Capitolo 31-Jess

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Ora capisco Mia, da qui passano di continuo modelli e modelle di nazionalità diverse, credo che provengano da ogni parte del mondo. Sono bellissimi, la varietà del colore della loro pelle, i lineamenti del loro viso, la cultura che traspare dai loro atteggiamenti. Tutto questo mi affascina, mi rapisce completamente mentre continuano a sfilarmi davanti. Sì, perché anche quando semplicemente camminano è come se sfilassero, adagio e armoniosamente. Comprendo l'entusiasmo di Mia, la sua voglia di lavorare, chi non l'avrebbe in un mondo come questo? Devo ammetterlo, è davvero una gran bella azienda di moda e più mi guardo attorno più mi rendo conto di quanto possa essere immenso il patrimonio dei Mendoza. Qui, nella sala principale dell'azienda, la stessa dove hanno organizzato la festicciola di ieri sera, c'è un'intera parete tappezzata da copertine di riviste dove appare il loro nome. Aveva proprio ragione Mia, i Mendoza hanno un grande impero. Quasi mi pento di non essermi mai interessata in tutti questi anni del suo lavoro, devo ammettere che lavorano davvero bene e che questo settore è alquanto interessante anche se non mi è mai importato della moda. Mia, al contrario di me, è sempre stata aggiornata e ho sempre pensato che se ne intendesse davvero fin da quando criticava molti dei miei outfit dicendomi che fossero antiquati o fuori moda. Lei ha sempre applicato le leggi della moda in tutto quello che le sta attorno. Prima non la comprendevo, piuttosto la giudicavo, adesso capisco che c'è davvero dell'amore e della passione in quello che fa.
Mi alzo dalla comoda poltrona dove sono seduta da qualche minuto per guardare più da vicino la sfilza di quadri che raffigurano dei disegni fatti a mano di abiti davvero niente male. Uno di esso ruba la mia attenzione. Lo riconosco, ha rubato la mia attenzione anche a distanza. E' l'abito che ho indossato io, lo stesso che il signor Mendoza mi ha inviato a casa ieri sera. Ci sono delle iniziali in basso sulla destra, sono quelle del suo nome. L'avrà disegnato lui?
"Sì, devo ammettere che mio fratello è davvero bravo, quello che non si può dire della sua presenza a lavoro". Non appena mi volto vedo una donna fissarmi sorridendo. È molto elegante, sembra davvero molto sofisticata, a modo. Indossa un tailleur turchese e le sta divinamente, uno di quei tailleurs che costano un occhio della testa. Ha i capelli di un biondo platino raccolti in un'acconciatura da serata di gala, come quella di ieri sera. Non le do più di trent'anni, è davvero molto giovane. E ha gli occhi azzurri, di ghiaccio, che mi ricordano qualcuno. "Sono la sorella di Alexander, Kristine". Mi porge la mano, "E tu devi essere l'amica di Mia, Jessye giusto?".
"Sì... Molto piacere signora Mendoza".
"Oh per favore, chiamami Kristine. Non sono poi così vecchia, avremo più o meno la stessa età".
"Già...".
"Allora, dimmi... Che cosa ti porta qui? C'è qualcosa di cui vuoi parlarmi relativa al servizio fotografico di ieri?".
Cavolo, sono proprio nel pallone. Come faccio adesso a dirle che sono qui per suo fratello, per ringraziarlo del magnifico regalo che mi ha spedito ieri sera?
"Ecco... No... In realtà ho bisogno di parlare con tuo fratello... Ehm, con il signor Mendoza". Spero non percepisca il mio disagio mischiato all'imbarazzo più assoluto.
Alle mie parole Kristine sgrana gli occhi, come se non avesse capito o fingesse di non voler capire.
"Ieri ho dimenticato di dirgli una cosa importante... Io...".
Lei continua a fissarmi in attesa che le dica qualcosa di convincente ma io sento di entrare nel panico, sempre di più. E la cosa peggiore è che non so nemmeno io il perché.
"Sorellina, sai che gestisco io i miei appuntamenti".
