Cap.34

875 31 0
                                    

Sono di nuovo da sola. Questa volta però qualcosa dentro di me si è rotto... ha fatto crack. Da quella notte a villa Culligan qualcosa era cambiato nel mio modo di vedere Malfoy. Fino all'ultimo ho sperato che, una volta ammesso ad alta voce, una volta che gliel'avessi detto, le cose sarebbero cambiate tra noi, dovevo solo avere il coraggio di fare il primo passo. E invece...

Sono una stupida, pensare di cambiare Draco Malfoy? Pensare anche solo per un istante che lui potesse provare qualcosa all'infuori del mero sesso verso di me o verso qualcuna in generale?

Era impossibile ed io lo sapevo bene, ecco perché non mi ero mai espressa in merito. Sarebbe stata una confessione inutile, come del resto ha dimostrato di essere.

Se da una parte sono sollevata di essermi tolta quel peso dallo stomaco, dall'altra ho il terrore per come Draco potrebbe sfruttare l'informazione che io stessa gli ho confessato servita su un piatto d'argento.

So bene quanto gli piaccia vantarsi delle sue vittorie, i suoi premi di caccia.

Torno a letto sconsolata, sbuffando nervosa consapevole del fatto che non sempre togliere il dente debella anche il dolore.

Mi rinfilo a letto. Vorrei solo essere inghiottita dall'abbraccio del materasso, sprofondare senza riemergere.

Alterno ore di sonno, brevi pisolini, a ore di tormento interiore senza sosta. Il ciclo del pensiero è sempre lo stesso: sogno, Draco, Cedric, festa ... solo che ora mi sento costretta ad aggiungere un nuovo elemento che predomina su tutti gli altri: la mia confessione.

Nonostante io sia sollevata, contenta, di aver confidato quel dettaglio al diretto interessato non posso evitare il pensiero di essermi esposta troppo pur prevedendo la sua reazione.

Ero stata onesta, sincera, senza bisogno del veritaserum e cosa avevo ottenuto?

La stessa identica schiettezza nel rifiutarmi.

"È solo un gioco"

Le sue parole, ronzano prepotenti nella mente... stanno li ha ricordami quanto io abbia sperato fino all'ultimo in qualcosa che non avrebbe mai avuto modo di esistere. In qualcosa dove lui era già stato chiaro in merito all'impossibilità.

Un gioco, è questo che sono per lui... è questo che sono tutte per lui.

Mi contorco cercando conforto nel mio stesso abbraccio. Ogni tanto qualche lacrima minaccia aggressivamente di uscire: a volte riesco a trattenerle, altre crollo schiacciata dal peso dei miei stessi turbamenti emotivi.

Continuo a cambiare posizione infastidita dalla sensazione di immobilità prolungata. Il mio corpo, dopo aver accumulato abbastanza sonno per una settimana, ha bisogno di muoversi ma la mia mente è esausta, sfiancata.

Assecondo il desiderio di movimento sforzandomi di raggiungere il bagno ogni volta che le contrazioni muscolari si fanno sentire.

Guardo l'ora disturbata dal crescente rumore di passi nel corridoio: le 19.03.

È quasi ora di cena.

Gli studenti tornano nelle proprie camere a prepararsi per la cena.

Tutte quelle voci mi riportano alla mente la figura di Mirea. Penso sia strano non sia ancora arrivata a cercare di tirarmi fuori dalla mia tana super confortante per la cena. Ho appena il tempo di delineare meglio quel pensiero definendone meglio i contorni quando sento bussare alla porta.

Parli del diavolo e ...

"Iris apri sono io" grida Mirea sovrastando il resto del vociare.

"Arrivo" le rispondo divertita vista la situazione.

ReptiliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora