Capitolo 45-Jess

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Dan mi guarda a lungo, vorrei evitare il suo sguardo perché so che non ci metterà molto a capire che ho qualcosa che non va. E' sempre stato così, una sola occhiata gli è sufficiente ad ispezionarmi. Non ho mai capito se è perché mi conosce davvero bene o semplicemente perché tutto questo, in fondo, fa parte del suo lavoro, così come del mio. "L'hai rivisto vero?". Ecco, lo sapevo. Avrei voluto che non facesse quella domanda, l'ho sperato fino all'ultimo ma sapevo fosse inevitabile. Si legge così chiaro sulla mia faccia che sto così per via di Chris?
"Quegli occhi... Sono così ogni volta che lo rivedi. Jess non sono qui per giudicarti ma... Non credi che quel tipo ti abbia già fatto del male?".
"Dan...".
"Lo so, non ho il diritto di dirti tutto questo ma... Ti voglio bene e non posso vederti così".
"Credo che nella mia vita molte cose mi abbiano fatto del male".
"Scusa... Okay, non voglio interferire con la tua vita privata Jess ma ti chiedo solo di concentrarti sul nuovo progetto che inizieremo insieme tra qualche giorno all'università, sul tuo lavoro e sui tuoi pazienti!".
"Chris adesso lo è".
"Cosa?".
"Un mio paziente, ufficialmente".
"Di che parli?", Dan toglie quegli occhiali dal viso che gli hanno sempre dato un'aria fin troppo professionale e noiosa, "Non dirmi che... Andiamo Jess, è proprio quello che non avresti dovuto fare! Metterti sulle spalle il peso dei suoi problemi quando ancora devi risolvere quelli tuoi".
"Quando arriva Williams?".
"Non deviare il discorso...".
"Tu non sei mio padre e hai smesso di essere il mio ragazzo da un po' quindi smettila di intrometterti nella mia vita!". Mi rendo conto subito di quanto sono stata dura, me ne pento mentre un senso di colpa mi assale.
Dan mi guarda con gli occhi sbarrati, è evidente che non se l'aspettava, ed io non riesco nemmeno a scusarmi perché tutto quello che ho detto è esattamente quello che penso.
"Scusate il ritardo! Avevo degli appuntamenti con i familiari di alcuni dei miei pazienti...". Entra nel suo studio interrompendoci. Vorrei ringraziarlo per questo, così che Dan non possa più torturami con i suoi monologhi non richiesti.
Mi guardo attorno e non posso smettere di pensare a Chris, alle volte che è venuto qui a parlare con Williams, in quale delle due sedie si sarà seduto, in quella mia o in quella di Dan? Mi giro verso di lui e l'unica cosa che riesco a vedere è Chris. Quella fitta che mi divora lo stomaco mi investe ancora una volta, è da quando l'ho rivisto alla festa dei Mendoza che il mio corpo non mi dà più tregua. E' questo il potere di un uomo? Il potere della passione, del desiderio, adesso oscuro, che mi attrae sempre più verso di lui cogliendomi impreparata e indifesa. Perché è proprio così che mi sento quando sono con lui, inerme ed incapace di fare qualcosa per difendermi, per proteggermi da tutto questo amore che incombe su di me con tutta la sua violenza. E' come uno schiaffo che mi fa trasalire e che mi ricorda che non posso fare niente per sfuggirgli. E' forse un amore malato? Come fa un sentimento a fare male e bene allo stesso tempo? Sfioro la sedia sulla quale sono seduta immaginando che lui si sia seduto proprio qui. Chiudo gli occhi e riesco a sentirlo vicino, la stessa sensazione dell'ultima volta che l'ho sentito dentro di me. E' troppo, anche solo pensarci è troppo. Le sensazioni che provo sono... Troppo.
"Stai bene?". Mi rendo conto solamente adesso che sia Dan che Williams mi stanno fissando.
"Sì... Possiamo cominciare?". Provo a far finta di niente ma so che con Dan non funzionerà.
"Prima di iniziare... Quello che vorrei capire è se oggi ti senti pronta ad affrontare questo processo".
"La prego, non ci perdiamo in chiacchiere e cominciamo con questa benedetta ipnosi".
"Jess...", Dan mi guarda con aria di rimprovero.
"No", Williams lo interrompe smorzando un sorriso, "E' tutto okay, oggi la vedo sicura e determinata così che... Possiamo iniziare ma, prima di farlo, devi farmi un favore Jessye".
"Cosa?".
"Devi chiamarmi John, in fondo siamo colleghi no?".
"Okay, John".
Williams si alza e mi fa cenno di seguirlo sulla poltrona con i poggia piedi collocata proprio vicino la finestra. Mentre mi sdraio, chiude le tende e la luce viene sostituita dalla penombra. Avvicina la sedia dove poc'anzi ero seduta per sedersi lui e inizia a scrivere qualcosa su quel solito quaderno di appunti che tiene sempre con sé, un po' come la mia agenda di appunti.
Per un attimo mi chiedo se stia accadendo davvero. Anni di studio e di domande sull'ipnosi regressiva, tanti di quei dubbi, per ritrovarmi adesso a vivere in prima persona una vera e propria seduta.
Williams mi guarda rassicurandomi con un sorriso come se i miei pensieri avessero parlato ad alta voce tra queste quattro mura. "Quello che devi sapere è che io sono qui e non ti lascerò da sola nemmeno per un attimo. Cammineremo insieme in questo percorso ma quello che devi fare, l'unica cosa sulla quale devi concentrarti, è la fiducia. Fidati di me Jessye, io sono qui e non vado da nessuna parte, qualsiasi cosa accada io sono qui. Devi solo sentire la mia voce, concentrati su quella".
Williams cerca approvazione nel mio sguardo ma l'unica cosa che riesco a fare è annuire. Inizio a tremare, provo a controllarmi e credo di riuscirci, pian piano. Devo farlo perché so che, in qualche modo, quello che è successo a me ha a che fare con quello che è successo a Chris. Ed è proprio adesso che continuo a pensare di doverglielo dire, di dover dire a Chris dei miei incubi, di Alison Campbell, di tutto. Non so ancora come ma sono certa che è tutto collegato. Troppe coincidenze, fin troppe cose che non tornano. Devo fare tutto questo per capirci di più, per me... Per Chris.
"Allora... Da quello che mi hai detto, fai dei sogni, o incubi, ricorrenti dove vedi una ragazza ferita e con le mani legate che ti chiede aiuto. Nell'ultimo sogno ti ha dato un ciondolo...".
"Un cuore d'argento".
"L'hai sognata ancora?".
"No, l'ho vista su un articolo di giornale".
Williams si gira a guardare Dan che ha la sua stessa espressione interrogativa. "Che vuoi dire quando dici di averla visto su un articolo di giornale?".
"Quella ragazza è una delle ragazze scomparse vent'anni fa, ai tempi dello scandalo dei Lewis".
Non appena faccio quel nome Dan fa quasi uno scatto sulla sedia ma, alla fine, sta in silenzio.
"Negli ultimi tempi ho fatto delle ricerche e l'ho vista... L'ho vista in uno di quegli articoli che parlavano della scomparsa di quelle ragazze che non furono mai ritrovate e che furono avvistate al Golden per l'ultima volta, il nuovo Bleecker. Il suo nome è Alison Campbell".
Williams mi guarda a lungo annuendo, quasi sorpreso dalla mia precisione. Si ferma e sembra riflettere su qualcosa. Credo che anche per lui quel nome non sia per niente nuovo. Vorrei essere nella sua mente e capire se anche lui sta pensando a Chris o a sua madre. "Conosco perfettamente lo scandalo dei Lewis così come la scomparsa di quelle ragazze ma... Jessye, tu credi che i due fatti siano collegati?".
"Beh, per quel che ho letto la polizia sospettava di Russel Lewis, quell'uomo era coinvolto in traffico di droga e non sarebbe stato poi così difficile accusarlo anche di traffico di donne".
"Ma non fu mai dimostrato... La domanda è... Perché tu sogni una delle ragazze scomparse? Che cosa ti lega a lei?". Adesso sembra che anche Williams si stia tormentando per tutta questa storia.
"Ho cercato di capirlo in tutti i modi negli ultimi giorni ma... Non trovo nessun collegamento e questo mi fa impazzire".
"E' per questo che tu sei qui ed io sono con te. Quello che faremo adesso è entrare nel tuo subconscio e, se possibile, in uno di quei sogni o... Incubi". Conosco molto bene l'ipnosi regressiva, all'università volevo usarla come argomento della mia tesi di laurea. So come funziona e sono a conoscenza delle conseguenze. Ma, in questo momento, non so se quello che più mi terrorizza siano le conseguenze o scoprire qualcosa che potrebbe far luce sulla verità. "Quello che ti chiedo di fare è di chiudere gli occhi e seguire attentamente le mie parole".
