Capitolo 46: Preoccupazioni.

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Capitolo 46
Preoccupazioni.

Stamani non ho proprio la forza di uscire dal letto e Papà è a lavoro, così decido di non andare a scuola. La testa mi esplode, mi sento debole e le gambe sembrano essere pesantissime da non essere in grado di camminare senza avere la paura di cadere.

Albert mi è venuto a controllare prima di uscire per andare all'università e ha chiesto ad Edward di controllarmi ogni tanto, visto che lui uscirà di casa solo per l'ora di pranzo, in cui si vedrà con i suoi amici. Deve averci messo un po' a convincerlo, ma dopo una buona mezz'ora è entrato in camera mia mio fratello con una tazza di tè e dei biscotti.

«Non so se ti piacciono questi.» Ha premesso indicandomi dei normalissimi biscotti al miele, ma io l'ho ringraziato con un sorriso.

Si è seduto sul letto e mi ha fatto compagnia mentre mangiavo e bevevo la mia colazione, anche se non è stato poi di tanta compagnia, dato che è stato zitto per tutto il tempo a guardarmi e, devo dirlo, mi ha messo in soggezione.

«Come ti senti?» Mi ha chiesto quando ho finito di bere il tè e non avevo più fame di biscotti.

Mi sono sistemata meglio sul letto e ho mormorato un flebile «sto meglio, grazie». Ha persino sorriso e se n'è andato poco dopo per lasciarmi riposare.

Ed è quello che ho fatto fino ad ora, che sono le undici passate. Mi sono svegliata da poco e sono andata al bagno, approfittando per andare in camera di Edward e avvertirlo che mi sentivo già un po' meglio e che per questo non doveva rinunciare al suo pranzo con gli amici. Me la sarei cavata da sola ed è quello che farò.

È solo un po' di stanchezza, debolezza, ma non mi sento di dare un così gran pensiero a tutti. Penso che saltare scuola mi abbia fatto bene, non ho alcuna intenzione di rivedere Bea per un po', nonostante lei non sappia di avermi messo al corrente della sua notte con Matthew.

Ho mandato un messaggio a Lauren per avvertirla che non venivo a scuola perché non mi sentivo bene e lei mi ha chiesto se avessi bisogno di qualcosa. È stato un gesto carino. Sono molto contenta di come la nostra amicizia stia crescendo, anche se siamo l'opposto sia caratterialmente che fisicamente.

È alta più o meno come me e ha i capelli neri come i miei, ma lei li colora spesso e dei colori più stravaganti, per giunta. Ma lei è più formosa di me, nonostante la taglia del reggiseno non superi la seconda -da quel che mi ha detto. Poi, lei è molto più socievole e aperta con le relazioni umani, non si fa problemi a parlare con qualcuno o a scherzare con uno sconosciuto, mentre io sono molto più riservata e gentile di lei.

Ho ignorato i messaggi di Matthew e verso le dieci ha smesso di mandarmene. Mi sdraio sul letto e accendo il computer per guardare qualcosa, ma vengo disturbata da un lieve rumore proveniente dalla finestra.

Alzo lo sguardo e scopro che qualcuno sta picchiettando le dita sul vetro della finestra. Qualcuno è nel mio balcone.

Con un sospiro mi alzo dal letto e mi avvicino alla finestra chiusa, sposto la tenda e, come mi immaginavo, mi ritrovo Matthew oltre il vetro. Ha i capelli un po' bagnati e, in effetti, fuori sta piovendo. Indossa una grossa giacca che sembra essere di due taglie più grandi, mentre dei dolci boccoli si sono formati alla base della nuca e sbucano fuori ai lati del collo.

«Mi apri?» Chiede lui dall'altra parte con la voce roca e più bassa del solito.

Mi mordicchio il labbro inferiore e ci penso su: non lo voglio far bagnare e stare lì fuori al freddo, ma non mi sento bene e vederlo non mi aiuterebbe a rimettermi.

Gli guardo le labbra, quelle stesse labbra che hanno baciato Bea alla festa di Natale. Questo basta per farmi tornare in me.

«Non sto bene, Matthew. Vai a casa, ci si sente poi.» Gli dico senza neanche aprire la finestra.

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