Non posso crederci, Alexander è arrivato di nuovo in tempo a salvarmi, per la seconda volta. "Non vorrai mica far perdere del tempo alla nostra Jessye".
Kristine lo fulmina con gli occhi, è chiaramente indisposta di fronte a questa situazione ma mai quanto me. "Bene. Vi lascio allora". Mi dà un ultimo sguardo inquisitorio e va via senza nemmeno rispondere a suo fratello. Si vede che quei due sono in conflitto.
"Seguimi nel mio ufficio". Alexander mi fa strada verso un lungo corridoio pieno di poster, sia da un lato che dall'altro, raffiguranti tutti gli abiti delle varie collezioni che la sua famiglia ha creato. Mentre cammina usa il suo tablet, sembra molto professionale. Rispetto a ieri, indossa dei jeans con sopra una camicia bianca sbottonata a metà e una giacca, è comunque elegante anche così. 
Si ferma davanti ad una porta la cui targhetta posta sul lato sinistro indica che questo è il suo ufficio. Non appena entro vengo rapita dallo stile moderno dell'arredamento e dalle numerose piante che illuminano l'ambiente. Altro che ufficio, questa stanza rappresenta un piano solo di casa mia.
Alexander mi fa cenno di accomodarmi sul divano alle cui spalle c'è una grande vetrata dalla quale si vede l'High Line. Per un attimo vengo investita dal ricordo di me e Chris che passeggiamo lì ed una fitta allo stomaco quasi mi piega in due, improvvisa.
"Tutto bene?". Alexander mi guarda stranito ed io cerco di dissimulare, anche se non so se ci riesco.
Mi siedo accanto a lui e credo che inizino a sudarmi le mani. E più ho questo senso di agitazione più mi do fastidio da sola.
"Se è per mia sorella... Scusala. Da quanto mia madre è morta pensa di aver preso il suo posto, credendo di poter gestire tutto quello che mi riguarda".
"No! Lei è stata... Davvero gentile".
"Bene...", sembra che sia stata piuttosto convincente, lo vedo dalla sua espressione, "Allora... Che cosa ti porta qui? Hai deciso di cambiare lavoro? Mi auguro di sì...". Mi sorride, e in quel sorriso vedo racchiuso tutto il suo fascino. "Le porte della mia azienda sono aperte per te".
"No... Sono qui per ringraziarla del pensiero di ieri. Davvero, non doveva ma...".
"Jessye", si avvicina poggiando i suoi gomiti sulle ginocchia e incrociando le dita delle mani. È proprio a pochi centimetri da me. "Dovresti chiamarmi Alex per iniziare. E poi, non vedo il problema. So che non lavori qui ma, per il servizio che hai fatto, considerami il tuo capo e, in quanto capo, sono libero di ricompensare un mio dipendente con quello che merita".
"E... Che cosa sarebbe quello che merito?".
"Quell'abito è perfetto per il tuo corpo, sono sicuro che nessun'altra lo avrebbe indossato come te. Vedi Jessye, noi disegniamo gli abiti ma gli abiti prendono vita grazie a chi li indossa. Sai quanti capi abbiamo distrutto solo perché non trovavamo chi potesse renderli degni di parlare? E tu... Tu hai dato voce a quel vestito ed è giusto che tu debba averlo nel tuo armadio. Quell'abito lo disegnai io all'inizio della mia carriera qui... Ha preso vita ieri, grazie a te".
Vedo nei suoi occhi la stessa passione di Mia, ma in lui ancor di più. "Signor Mendoza...".
"Alex".
"Alex... Io non posso accettare...".
"E non parlo solo del vestito", mi interrompe senza nemmeno badare a quello che vorrei dirgli, "Verrai ricompensata per il lavoro che hai svolto qui ieri e, se vinceremo con il progetto, riceverai un'ulteriore ricompensa".
"Cosa?!".
"Non te lo ha detto Mia?".
"Io sono venuta qui per fare un favore alla mia migliore amica...".
"Nessun favore. Il lavoro è lavoro e tu hai lavorato per noi, di conseguenza verrai pagata per ogni ora che hai trascorso qui dentro. Per quanto riguarda il vestito... Quello è un mio regalo, non si discute".