Mentre Williams parla cerco di ripetere nella mia testa che devo fidarmi di lui, che devo resistere, che devo farcela. E, in un attimo, è tutto così confuso. Da un lato, sento la sua voce continuare a parlarmi, dall'altro le mie paure avventarmi. "Stai bene?".
"Sì...". Improvvisamente, sento più freddo del solito. Tremo ma spero che né Dan né Williams lo notino. E' il momento, chiudo gli occhi e provo a rilassarmi sdraiata su questa poltrona che, in fondo, non è per niente male.
"Okay. Adesso conterò dal numero cinque al numero uno. Non appena arriverò al numero uno tu ti risveglierai nello stesso luogo che sogni fin da quando eri bambina, il luogo oggetto dei tuoi incubi. Tieni sempre a mente la mia voce, ti accompagnerà in questo percorso e sarà la luce di cui avrai bisogno per fronteggiare tutto questo. Quando conterò di nuovo e ti dirò di svegliarti tu dovrai farlo, immediatamente".
Man mano che Williams pronuncia quelle parole mi sento già spaesata, quasi in una dimensione parallela a questa, surreale. Sarà solo la mia impressione o il terrore che sta prendendo il sopravvento su di me.
"Attorno a te non c'è nulla, solo un sentiero. Continua a camminare e prova ad avvicinarti all'esatto punto dove hai sempre incontrato la ragazza di cui mi hai parlato nel nostro ultimo incontro. Adesso conterò e, quando arriverò al numero uno, tu ci sarai arrivata. Cinque...".
Faccio come dice: mi concentro e mi ritrovo a camminare lungo un sentiero.
"Quattro...".
Nulla, non c'è nulla attorno a me, solo il sentiero buio.
"Tre...".
La cerco, provo a guardarmi attorno per trovare Alison. Continuo a camminare, sempre più in fretta.
"Due...".
Provo a chiamarla, in realtà sento la mia voce gridare dentro me stessa, come se non riuscissi a tirarla fuori.
"Uno. Ci siamo, dimmi dove sei adesso Jessye".
"Non... Non vedo niente, è tutto buio". Ogni parola che adesso pronuncio è come un macigno da tirar fuori, pesante e complessa. Non vedo più il sentiero, adesso solo l'oscurità.
"Concentrati e prova a cercare una qualsiasi fonte di luce vicina a te, un interruttore, qualsiasi cosa che possa illuminare il luogo dove ti trovi". La voce di Williams sembra così sottile adesso... Lontana.
"No... Non riesco a vedere niente... Qui non c'è niente".
"Guarda alla tua destra e alla tua sinistra, deve esserci qualcosa, sforzati di cercarlo".
"Non posso... Il buio... E' tutto così... Nero".
"Jessye, ascolta le mie parole. C'è qualcosa che può aiutarti a farti luce, devi solo cercarlo".
"Ci sto provando... Io... Non posso...".
"Prova, provaci ancora. Muovi le braccia, aggrappati a qualcosa. Deve essere lì...".
Mi sento immobile ma, poi, provo a concentrarmi sulle parole di Williams e ritrovo la sensibilità del mio corpo. "Adesso, adesso sento qualcosa".
"Cosa?".
"C'è una... Credo sia una ringhiera...".
"Jess, sei su delle scale?".
"Qualcosa... Mi sta sbattendo sulla faccia".
"Mantieni il controllo, prova a capire di che cosa si tratta".
"E' una corda... Una piccola corda, credo che sia una di quelle che serve ad accendere la luce nelle cantine. La sto tirando... Vedo... Posso vedere... Adesso c'è... C'è la luce".
"Che cosa vedi?".
"E' una rampa di scale, sembra andare giù, ma c'è troppo buio lì in fondo... Non riesco a vedere fin dove arriva... Sembra... uno scantinato". Fatico a parlare, mi sento il petto oppresso.
"Prova a scendere qualche scalino...".
"No... Mi sento di nuovo immobilizzata...".
"E' la paura. Stammi a sentire: adesso, per la prima volta, sei tu a controllare il tuo incubo, non il contrario. Niente potrà farti del male questa volta. Fidati di me. Adesso, prova a scendere qualche gradino".
Mi concentro sulle parole di Williams e riesco a muovere nuovamente le mie gambe. Resto sorpresa da quello che sta succedendo. È proprio vero, adesso sono io ad avere il controllo su tutto. Scendo i primi due scalini ma un rumore lontano mi ferma. Mi giro e noto una vecchia porta di legno chiusa alle mie spalle. E' come se ci fosse della musica al di là di quella porta.
"La musica...".
"Stai sentendo della musica?".
Quando mi giro di nuovo, di colpo, l'ambiente attorno a me si illumina e riesco a vedere tutto. "Scaffali... Scaffali con delle... Conserve. E' uno scantinato... Ci sono diverse provviste... Birra, alcool di ogni genere, cibo. C'è tutto quello che serve a mandare avanti un qualsiasi ristorante... Locale... Aspetta...".
"Cosa?".
"Lì, in fondo... C'è uno scaffale spostato, è più avanti rispetto agli altri". Mentre mi avvicino il suono lontano di quella musica è sostituito dai battiti accelerati del mio cuore. "C'è una porta...".
"Dov'è questa porta Jessye?".
"Dietro quello scaffale...".
"C'è una porta dietro lo scaffale spostato?".
Mi fermo improvvisamente, come se fossi immobilizzata dalla visione che ho davanti.
"Che succede?".
"E' qui! Lei è qui!".
"Chi? Chi è qui?".
Provo a chiamarla, provo a gridare il suo nome ma non ci riesco. Sento la mia voce bloccata in gola. "E' ai piedi di quella porta, distesa sul pavimento, priva di sensi".
"Alison... Stai parlando di Alison?".
"Voglio andare via da qui".
"No, aspetta! Jessye, non rinunciare adesso".
Voglio scappare ma, mentre salgo le scale, la mia gonnellina bianca a fiori rosa viene afferrata da qualcuno. "Aspetta! Aiutami!".
La osservo a lungo e sì, è proprio Alison che mi sta tirando a sé. Mi focalizzo su quella collana con il cuore a ciondolo e adesso ne ho la conferma. Il sogno che ho fatto, quello dove lei mi dava quella collana, era un segno. Lei ha bisogno di me, ovunque sia, Alison ha bisogno di me. Non so quando, non so come e non so il perché ma lei mi ha chiesto davvero aiuto.
"Che cosa ti sta dicendo? Dimmi tutto Jessye, qualsiasi cosa che possa servirci a capire".
"Non lascia la mia mano, non vuole lasciarla... È ferita, all'angolo delle labbra e... Ha un livido sotto un occhio...".
Alison ha gli occhi lucidi, mi fissa senza lasciare la presa della mia mano. Attraverso i suoi occhi riesco a sentire la sua richiesta di aiuto, è come se stesse cercando di dirmi qualcosa, posso sentirlo.
"Jessye, riesci a sentirmi? Jessye!". La voce di Williams adesso è ancor più lontana.
L'unica cosa su cui riesco a concentrarmi adesso è Alison.
"Che ti è successo? Chi ti ha fatto questo?".
Ha gli occhi rossi, irradiati di sangue, come se avesse pianto per fin troppo tempo e non avesse più lacrime. Adesso il suo colorito è pallido, quasi grigio. Di colpo, è inerme ed il suo tocco adesso è freddo.
"Mi puoi sentire? Alison!", grido più forte che posso ma è come se non ci riuscissi, qualcosa mi blocca di nuovo. "Alison! Sono qui, con te! Apri gli occhi! Parlami!".
Un rumore improvviso alle mie spalle mi fa sussultare ed è proprio in quel momento che Alison apre gli occhi. Guarda dietro di me e sembra terrorizzata, come se avesse appena visto qualcosa di terribile. Quando mi volto io non vedo niente, è di nuovo tutto buio. Sono ancora sulla rampa di scale ma adesso dietro di me c'è il vuoto.
"Lui...", continua a guardare alle mie spalle indicando qualcosa e, mentre parla, trema quasi faticando ad esprimersi. "Lui è qui". Alison stringe di nuovo forte la presa, quasi a farmi male.
"Chi? Chi è qui?".
Sembra dire qualcosa ma non riesco a capirla. Scuote la testa piangendo, singhiozza e il suono del suo pianto mi tormenta. Vorrei fare qualcosa ma non posso, mi sento immobilizzata di fronte a questa scena. Di colpo, Alison lascia la mia mano e la sua immagine inizia a scomparire davanti ai miei occhi, dissolvendosi.
