Capitolo 76-Jess

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"Come stai?".
"Adesso posso dirlo... Sto bene. Avrei voluto così tanto che le cose andassero diversamente ma... Eccoci qui, a questo punto della storia".
"Riesco a percepirlo sai... Che adesso stai bene davvero Jessye. Quello che hai subito non è da tutti... Insomma, l'incidente, la perdita della tua amica... Sapevo che fossi forte, l'ho sempre saputo fin dal giorno del funerale di tuo padre. Ti vidi allora dopo anni, ti ricordavo solamente come una bambina ma quel giorno... Beh, quel giorno ho visto quella tenacia, quella forza nei tuoi occhi... Sapevo di non sbagliarmi".
"Non me lo avevi mai detto prima d'ora...".
"Lo so, non volevo colpire un punto debole per te. Come si dice, mettere il coltello nella piaga".
"È così... E' come se finalmente riuscissi a... Respirare".
"Sono felice, davvero", Donna mi guarda ed è come se si commuovesse, non ne sono sicura. L'ho sempre vista come una donna forte, capace di gestire e tenere le redini di un'intera università. Ho sempre avuto stima di lei e adesso scopro che una donna come lei ha una idea positiva su di me. 
"Che succede?". La guardo e noto che mi fissa ma che sta pensando a qualcosa. 
"Niente... E' solo che mi ricordi tuo padre".
"Che vuoi dire?".
"La sua grinta, posso vederla nei tuoi occhi. Lui lo sapeva, me lo diceva ancora prima di presentarti a me. Avevi solamente bisogno di tempo Jessye, solo bisogno di tempo per fare uscire di nuovo la grande donna che è in te". Annuisce come se fosse fiera di me, il che mi fa strano perché nemmeno mia madre mi ha mai guardata nel modo in cui lei mi sta guardando adesso. Poi, Donna asciuga le sue lacrime e inizia a sorridere come per cacciare via la malinconia. "Allora, dimmi perché sei qui".
"Vorrei riprendere le lezioni e i corsi con i ragazzi".
"Sei sicura?".
"Sì, ho davvero bisogno di ricominciare a vivere la mia vita e non posso farlo se rinuncio a quello che mi piace di più e che è esattamente il mio lavoro. In più mi aiuterà a ritrovare la concentrazione che ho perso da tempo".
"Con quello che è successo dal tuo incidente i corsi sono in pausa, in più adesso Daniel è andato via... Non lo so Jess, non voglio sovraccaricarti di lavoro così di colpo, anche perché senza Daniel dovrai gestire tutto tu e da sola, e non dimentichiamoci che devi anche occuparti del tuo studio privato e dei tuoi pazienti...".
"Non è un problema per me, me la caverò".
"Jessye...".
"Sul serio Donna, posso farcela".
Lei mi guarda a lungo, studiandomi e quasi convincendosi delle mie parole. Poi, mi sorride annuendo, "Okay! Va bene! A questo punto non posso di certi dirti di no, andrei contro tutto quello che ti ho detto prima!".
"Grazie! Davvero...".
"Ma... C'è un ma!".
"Dimmi tutto, ti ascolto".
"Facciamo passare le vacanze natalizie, lasciamo entrare il nuovo anno e... Ci rivediamo a Gennaio con il nuovo corso in esclusiva della dottoressa Cooper". Donna si alza e viene verso di me tendendomi le braccia ed io ricambio il suo gesto abbracciandola.
Ed è proprio vero. E' come se avessi appena premuto il tasto restart e avessi ricominciato in qualche modo a vivere perché, in fondo, è quello che si fa sempre: ricominciare e, anche se sei a pezzi, ricominci lo stesso.

"Sei sicura di volerlo fare?".
"Sì, lo sono anche se mi fa un po' strano...".
I miei migliori amici si guardano a vicenda non tanto convinti di quello che gli ho appena detto. "So che state pensando che questo potrebbe urtare nuovamente la mia sensibilità e... Bla bla bla".
"Adesso sì che è tornata ad essere le nostre Jess!", Mia ride.
"Già... Come direbbe Emma, la psicologa è tornata tra noi!", Ben dà il batti cinque a Mia.
