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PRESLEY'S POV

Mi infilai il pigiama , asciugai i capelli e lavai i denti per poi andare a coricarmi, sfinita sia emotivamente che fisicamente. Abbassai la maniglia della porta del bagno con noncuranza finché mi presi un colpo trovandomi lui davanti. Santiago lo aveva già portato a casa? Perché non mi aveva avvisato?
Non parlò e la cosa mi fece male, ma ormai mi ero rassegnata all'idea che avrei dovuto conviverci pur sapendo che non ricordava nulla di me mentre io d'altro canto, soffrivo come un cane.
Poi, però, mi bastava solo che stesse bene e che si riprendesse, per il resto, lo avrei infastidito il meno possibile mettendomi pure in disparte se fosse stato necessario . La sua salute fisica, ora come ora, era la priorità.  Mi feci piccola e gli scivolai a lato, non sfiorandolo, per varcare la porta e svoltare a sinistra verso la mia camera da letto finché il cuore mi balzò in gola quando mi chiamò.

«Peps.»

Non c'era cosa più bella al mondo che sentire la sua bocca pronunciare il mio nome.

«Peps...vero? Ti chiami così?»

Ed ecco che quella magia si frantumò all'istante, scaraventandomi di nuovo nella realtà. Mi voltai lentamente ed annuii, convinta che mi avrebbe detto di raccogliere le mie cose e di trovarmi un altra sistemazione. Mordicchiai a sangue perfino il mio labbro inferiore nell'attesa che proferisse parola.

«Puoi aiutarmi a svestirmi?» Esclamò aspettando che lo seguissi in bagno dove si sedette sul bordo della vasca. «Devo assolutamente farmi un bagno.»

Annuii raggiungendolo anche se per via della tensione che si creò nell'aria, le mie mani incominciarono a tremare quando gli abbassai la cerniera della felpa.
Se ne accorse.

«Tremi.» Sussurrò sollevando il capo, mentre il suo alito accarezzò la pelle del mio viso. «Scusami se ti ho in qualche modo offesa o trattata male in ospedale.» Aggiunse dal nulla quando gli sfilai un braccio con delicatezza per poi fare lo stesso con l'altro mentre sentii andare a fuoco la carne delle mie labbra dove probabilmente aveva appena appoggiato i suoi occhi sfacciati.

«Non fa niente.» Replicai ignorando le sue occhiate, aiutandolo a sfilare via la t-shirt bianca ed allungandomi alle sue spalle per aprire l'acqua e riempire la vasca. Lo aiutai ad alzarsi e fu la cosa più simile ad un abbraccio, perciò me lo godei appieno, rendendomi conto di quanto quel contatto così semplice mi fosse mancato più dell'ossigeno. Appunto, solo a me, dato che lui non provò lo stesso. Si abbassò la tuta restando in intimo e mostrandomi il suo corpo malconcio e pieno di graffi e lividi.

«Che c'è tra te e Ethan?» Chiese quando mi voltai perché si stesse sbarazzando dei boxer, anche se ciò che feci non avesse il minimo senso. Che razza di domanda era mai quella?

Lo udii entrare in acqua. «Siamo solo amici.»

«Lui stravede per te.» Parve più una provocazione la sua. Mi voltai a guardarlo, stavolta per cercare di tradurre la sua espressione.

«Siamo solo amici.» Ribadii a bassa voce, sistemandogli accanto tutto il necessario e sentendomi fissata di continuo.

«Quanti anni hai? Sei molto giovane, vero?»

Deglutii regolandogli l'acqua che mi parve tiepida e per niente calda. Probabilmente il miscelatore era guasto. «Quasi diciotto.»

«Sei minorenne?» Esclamò come se il fatto che lo fossi, fosse un'assurdità.  Mi venne perfino da ridere, ma non lo feci. «E c'è mai stato qualcosa tra voi?»

«Un bacio. All'inizio, quando sono giunta qui.» In realtà erano tre, ma preferii sorvolare dato che fossero privi di significato.

Sentii il calore dei suoi occhi mandarmi in incandescenza la pelle della mandibola e del collo, fino a perforarmela mentre lo pregai mentalmente affinché la smettesse. «È stato lui il tuo primo bacio?»

Agrodolce- H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora