Capitolo 5-Jess

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Questa notte è passata più veloce del solito. Nonostante non riuscissi a prendere sonno è già l'alba. Ho trascorso tutta la notte girandomi e rigirandomi sul letto. Eppure i minuti passavano così fastidiosamente in fretta, come se il tempo non volesse altro che farmi trovare faccia a faccia con il giorno di oggi. Devo alzarmi, sono le sette. Alle nove devo essere al New York Marble Cemetery. Mia madre è da mesi che con messaggi su WhatsApp mi ricorda che oggi ci sarà una messa in onore di mio padre e che devo essere impeccabilmente puntuale. Apro l'armadio e perdo venti minuti solamente per scegliere che cosa indossare, non so quale abito mi farebbe sentire più appropriata ai suoi occhi. È sempre stato così, fin da quando ho memoria ho paura del suo giudizio, di non essere mai abbastanza o semplicemente inappropriata. Al contrario, mio fratello è sempre stato l'orgoglio della famiglia, quello che le ha sempre dato più soddisfazioni, il fedele seguace di mio padre. È diventato poliziotto esattamente come lui, dunque ha seguito fedelmente le sue orme. Almeno per mia madre è sempre stato così. Io non ho mai saputo cosa non andasse bene per mia madre, cosa c'era che non andasse in me. Non me l'ha mai detto, sono stata sempre ossessionata dal perché non fossi la figlia che ha sempre desiderato ma non ho mai avuto una risposta, piuttosto solo critiche. A differenza sua mio padre mi ha sempre adulata, ha sempre appoggiato ogni mia scelta, facendomi sentire capace, brillante, mai fuori posto. Lui ha sempre coperto le uscite di nascosto con le amiche, il tornare tardi infrangendo il coprifuoco, i brutti voti a scuola. Aveva sempre una giustificazione pronta per me, non era mai impreparato. Era un punto fermo, un punto di riferimento del quale non potevo fare a meno tanto che alcune sere preferivo trascorrerle con lui piuttosto che con i miei amici. Avevamo la passione per i film, per ogni genere, e trascorrevamo le serate a commentarli piuttosto che a vederli. E ci perdevamo così, guardando l'orologio e trovandoci a notte fonda continuando a parlare. A volte era mia madre quella che ci interrompeva. "Voi due non avete considerazione per chi vive in questa casa!", si lamentava sempre del rumore che facevamo. E, forse, non aveva tutti i torti. Tra mille risate lasciavamo il tavolino del salone pieno di cibo e in disordine. Ma per noi era tutto normale. Lui era più di un padre per me, era il mio primo uomo, il mio migliore amico, il mio rifugio sicuro da ogni male. Da quando lui non c'è più è come se una parte di me fosse andata via di colpo lasciandomi senza respiro. E se ci penso ancora oggi provo la stessa sensazione di vuoto, di mancanza, che mi divora. Era il 21 Marzo 2019, mancavano pochi minuti alla mezzanotte ed il mio compleanno era quasi finito. Ero appena tornata a casa con della torta in mano, l'avevano preparata Emma Mia e Ben per me quella sera. Volevo farla assaggiare a papà, era alla crema bianca con le fragole, la nostra preferita. Ma non appena imboccai la strada che portava la nostro viale vidi un'ambulanza ferma proprio di fronte casa mia. Fu lì che mi manco il respiro. Ricordo di essere scesa dall'auto senza curarmi di nulla e di essermi precipitata dentro casa. In quel momento mio padre stava uscendo di lì su una barella portato via dai paramedici. Mio fratello era ancora in divisa, aveva finito il suo turno ed era arrivato a casa qualche minuto prima di me. Mia madre continuava a piangere scuotendo la testa accasciata sui gradini di casa. Ricordo di non essere riuscita a trattenere le urla mentre correvo dietro i paramedici che portavano sulla barella il mio papà. Ricordo che non appena siamo arrivati in ospedale mi hanno guardata e uno di loro mi ha detto che non c'era più nulla da fare, mi sono accasciata a terra e per qualche minuto il vuoto, non riuscivo a capire nemmeno dove mi trovassi. Da allora, tutto è cambiato, il mio modo di vivere e di vedere la vita. Da allora ho accettato qualsiasi cosa mi capitasse, senza lamentarmi, senza chiedere di più. Forse ho sbagliato a trattare la vita così, forse è da un anno che la mia non è vera vita. Ma va bene così. E forse per questo mi è sempre andato bene Dan, forse per questo mi è sempre andato bene tutto. Da un anno a questa parte ogni cosa è cambiata, ma mi tengo stretto il mio lavoro, forse perché è grazie a mio padre che ho tutto quello che ho, grazie al suo appoggio ed amore incondizionato. Non solo economicamente, ma mi ha sempre supportata psicologicamente. Mi ha sempre detto che un giorno sarei diventata una strizzacervelli ma in realtà è sempre stato lui il mio. "È stato un infarto fulminante, non abbiamo potuto fare altro", questo è quello che ci disse il dottore. Mio padre ci aveva nascosto che negli ultimi mesi prima di morire aveva fatto dei controlli e il cuore non andava più bene. Ma si stava curando e stava andando tutto bene. L'unica cosa che non riuscirò mai a capire è come sia successo e perché. Ci sarà stato qualcosa che ha provocato l'infarto. Mio fratello, Garret, mi disse che stavano parlando della loro giornata a lavoro quando di colpo si accasciò a terra. Ma ho sempre pensato che ci fosse di più, quella sera è successo qualcosa che ha provocato il suo malore. Non so ma nella faccia di Garret, e forse un po' anche in quella di mia madre, ho sempre visto un velo di oscurità, come se qualcuno di loro volesse nascondermi qualcosa. Ma non ho mai voluto chiedere di più, forse perché niente di tutto questo è vero o forse perché ho paura che lo sia. L'unica cosa che non riesco a perdonarmi è di non esserci stata per lui. Il mio ventinovesimo compleanno, il primo compleanno della mia vita, festeggiato senza mio padre, senza la mia famiglia. Ed è stato lui, mio padre, a dirmi quel giorno di uscire a festeggiare con i miei amici piuttosto di restare a casa a fare sempre la solita routine. Ma a me quella solita routine piaceva, il mio compleanno è sempre stato in famiglia, era solo in quel modo che sentivo di festeggiarlo. Ma per una volta gli ho voluto dare ascolto, ho voluto fare come voleva lui, come se in fondo stessi esaudendo il suo ultimo desiderio e nemmeno lo sapevo. Ma da allora il senso di colpa mi divora, se fossi rimasta lì avrei potuto fare qualcosa, ne sono sicura. Chissà, forse avrei evitato tutto.

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