"Quello che stavo dicendo è che non avete nulla di cui preoccuparvi perché sarò in grado di gestire la situazione. Chris ha bisogno di me ed io so che cosa significa vivere con il peso dei propri fantasmi sulle spalle. L'unica differenza è che io ho finalmente scoperto la verità sui miei incubi e sono andata avanti ma lui... Lui è ancora così tormentato...".
"Perché mai sua madre ha scritto il tuo nome su un biglietto?!".
"No Ben", Mia lo interrompe, "La domanda è... Come ha fatto a scrivere così, da un giorno all'altro, dopo vent'anni inerme su quella sedia a rotelle?".
"Credete che abbia finto per tutto questo tempo?".
"Non lo so tesoro", Ben scende dall'auto e noi lo seguiamo, "E' tutto così strano... Quello che so è che devi fare molta attenzione".
Attraversiamo insieme la strada e ci avviciniamo alla maestosa cappella dei Watson. Restiamo lì a fissarla per un po', lì dentro ci sono i nonni e tutti gli antenati del padre di Emma e, adesso, c'è anche lei, la nostra Em. E' proprio lì, chi lo avrebbe mai detto? Tutto questo è molto peggio di tutti gli incubi che ho fatto per vent'anni, semplicemente perché tutto questo è reale.
"Andiamo?", Ben si mette al centro e dà una mano a me e una a Mia.
Dopo qualche passo, saliamo i gradini che ci sono giusto prima di entrare nella cappella la cui porta è aperta. Facciamo spazio a della gente che esce da lì, tra questa anche i genitori di Emma che, non appena ci vedono, si fermano salutando dei tizi che continuano a fargli i loro ossequi e poi ci raggiungono. "Siete qui anche voi per festeggiare?", ci dice Kate con le lacrime che le scorrono sul viso. "La mia bambina... Oggi avrebbe compiuto trentuno anni". Ha gli occhi rossi e gonfi, dall'ultima volta che l'ho vista credo abbia perso qualche chilo. Ha il viso scarnito e le occhiaie.
Ci avviciniamo a loro stringendoci in un abbraccio comune e di comune abbiamo anche il profondo dolore che ci portiamo ormai dentro da quasi due mesi.
"Scusate!", Kate tira fuori dalla tasca del suo cappotto bianco un fazzoletto, "La mia Em non avrebbe voluto che dessi di matto anche il giorno del suo compleanno", ride cercando di celare, per quel che può, l'immensa sofferenza di una madre che ha perso una parte del suo cuore.
A volte mi chiedo se mia madre reagirebbe così se io morissi. Guarda un po' che ironico quasi o, forse, piuttosto triste pensare ad una cosa del genere. Ma mi sono davvero sempre chiesta come avrebbe reagito nel caso in cui io non ci fossi stata più. Chissà se verserebbe delle lacrime o se quasi morirebbe di crepacuore come Kate o se le sarebbe davvero importato di avermi persa per sempre.
"Sì... Noi... Volevamo farle i nostri auguri di persona", parla Ben che, tra tutti noi, è sempre stato sempre quello più forte, con una grande corazza sulle spalle. Sì, l'ho sempre pensato, è sempre stato lui il più coraggioso in assoluto anche se il suo animo dolce e, a volte, anche fragile non lo direbbe.
"Andate ragazzi", Oliver ci fa spazio, "Sono sicuro che lei vi sta aspettando".
Non appena entriamo e ci avviciniamo i nostri sguardi si rivolgono subito alla nicchia di Emma che è messa in basso, proprio sotto quella di suo nonno. La foto che la ritrae è bellissima, una delle più belle che le abbiamo mai scattato. Eravamo al Riverside Park, il posto per eccellenza fuori dal mondo, quello di noi quattro. Ci teneva tanto a farsi scattare ogni anno la stessa foto, nella stessa posizione e con il fiume alle sue spalle nello sfondo. Diceva che era qualcosa di... magico. 
"Li metto io?", Ben mi indica i fiori che le abbiamo portato, delle margherite bianche proprio quelle che piacevano a lei e che continuo a tenere strette tra le mani senza nemmeno rendermene conto.
"Ti aiuto...", voglio davvero dargli una mano ma mi fermo di colpo non appena vedo i fiori che già ci sono nel vaso posto ai piedi della nicchia di Emma. Tra le rose e i girasoli ce n'è uno in particolare che richiama la mia attenzione. E' lungo e viola. E'... La Lavanda.
