Capitolo 63: Il consiglio del signor Taylor.

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Capitolo 63
Il consiglio del signor Taylor.

«Non è il caso che tu stia qui.» Cerco di persuaderlo, ma so anche io che testa calda è Matthew quando ci si mette. «Potrei stare dentro per delle ore.» Gli ripeto, provando a dissuaderlo dalla sua stupida idea di aspettarmi mentre parlo con il mio psicologo.

Quando oggi gli ho detto che sarei passata dal signor Taylor ha insistito affinché mi accompagnasse. Inizialmente avevo categoricamente negato la sua proposta, ma è difficile averla vinta con lui.

Per tutto il percorso fino a qui -per fortuna lo studio del signor Taylor è vicino al centro- mi ha ripetuto quanto fosse contento di avermi convinta e che non ne dubitava affatto; lui ottiene sempre ciò che vuole.

«Sono sempre stato viziato.» Mi ha detto tranquillamente e quasi quasi me lo immagino a chiedere questo e quell'altro ai suoi genitori.

Che birbante che deve essere stato da piccolo!

«Maya, quante volte te lo devo dire ancora?» Sospira Matthew imbronciato, ma non è veramente irritato. «Voglio stare qui ad aspettarti.»

Non so quanto gli convenga: le sedie nel corridoio d'attesa sono tremendamente scomode.

«Come preferisci.» Cedo, infine. «Ma non ti so dire quando finirò con lui.» Il signor Taylor è famoso per la sua imprevedibilità. È capace di farmi stare dentro al suo studio per l'intero pomeriggio se crede di poter estorcere qualche informazione in più o qualche miglioramento. «Se ti annoi puoi andartene e non te ne farò una colpa.»

Matthew alza i suoi bellissimi occhioni marroni verso il cielo. Vorrebbe ribattere, ma viene anticipato dall'assistente del signor Taylor che mi chiama.

«Io vado.» Mi alzo in piedi di scatto. «A dopo.»

Faccio per girarmi, ma lui mi prende per un polso, si alza in piedi e mi ritrovo a un passo dal suo viso. Si deve chinare un po' per essere alla mia stessa altezza. «Buona fortuna.» Mi lascia un piccolo bacio a stampo sulle labbra socchiuse. «A dopo.» Mi fa l'occhiolino e io non so neanche come arrivo dentro allo studio del signor Taylor.

Ripresa da questo stato di trance, mi accorgo che oggi il mio psicologo ha una camicia nera e dei pantaloni color cachi assolutamente orrendi. È seduto per terra, a gambe incrociate e non porta le scarpe.

Che tipo strano.

«Buonasera, signor Taylor.» Lo saluto e accenno un sorriso.

Forse se sarò gentile e disponibile non dovrò far aspettare troppo Matthew e torneremo relativamente presto a casa.

«Oh, sì. Ciao Maya.» I suoi occhi scuri giungono sulla mia figura, ma non si muove dalla sua posizione. «Siediti come me.» Mi invita così prendo posto sul tappeto di fronte a lui.

È un po' scomodo sedersi a gambe incrociate con i jeans, ma se c'è riuscito lui posso farcela anche io.

«Come stai?» Mi chiede, nel frattempo chiude gli occhi.

«Bene.» Scruto la sua figura più e più volte. «Te?»

«Una merda, Maya.» Dice senza esitare. Aggrotto le sopracciglia involontariamente. Di solito il signor Taylor non parla mai dei suoi problemi. «Anche io posso avere delle giornate no, vero?»

«Tutti le hanno.» Affermo sicura di me e apre i suoi occhi su di me. «Me lo hai detto te.»

«Sì.» Annuisce pensieroso. «Sì, è vero.» Probabilmente neppure se lo ricorda, ha così tanti pazienti! «E la mia oggi è proprio una giornata di merda.»

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