Capitolo 70: Litigi.

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Capitolo 70
Litigi.

Da quando ieri Matthew ha scoperto di quelle pillole e mio padre gli ha confermato di esserne al corrente mi sembra sempre più distante.

Stamani non mi è venuto a prendere per andare a scuola insieme e ho scoperto solo una volta arrivata lì che Matthew non si era presentato. Me lo ha detto Robert, che per giunta mi ha chiesto se sapessi il motivo di questa sua assenza.

Sono cadute dalle nuvole e non ho aspettato neanche la fine della lezione per andare in bagno a chiamarlo. Non mi ha risposto, ma dopo una buona mezz'ora mi ha mandato un messaggio rassicurandomi e dicendomi che ci saremmo visti nel pomeriggio.

Per questo sono un po' preoccupata di quello che mi aspetta. Sto camminando per tornare a casa e nella mia mente frullano milioni e milioni di opzioni diverse, milioni di storie e finali diversi. Finirò per mandarmi in pappa il cervello se continuo ad usarlo in questo modo, ma è più forte di me; devo almeno provare a controllare ogni cosa, a progettare e ad organizzare ogni cosa. Non posso arrivare lì davanti a lui senza prima un piano, un'idea di cosa può succedere. Altrimenti mi lascio impappinare dalle sue parole e dai suoi sguardi.

Raggiungo rapidamente casa mia e tiro un sospiro di sollievo quando la trovo vuota. Se non sbaglio, Papà è a una conferenza e tornerà solo in serata, mentre i miei fratelli sono sempre fuori quindi non me ne preoccupo neanche. Persino zia Judith si fa vedere sempre meno, ma credo si stia concentrando sul lavoro e sul suo negozio.

Mando un messaggio a Matthew dicendogli che sono a casa da sola e che lo sto aspettando. Premo «invia» prima che possa ripensarci e getto il cellulare sul divano. Intanto, vado a prepararmi qualcosa da bere.

Dopo mezz'ora mi alzo dalla mia postazione in cucina e vado in salotto con ancora il mio bicchiere di aranciata in mano. Controllo se ho ricevuto risposte da parte di Matthew, ma non ho nessuna notifica. Sospiro pesantemente e mi lascio andare sul divano, stremata.

«Stupido, stupido, stupido.» Borbotto fra me e me e proprio in quel momento qualcuno suona al campanello.

Scatto in piedi e in men che non si dica sono sulla soglia di casa. Con mia grande sorpresa è proprio lui, è Matt. Non mi saluta neanche ed entra. Si toglie il cappotto mentre va in salotto e lì mi aspetta. Mi ritrovo di fronte a lui e, come sospettavo, non presenta alcun sintomo di febbre o raffreddore, per cui la sua assenza a scuola non è dovuta a un problema di salute.

«Dobbiamo parlare.» Dice, interrompendo i miei pensieri.

Annuisco, essendo a corto di parole. Resto in piedi e, mentre lui si guarda intorno, forse cercando di metabolizzare ciò che deve dire -probabilmente mi vorrà piantare e sta cercando un modo carino per farlo-, mi perdo ad osservarlo.

I capelli sono tutti spettinati. I ricci sembrano indomiti e si fanno sempre più definiti sulle tempie e sulla nuca. Gli occhi sono vispi, attenti e piccoli come sempre. Il bianco della sua pelle crea un netto contrasto con il castano scuro dei suoi capelli e con il nero dei suoi abiti.

Mi sorprendo di non vedere nessuna bandana in testa. Mi piace molto quando le indossa.

«Maya, io ti amo.» Premette e tale sicurezza nella voce non fa che destabilizzarmi un pochino. Non è la prima volta che me lo dice eppure il mio modo di reagire è sempre lo stesso. «Ma devi rendermi più partecipe.» Conclude rapidamente.

Cavolo, lui sì che è una frana nei discorsi.

«T-Tutto qui?» Chiedo quasi spaventata.

È troppo bello per essere vero.
Tutto ciò che vuole è che io lo renda più partecipe alla mia vita? È semplice! Posso farlo. A patto che lui resti con me.

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