"Jess? Tutto bene?", Mia si china ad aiutarmi a fare spazio nel vaso per mettere i fiori che abbiamo portato ad Emma.
"Sì... Sto bene", ma no, non sto bene davvero. 

Mentre il mio ultimo paziente della giornata va via, mi rilasso un po' sulla mia poltrona. Tolgo gli occhiali e penso a questa settimana che sta già finendo e al tempo che passa in fretta. La settimana prossima è Natale, ed ecco che un groppo in gola mi blocca di colpo. Il secondo Natale senza papà. Il primo Natale senza Emma. Mi guardo attorno ed è come se sentissi la sua voce rimproverarmi di non aver addobbato la casa a sufficienza, perché per lei mai niente era abbastanza. Vado verso il mio piccolo alberello vicino alla scala, illuminato con quella dolcissima luce calda. Dà intimità direbbe Emma e ha ragione, devo proprio ammetterlo, mentre lo guardo mi sento quasi scaldare il cuore. Prendo le ultime palle rosse dallo scatolo e le appendo... Ho finito. Sì, lei sarebbe davvero orgogliosa di me. E' per lei, solamente per lei che l'ho fatto, anche se in ritardo, ma l'ho fatto. Ad ogni singolo addobbo che appendevo il suo viso soddisfatto davanti ai miei occhi. Che senso avrebbe privarsi della magia del Natale quando già il destino ci priva di così tante cose? Mi direbbe proprio questo, lo so bene. Mi direbbe anche che non fare un semplice albero di Natale o qualsiasi altra cosa non placherebbe il dolore, piuttosto forse lo triplicherebbe perché ci farebbe sentire ancora più vuoti e senza quello che davvero desideriamo fare. E quel vuoto... No, non voglio provarlo più. I ricordi ormai lontani sono già sufficienti a fare male. Adesso sì, Ben e Mia direbbero che sto parlando di nuovo da psicologa e non posso dargli torto. E' da giorni ormai che cerco di psicoanalizzare ogni azione che compio, a volte quasi criticandomi o rimproverandomi ed è davvero strano, quasi non mi sopporto da sola.
Proprio quando metto l'ultima palla che avevo dimenticato lì in fondo dentro lo scatolone, suonano alla porta.
"Cos'è quella faccia stanca?", Chris mi sorride mentre entra.
"Il mio ultimo paziente è appena andato via e... Sono già le nove!".
"Dovresti ridurre gli appuntamenti anche perché, così, ci penseranno loro a stancarti e non io". Si avvicina dandomi un bacio sulla guancia, ma uno di quelli che ti fa arrivare il sangue al cervello. Poi, si volta e notando l'albero resta come sorpreso. "Caspita... Pensavo che...".
"Sì, lo so, avevo detto che non avevo voglia di farlo ma... Eccolo lì".
"Bene... Molto bene signorina Cooper".
"E' andata bene la giornata? Vuoi del vino?".
"Sì per il vino e... No per la giornata".
"Perché? Che è successo?".
"La gente sembra voler fare tutto giusto la settimana prima di Natale e oggi... Sono rimasto solo in officina perché Eric...".
"Sì, lo so... Ci siamo incontrati al cimitero".
"Già... Mi sarebbe piaciuto venire ma...".
"No, non era necessario Chris, qualcuno doveva pur lavorare no?". Gli passo il calice di vino e mi siedo accanto a lui sullo sgabello della mia isola.
"Quindi...", Chris guardo l'orologio sul suo polso, "Hai quindici minuti per essere pronta".
"Per?".
"Per... Andare a festeggiare il compleanno di Emma!".
"Cosa?!".
"Come fai a... Non saperlo?".
"Chris... Non so di che stai parlando...".
"Jess... Kate e Oliver ci hanno invitati a casa loro, è stato organizzato tutto all'improvviso. Eric me l'ha detto un'ora fa, credevo lo sapessi...".
"Aspetta un attimo...". Vado a prendere il mio cellulare nello studio e vedo WhatsApp intasato di messaggi, tra cui anche uno di Kate. "Dannazione...".
"Che succede?".
"Sono stata così immersa nel lavoro che... Ho perfino dimenticato di guardare il cellulare o... Di impostare almeno la suoneria".
