Capitolo 42-Jess

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Ci siamo spostati sul divano, non avremmo retto ancora il pavimento sotto la nostra schiena. Credo sia quasi l'alba, abbiamo passato tutta la notte qui addormentandoci dopo aver fatto l'amore per la seconda volta. Sento calore sulla mia pelle, sono le braccia di Chris che mi avvolgono. "Scusami...".
Non so perché ma decido di non aprire gli occhi e di restare ad ascoltarlo.
"Quel giorno, sentendoti parlare con Mia, ho avuto paura. Ho fatto quello che ho sempre fatto nella mia vita, scappare. Come avrei mai potuto affrontare una cosa simile? Io padre?! Proprio io che ho ucciso il mio? Da quel giorno, da quello sparo, sento solo un vuoto che cresce privandomi di ogni cosa. Sarebbe stato così surreale Jess... Quello che mi restava da fare era andare via, ti avrei fatto del male, ancora una volta e non potevo permettermelo. Ma, alla fine, ti ho fatto del male lo stesso quindi... Non saprò mai quale sia la cosa giusta da fare. Farò sempre errori nella mia vita e, per questo, non volevo coinvolgerti. Ma, poi, un giorno sono andato da Eric e mi ha detto che non c'era nessun bambino. Per un attimo, solo per una frazione di secondo, mi è dispiaciuto ma, poi, mi sono sentito sollevato e ho avuto il senso di colpa anche per questo. Gli ho chiesto di non dirti nulla, ti avrei ferita per l'ennesima volta e credo che lui abbia mantenuto la promessa".
"Ha mantenuto quella promessa perché ti vuole bene Chris. Tutti ti vogliamo bene e sì, mi hai ferita ma ognuno di noi ha la possibilità di redimersi".
"Sei sveglia", Chris si gira su un fianco e mi scosta i capelli dal viso. "Sei così bella... Mi sei mancata così tanto... Così tanto", si avvicina e mi dà un leggero bacio sulle labbra. E' dolce, c'è qualcosa di nuovo in lui. "Non c'è stato un giorno in cui non sono stato male per tutto quello che ti ho fatto". Una lacrima scende sul suo viso e mi sento il cuore bruciare. Chris è qui e sta piangendo per la seconda volta in poche ore, per me, per noi. "Per tutte quelle volte che ti ho dato le spalle ogni volta che volevi solamente... aiutarmi".
"Chris...".
"Non potevo... Non ho mai permetto a nessuno di aiutarmi".
"Non importa, non adesso".
Le mie parole sono come sollievo per lui, mi fa un mezzo sorriso e adesso riesco a vedere la pace nei suoi occhi, per la prima volta in tutto questo tempo.
"Hai fame?". Perché gli sto chiedendo se ha fame? Dovrei dirgli qualcosa per farlo stare meglio o, forse va bene così, alleggerire la cosa.
"Dopo ieri sera... Ho bisogno di recuperare le energie", ride.
Beh, vedo che, in fondo, ci sono riuscita nel mio intento. "Pancakes?".
"Davvero?", si solleva e mi guarda ad gli occhi spalancati con l'entusiasmo di un bambino.
Andiamo insieme in cucina e Chris mi aiuta a prepararli. Lo guardo a lungo, adesso sembra sereno, un uomo con una vita ordinaria, differente da quella che ha vissuto davvero. Non è più la stessa persona combattuta di prima, quando mi guarda è felice, non posso negarlo. Che strano... Posso percepirla adesso, la pace. Avrà sofferto così tanto, quegli incubi avranno divorato la sua anima, il suo passato l'avrà fatto, e vorrei fare qualcosa per proteggerlo, per prendermi cura di lui. Sì, perché ha bisogno di essere protetto, per quanto lui l'abbia negato fino ad ora. È come se vedessi delle ferite che adesso prova a nascondere ma sono lì, posso percepirlo. Ma adesso tutto è cambiato perché vuole che io l'aiuti... Io! Finalmente quello per cui ho lottato per così tanto tempo si sta realizzando senza che io mi sforzi poi così tanto.
Suonano alla porta, non ho idea di chi sia a quest'ora visto che non ho appuntamenti programmati per questa mattina. Guardo l'orologio sulla parete, mancano cinque minuti alle otto.
"Arrivo subito", corro verso la porta lasciando Chris sul bancone della cucina con le mani imbrattate di farina. Mi fa ridere, vederlo così è una novità per me.
"Oh oh... Che ci fai con una camicia da uomo addosso?". Mia continua a squadrarmi dalla testa ai piedi piena di quella curiosità maliziosa che tanto mi infastidisce in momenti come questo.
Esco fuori socchiudendo la porta alle mie spalle. "Non potevi chiamarmi?".
"Chiamarti?! Jess! Sei sparita ieri sera!".
"Che succede Mia? Perché sei qui?".
"Chi c'è lì dentro?", dice cercando di guardare oltre la fessura della porta.
Non le rispondo, ho paura che faccia una scenata da un momento all'altro e l'ultima cosa che voglio è mettere Chris in imbarazzo.
Poi, è come se improvvisamente avesse un'illuminazione. "Non dirmi che lui è lì dentro!".
"Non so di chi stai parlando...".
"Ieri mi hai detto che hai visto Chris... Oh mio Dio Jess, di nuovo?!".
"Ti ho chiesto che ci fai qui?".
Dopo alcuni secondi di esitazione, fruga nella sua borsa alla ricerca di qualcosa per poi tirare fuori una busta e me la porge, "Ti volevo dare questo".
Non appena ce l'ho tra le mani la apro velocemente ma mi fermo non appena mi rendo conto del contenuto. "E' uno scherzo?".
"No, me l'ha dato il mio capo in persona".
"Mia, non posso! Devi restituirglielo!".
"Beh, vedi di parlarne con lui allora", cambia improvvisamente la sua espressione non appena guarda alle mie spalle, "Ti lascio alle tue... cose".
Va via così, lasciandomi senza parole e lo sono davvero. In questo momento l'unica cosa di cui ho bisogno è parlare con Alex. Adesso.
Non appena mi giro vedo Chris sulla soglia della porta e adesso ho capito il perché dell'espressione di Mia. "Non prendertela con lei, ti vuole bene", mi anticipa.
"Lo so...". Adesso è anche comprensivo?!
Chris mi sorride ma, poi, guarda tra le mie mani dove tengo ancora quello che mi ha dato Mia. "Va tutto bene?".
"Devo andare via, ho una questione da risolvere".
"Stavamo per fare colazione...".
"Davvero... Devo andare".
Chris non aggiunge altro, fa un passo indietro lasciandomi passare come se volesse restare nel suo spazio e lasciare me nel mio.

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