jona, sei sleale e poi non hai risposto alle mie domande.»

«Allora... vediamo...» Alzai leggermente lo sguardo verso la piccola sveglia sullo scaffale continuando a baciarle il collo. «Stando all'orologio sono esattamente 14 ore che siamo a letto e l'unica cosa che ho mangiato sei tu...» Le sussurrai stringendole il capezzolo tra le dita e un fianco con l'altra mano. Sentii un piccolo gemito da parte sua. «...e cos'altro, sono le sei e un quarto quindi considera cancellato il tuo appuntamento con Max...» Spalancò per un attimo gli occhi ma li richiuse appena la mia mano le scivolò brutalmente tra le sue gambe.

«Guardati!»

Un ordine sussurrato. Graffiavo la sua guancia con le barba incolta e le tenevo ben stretti i capelli tra le mie dita.

«Guarda Kat, cosa sei. Guarda cosa sono io quando mi avvicino al tuo corpo, sei la mia dose. Non posso farne a meno.»

Emise un suono gutturale mordendosi un lato della bocca, era insaziabile ma mai quanto me.
Guardava la mia mano muoversi con desiderio attraverso lo specchio, schiuse leggermente le gambe dandomi modo di aggiungere lentamente un altro dito e un altro ancora.
Accaldata si contorceva sulla mia mano seguendo il mio gioco. Sapevo esattamente quale fosse il suo punto debole e quando fermarmi per farla impazzire. E lei conosceva il mio.

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