"Ehi... Va tutto bene", Chris si avvicina poggiando le sue mani sul mio viso ed in quel momento tutto passa. "Adesso andrai di sopra a prepararti, non importa se arriveremo in ritardo".
"Come fai a rendere tutto così semplice?".
"Beh... Ho avuto una buona insegnante", sorride e non posso resistere nemmeno io.
"Allora... Vado a fare una doccia veloce e andiamo".
"Ti aspetto qui".
"Sei sicuro?".
"Jess... Non provocarmi".
"Faremo tardi in ogni caso...".
"Bene, allora vorrà dire che questa doccia la faremo insieme".

La tavola qui in salone è imbandita impeccabilmente, non potrebbe essere altrimenti con Kate. Ad ogni cenno di Oliver, le cameriere si allontanano per tornare con i piatti in mano iniziando a servire tutti i commensali. Li ho sempre invidiati per la loro attenzione ai dettagli e la loro immancabile raffinatezza, è quello che Emma ha perfettamente ereditato da loro e quello per cui Mia trascorreva la maggior parte del tempo a prenderla in giro. Sono sempre stati una famiglia ricca e questo non passava di certo sott'occhio, del resto Oliver Watson detiene un impero nelle sue mani con la Cosmopolitan, l'azienda di parrucchieri più importante e, adesso, anche negli Stati Uniti. 
E' una cena piuttosto intima, ci siamo io e Chris, Mia e Benny ed Eric, ovviamente. A parte i genitori di Emma, a tavola c'è solamente il fratello con la sua ragazza. E' davvero una cosa ristretta ed io nemmeno me la aspettavo, visto che stamattina né Kate né Oliver ci hanno accennato nulla al cimitero. Mia crede che sia stata una cosa organizzata dopo, forse non erano molto convinti di farla fino all'ultimo. Eppure eccoci nella casa dove ho trascorso la maggior parte del tempo della mia infanzia insieme a Mia e Benny. Ed è così strano essere qui, proprio qui, a festeggiare il compleanno della mia migliore amica ma... Senza di lei. Sembra quasi uno scherzo del destino ma non lo è e noi siamo davvero qui strapieni della sua assenza.
"Stai bene?", mi dice Chris sussurrandomi all'orecchio.
"Sì... Stavo solo pensando... E tu?".
"Beh, potrei risponderti in diversi modi".
"Che vuoi dire?".
"Adesso sto bene ma... Se ripenso a che cosa è successo dentro quella doccia prima...".
"Chris...".
"Dev'esserci qualcosa di... magico lì dentro".
Rido senza riuscire a trattenermi fino a quando Oliver attira la nostra attenzione e inizia a parlare. "Vi ringrazio per esservi uniti a noi questa sera, so che Emma ne sarebbe felice. Non vorrete prendere me e Kate per pazzi... Sappiamo che questo è un po' insolito ma... Volevamo festeggiare il suo compleanno e ricordarla con voi perché è quello che sicuramente lei avrebbe fatto questa sera. Jessye, Mia, Benny... Così ti chiamava no?", ride con gli occhi pieni di lacrime mentre noi annuiamo tutti insieme tanto emozionati quanto lui, "Ed Eric... Voi siete qui perché eravate famiglia per la nostra Emma e siete famiglia per noi. Quindi...". Oliver prende il suo calice di vino e lo alza in alto, "Brindiamo ad Emma tutti insieme. Buon compleanno tesoro".
Tutti lo seguiamo fino a quando anche Kate si alza in piedi con ancora il suo calice di vino in mano. "Vorrei cogliere l'occasione per dirvi che voi tutti siete i benvenuti qui. Sappiate che questa è la vostra casa e... Vi prego, non smettete mai di venirci a trovare perché, così, ci farete sentire sempre la nostra Emma vicina a noi in qualche modo", scoppia in lacrime mentre Oliver le porge il tovagliolo e noi non possiamo fare a meno di alzarci per raggiungerla ed abbracciarla. "Grazie per essere qui ragazzi, vi voglio bene".
"Tesoro, stanno servendo il piatto preferito della nostra Em", dice Oliver a Kate e a lei le si illuminano immediatamente gli occhi non appena guarda i piatti con l'arrosto sul tavolo.
Mentre torniamo verso i nostri posti faccio cenno a Chris che sto andando al piano di sopra, ho bisogno del bagno.