"Io... Non so che cosa dire...".
"Di sì, dimmi di sì".
Lo guardo. Lui mi guarda. E restiamo così, non so per quanto.
"Signor Mendoza, gradite un caffè o un tè?". Credo sia la sua segretaria personale, la stessa che mi ha fatto accomodare quando sono arrivata qui. Resta sulla soglia della porta in attesa di disposizioni senza smettere di sorridere come se fosse programmata per fare questo. E' perfettamente composta, nemmeno un capello fuori posto. Provo a mettere a posto i miei, in confronto mi sento proprio fuori luogo.
"Jessye? Gradisci qualcosa?".
"No, grazie, sto bene".
"Puoi andare Patricia, e grazie".
"Si figuri signore".
Credo che Alexander sia una persona molto garbata e gentile, è questa l'impressione che mi dà. Non credo sia uno di quei tipi che hanno così tanti soldi da non guardare la gente in faccia. Penso proprio che lui sia buono. Non ricominciare Jess, non di nuovo. Smettila di studiare la gente.
"Volevo scusarmi per ieri, non avrei mai potuto immaginare che il capo qui fossi tu".
"No", ride, "Avevi proprio ragione ma prendo l'aereo di continuo e mi sposto per lavoro... Devo solo fare attenzione a essere più puntuale, è uno dei miei difetti ma non dirlo a nessuno".
Ridiamo insieme e tutto quel disagio che avevo fino a qualche minuto fa sembra essersi alleggerito. Ci fermiamo a guardarci un po' e, mentre lui indirizza i suoi occhi dritti ai miei, di colpo l'immagine di Chris si materializza davanti a me quasi facendomi sobbalzare.
"Adesso devo andare, tra poco ho un paziente". Mi alzo ed Alex mi accompagna alla porta.
"Sarai molto brava nel tuo lavoro... Mia mi ha raccontato di quanto impegno metti a dedicarti ai tuoi pazienti".
"Sì... E' tutto per me".
"Si vede dai tuoi occhi...", un altro momento di disagio si fa spazio tra noi ma Alex sembra essere in grado di gestire la situazione, "Allora... Ci teniamo aggiornati sull'esito del progetto. Dovremmo ricevere notizie a giorni".
"Sono sicura che Mia mi farà sapere subito".
"Mia... È davvero fortunata, sei in gamba Jessye".
A queste parole credo di arrossire. L'unica cosa che mi viene da fare prima che lui se ne accorga è aprire la porta. Ma, poi, vengo fermata da un dubbio improvviso. "Posso chiederti una cosa?".
"Tutto quello che vuoi".
"Come sapevi il mio indirizzo?". Già, come faceva a sapere dove abito tanto da spedirmi quel pacco?
Alexander ride, guarda il pavimento e torna a guardare me. Adesso, per la prima volta, sembra lui quello a disagio. "Diciamo che ho curiosato nei computer dei ragazzi...".
"Che vuoi dire?".
"Hai presente la scheda di registrazione che ti hanno dato non appena sei arrivata?".
"Sì".
"Hai scritto lì tutti i tuoi dati ed io... Sono andato semplicemente a cercarli".
E perché l'hai fatto? Vorrei tanto chiederlo ma mi sto zitta. Forse è meglio così.
"I privilegi di essere il capo... Anche se so che non si fa". Ride, e vedo dell'innocenza nelle sue parole.
"Ci vediamo, Alex".
"Di sicuro, Jessye".
Non appena chiude la porta ripenso a tutto quello che mi ha detto, dalla paga che secondo lui mi spetta alla ricerca dei miei dati come se avesse fatto qualcosa di illegale nella sua stessa azienda. Rido al pensiero... 
"Tu! Che ci fai qui?!". Sì, quella che sta correndo nel corridoio verso di me è proprio Mia. Non mi dà nemmeno il tempo di parlare che mi prende a braccetto trascinandomi dietro di lei. "Adesso noi due andiamo a prendere un caffè e mi racconterai tutto!".

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