"No! Alison! No! Torna qui! Alison!". Grido, più forte che posso ma lei è già lontana da me. Quando mi volto la visione alle mie spalle adesso è più chiara. Sono a metà della rampa di scale, vedo oscillare la lampadina che ho acceso prima di scendere. Va da un lato all'altro quasi ipnotizzandomi. Adesso, al di là di esso, riesco a vederci chiaro: la porta dalla quale sono entrata adesso è aperta a metà. Il suono della musica rimbomba forte alle mie orecchie e, da questa prospettiva, riesco a vedere un bancone con dei ragazzi intenti a preparare cocktail a ritmo di musica mentre altri ballano spensierati. Sono all'interno di un locale, so benissimo dove mi trovo. Di colpo, un'ombra mi si piazza davanti. Quasi cado all'indietro quando, all'improvviso, qualcuno mi afferra per un braccio. Sento il bisogno di scappare, il più lontano possibile da qui. Riesco a svincolarmi ma, quando mi giro, Alison non c'è più e la porta dietro lo scaffale spostato adesso è chiusa. Di colpo, è di nuovo tutto buio e la paura inizia a prendere il sopravvento su di me. Provo ad urlare, a chiedere aiuto ma non ci riesco, come in uno di quegli incubi che mi capita spesso di fare. Quell'ombra adesso è vicina, sempre più vicina. Vorrei dire a Williams di svegliarmi, non posso sopportare ancora tutto questo, ma non ci riesco. Provo a parlare ma sento la mia voce bloccata in gola.
"Jessye!", finalmente la sento, è la sua voce, "Jessye!".
Ma non ci riesco, non riesco a tornare indietro.
"Jessye! Riesci a sentirmi! Ehi... Sono qui! Jessye!".
"Jessye!". Quella voce... È Dan... "Jessye! Torna qui!".
Sono immobilizzata mentre dei rumori si fanno sempre più vicini.
"Adesso inizierò a contare e tu... Tu dovrai tornare da me".
C'è qualcuno qui, ed è sempre più vicino... Sento i brividi sulla pelle... Ho la pelle d'oca...
"5...".
Provo a urlare, vorrei gridare a quell'ombra di starmi lontana, dirle che cosa ha fatto ad Alison, che diavolo le è successo. Chi è e perché ha fatto tutto questo...
"4...".
Riesco a muovermi, ho di nuovo il controllo del mio corpo.
"3...", la voce di Williams adesso è più chiara e vicina
"Chi sei? Che cosa le hai fatto?".
"2...".
"Che cosa hai fatto ad Alison! Dov'è lei?".
"1... Jessye, apri gli occhi!".
Torno alla vita reale recuperando ossigeno come se fossi stata sott'acqua per un tempo indefinito. Sento il cuore impazzire dentro il mio petto.
"Stai bene? Ehi! Guardami... Sono qui...", Dan mi abbraccia ma resto inerme, non riesco a muovere un dito.
"Sai che non saresti dovuto intervenire, non è vero Daniel?", Williams sbotta scuotendo la testa.
"Lo so... Mi dispiace John...".
"Al diavolo le scuse!", Williams sembra piuttosto infuriato per il fatto che Dan si sia intromesso nel suo lavoro, "Sai benissimo che cosa sarebbe potuto accadere!".
"John...".
"Daniel avresti potuto mettere in pericolo Jessye, avresti potuto complicare le cose! Tu sai che durante delle sedute simili è importante che il paziente ascolti solo...".
"La voce del dottore incaricato, lo so... Ma...".
"Ho bisogno di parlare con la mia paziente, da solo".
Un attimo di imbarazzo irrompe nella stanza. Dan e il dottor Williams si fissano a lungo, fino a quando Dan mi dà un'ultima occhiata e sta per alzarsi.
"Ero al vecchio Golden".
Alle mie parole entrambi mi fissano sorpresi.
"Come lo sai? Ne sei sicura?". Dan si risiede accanto a me.
"Il bancone...". Inizio a piangere ma la cosa assurda è che non riesco a controllarmi. Piango ininterrottamente e più piango più mi sento meglio come se stessi sfogando l'agonia che sento dentro il petto. "Dietro quel bancone c'era una scritta illuminata con il nome del locale... Il Golden".
"I fatti accaduti...", Williams sfoglia qualcosa sulla sua scrivania, "Risalgono al 2001... All'epoca avevi...".
"Nove anni...". Completo la sua frase pensando alla mia gonnellina bianca a fiori rosa . Era la mia preferita, la mettevo in ogni occasione, un pretesto in più per avere la disapprovazione di mia madre.
"Che ci faceva una bambina di nove anni nel seminterrato del vecchio Golden?!".
"Non lo so... Ero lì Dan! La sera in cui Alison Campbell scomparve ero lì!".

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