Capitolo 49: Non voglio la tua pietà.

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Capitolo 49
Non voglio la tua pietà.

Le ore passano lente quando ti annoi.
Quando ti diverti e stai bene, invece, il tempo vola. Si direbbe che il tempo passato ad annoiarsi è più lungo di quello passato a divertirsi, ma sarebbe un po' poco oggettivo.

Per esempio, mi sembrano passati tre anni da quando sono entrata nell'aula di informatica eppure sono passati al massimo quaranta minuti. L'insegnante non si accorto -o finge di non sapere- che metà dei suoi studenti si sono addormentati sul banco, mentre gli altri hanno la testa da tutt'altra parte.

Mentre, quando sono con Matthew non penso mai al tempo e a quanto va piano perché, anzi, va velocissimo. Come l'altro pomeriggio, quando è venuto a casa mia e abbiamo chiacchierato e guardato la televisione. Poi, gli è venuta fame e quindi ha avuto la magnifica idea di mettersi a cucinare e abbiamo preparato dei biscotti buonissimi. Ammetto che ha fatto tutto lui, ma ha lasciato che prendessi il merito del suo duro lavoro.

Scarabocchio qualcosa sul banco, mentre sento i sospiri di Lauren che si è addormentata accanto a me. Non ci credo che sia riuscita a dormire, io non riuscirei mai a farlo in classe durante una lezione.

Alzo lo sguardo e noto la situazione in classe: quelli delle ultime file stanno al cellulare, mentre altri dormono. Natalie sta fissando la lavagna da più di mezz'ora, penso si sia incantata e stia pensando a tutt'altra cosa. Chissà a cosa pensa. Se fossimo in buoni rapporti glielo chiederei e magari alzerei gli occhi al cielo quando mi direbbe che stava pensando a Steven, perché è chiaro che stia pensando a lui. Quella che credevo essere solo una piccola e stupida cotta adolescenziale si è rivelata il motivo per cui non parliamo più. Rabbrividisco al solo pensiero che la nostra amicizia sia finita proprio per un motivo così futile, per un ragazzo.

Guardando più avanti mi imbatto in Bea e le sue sue amiche, che non mi ricordo mai come si chiamano, visto che frequentano pochissimo le lezioni e sono a corsi diversi dai miei. Bea sta masticando rumorosamente la sua gomma in bocca e ogni tanto si guarda le unghie, altre volte bisbiglia qualcosa alla sua compagnia di banco, altre volte ancora annuisce alle parole del professore, fingendo così di essere attenta.
I suoi capelli biondi sono raccolti in una bella coda, ma come fa a venirle così ordinata e perfetta? Scommetto che ci passa secoli in bagno la mattina. Indossa un cardigan celeste sopra alla camicia con lo stemma della scuola e alle gambe dei jeans neri. A quanto pare, non sono più così vigili sulle divise.

Volto di scatto la testa quando avverto un rumore dal lato destro dell'aula: un libro era caduto a terra facendo un fracasso terribile e svegliando così metà dei miei compagni. A fare quel movimento, però, mi vengono delle piccole vertigini e la testa mi gira. Chiudo gli occhi, provando a riprendere il controllo di me stessa, e dopo poco ritorno alla normalità. È stato solo un piccolo giramento di testa, ma mi ha reso ancora più debole di quello che già sono.

Un sospiro tremolante lascia le mie labbra e le mie mani si uniscono a pugno sul piano del banco. Provo a risultare disinvolta e chiedo all'insegnante di poter uscire perché non mi sento tanto bene. Lui naturalmente mi dà il consenso e mi chiede se voglio che qualcuno mi accompagni. A cose normali avrei accettato, ma le uniche persone sveglie in classe non mi sarebbero per niente di aiuto, così lascio perdere.

Mi avvio fuori dalla porta e raggiungo rapidamente il bagno delle ragazze. Mi appoggio al lavandino e guardo il mio riflesso allo specchio sopra di esso. Sono un mostro: i capelli sono spettinati e alcune ciocche sono uscite dalle coda che ho fatto, sotto i miei occhi marroni si notano due profonde occhiaie e sono terribilmente bianca, sembro essere un cadavere. E, inoltre, la felpa della scuola che indosso è molto più larga della mia misura, quindi mi fa sembrare piccola e mi nasconde.

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