Non appena finisco e vado verso il lavandino per lavarmi le mani mi si stringe il cuore a vedere lo spazzolino rosa di Emma, ancora lì, così come i suoi trucchi dentro lo sportello. Li sfioro e mi rivengono in mente tutte quelle volte che trascorrevamo il tempo chiuse qui dentro a truccarci prima di andare a scuola insieme e le urla... Che ridere al ricordo delle urla di Kate che ci pregava di sbrigarci perché si stava facendo tardi per andare. Di colpo, è come se per un attimo l'ansia prendesse il sopravvento su di me e volesse annientarmi. Tutti questi ricordi mi fanno improvvisamente male, è come se ogni volta fosse la prima a ricordarmi che questi resteranno solo dei ricordi. Ho così dannatamente paura, paura che un giorno possa dimenticarli. Ma no, non potrà mai accadere davvero perché dimenticare Emma o quello che abbiamo passato insieme sarebbe come dimenticare la maggior parte della mia vita o fare tabula rasa nella mia mente. Mentre mi rassicuro un po', chiudo lo sportello dello specchio ed esco dal bagno ma, prima di tornare al piano di sotto, mi ferma la porta socchiusa della stanza di Emma. Non appena entro anche qui i ricordi ricominciano a passarmi davanti agli occhi come se stessi vivendo ogni singolo momento proprio adesso. Noi lì sul letto a commentare i flirt di Mia con i ragazzi al liceo o ancora lì, sedute a fare ricerche al computer dei ragazzi più fighi della scuola. Per un attimo ritorna la rabbia, la rabbia di non poter prendermela con nessuno per quello che è successo, la rabbia di aver perso una parte della mia vita così, forse per il capriccio di qualcuno. Mi siedo per un attimo sul letto e rivivo tutte quelle volte che facevamo qui i pigiama party e trascorrevamo le notti a guardare film horror, anche se proprio Emma era la prima ad addormentarsi ed io, Mia e Ben ci divertivamo a combinargliene di tutti i colori. Rido d'istinto, non posso fermarmi mentre mi sdraio rannicchiandomi sul suo cuscino. Se chiudo gli occhi riesco a sentire ancora il suo profumo, qui sulle lenzuola. Ma eccolo, il mio sguardo mi porta proprio lì sul comò. Mi avvicino e sollevo il tappo del profumo che usava ogni giorno Emma ed un'ondata di vaniglia mi investe come se fosse lei ad abbracciarmi proprio adesso. Sì, riesco a sentirla, sentire il suo calore, sentire che è qui, proprio qui, vicino a me. Lei mi sta abbracciando e mi sta dicendo di non preoccuparmi. Passerà Jess, tutto questo dolore passerà o almeno si affievolirà. Sarò sempre con te Jess, ogni volta che chiuderai gli occhi sarò lì con te. Li apro ritornando alla realtà anche se mi piacerebbe restare ancora qui ad immaginare tutto questo. Richiudo il profumo per andare verso la porta quando mi fermo alla vista del portagioie proprio qui, accanto al profumo. Ho finalmente l'occasione di prendere la collana con il ciondolo a forma di puzzle. La cerco in ogni singolo cassettino del portagioie ma niente, qui non c'è. Provo a cercarlo anche sulla scrivania o dentro qualche cassetto ma no, non c'è proprio. Dove diavolo l'hai messa Em?
"Jess?".
Sobbalzo alla vista di Mia che è alle mie spalle dentro la stanza.
"Scusami ma... Stai bene?".
"Sì...".
"Quanti ricordi qui eh?", anche Mia si guarda attorno e scommetto che sta rivivendo gli stessi ricordi che ho vissuto io fino a qualche minuto fa.
"Un sacco... Ma sai qual è la cosa bella?".
"Quale?".
"Che resteranno qui per sempre. Qui e nel nostro cuore".
"Già...". Mia mi dà la mano ed io la stringo più che posso come se questo potesse aiutarmi a cacciare via il nodo che ho in gola da quando sono entrata qui dentro. "Eri venuta qui per qualcosa?".
Ripenso alla collana con il ciondolo a forma di puzzle. "Sì... Stavo cercando...", ma mi fermo, "Niente... Torniamo dagli altri". Usciamo dalla stanza mentre mi guardo attorno per l'ultima volta. Poi, chiudo la porta.

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