Capitolo 20-Chris

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Guardo le mie mani. Allargo le dita. Il sangue mi scorre fino alle braccia, è caldo, sento come un fuoco scorrere su di me. Inizio a camminare ma mi fermo quando vedo Steph, è proprio lì, sdraiata sul pavimento della cucina mentre fatica a respirare. Posso vederlo, il suo seno si alza e si abbassa lentamente, molto lentamente. I suoi occhi sono aperti, non batte ciglio, sembra immobile. La sua bocca è socchiusa, prova a dirmi qualcosa ma non ci riesce. La chiamo una e più volte, vorrei che mi parlasse ancora, vorrei correre con lei mano nella mano verso il nostro posto fuori dal mondo, la casetta sull'albero nel boschetto qui vicino. Quanto vorrei dirle che già mi manca, che vorrei tornare a litigare per tutte le volte che entro in camera sua a curiosare nel suo diario o per tutte le altre che resto sveglio per vedere quando torna a casa dalle uscite con le amiche e per fare la spia a mamma. Ma non ci riesco, non posso più far uscire le parole. Vorrei solo piangere, vorrei solamente essere rimasto a casa, così forse lei starebbe bene. Ma l'ho lasciata sola, nelle mani di un mostro, ancora una volta. Mi sento mancare il respiro e vorrei che mi mancasse davvero così da salvare lei, così da farla stare bene. Provo a toccarla ma non si muove più. Provo a svegliarla, credo si sia appena addormentata, adesso ha gli occhi chiusi. È fredda, quando poggio le mie dita sul suo corpo ho quasi un brivido. Provo a svegliarla, sto per toccarla, ma qualcuno mi tira via e adesso sono così lontano da lei. La vedo lì, in fondo a un tunnel che pian piano si allunga e diventa sempre più nero. Sempre più nero.
Apro gli occhi di colpo, la luce che entra dalla finestra mi dà fastidio. Mi sollevo su dal letto ma mi gira la testa. Cazzo... 
"Era ora che tu ti svegliassi...". Eric è lì, in piedi accanto alla finestra che mi guarda a braccia conserte. Sembra arrabbiato, ed è stato sicuramente lui ad alzare la serranda e a farmi accecare. "Stavolta hai superato il limite Chris".
"Di che parli...". Provo a fare qualche passo ma quello che vedo attorno a me sembra andare a rilento, dei flash trafiggono l'immagine che ho davanti ai miei occhi.
"Sei fortunato che è domenica e che oggi non verranno clienti in officina. Immagina che figura... Vedere te in questo stato. Sei proprio il solito idiota!".
"Ho bisogno di una doccia".
Sposto la tenda per uscire e andare verso il bagno ma Eric mi si mette davanti. È molto più basso di me e molto magro ma quando si arrabbia sul serio potrebbe battere la forza di chiunque gli si metta davanti. "Tu non vai da nessuna parte fino a quando non mi dici che hai combinato ieri sera".
"Andiamo Eric, spostati e lasciami passare".
"No. Parla!".
Farò prima a dargli una risposta altrimenti non me lo leverò di torno facilmente. "Sono andato a prendere qualcosa al locale qui accanto e ho scambiato due parole con qualche amico...".
"Tu non hai amici qui! Cos'è?! Vuoi davvero prendermi per il culo?!".
"Ma sai che sono bravo a socializzare in poco tempo".
Leggo la rabbia nei suoi occhi, è evidente che è davvero incazzato e che ogni mia parola non sta facendo altro che peggiorare la situazione. "Quando crescerai? Dopo quello che hai passato, adesso questo...".
"Andiamo amico, ho solo fatto qualcosa di... Diverso".
"Diverso?! Sniffare della roba è diverso Chris?!".
"Non è andata così... Ho bevuto qualche drink e...".
"Non è quello che mi ha detto Annalise".
"Chi?".
"Oh cazzo... Sei serio?!". Eric mi guarda con gli occhi sbarrati e con un falso sorriso in faccia, più che altro credo sia per la disperazione. "Mia sorella mi ha raccontato tutto e dovresti vergognarti! Sei già stato una volta in riabilitazione. Prima per l'alcool e adesso per questa merda...".
Adesso mi tornano in mente alcuni flash della serata di ieri.
"Che bel rientro a Greenwich le ho dato! Dopo vent'anni fuori, adesso che ha raggiunto la sua maggiore età, decide per la prima volta di venire in estate qui da me e guarda come le finisce... A prendersi cura di te!".
"Mi stai dicendo che la tipa di ieri sera era Annalise? La stessa Annalise che ho visto l'ultima volta in culla vent'anni fa?".
"Sì, idiota!".
"Aveva solo un anno, come avrei potuto riconoscerla?".
"Dio Chris... Con te c'è solo da perdere la testa...". Eric si siede e sembra sfinito, d'altronde che cosa aspettarsi da una causa persa come me? "Fortuna che era in quel locale con i suoi amici...".
"Come faceva a sapere chi fossi?".
"Facebook, Instagram... Ti suonano?!".
"Ti avevo detto di non pubblicare quella foto con me nel tuo profilo il mese scorso...".
"Le ho sempre parlato di te, avrebbe saputo comunque chi fossi".
Realizzo solo adesso che Eric ha una sorella, lo avevo completamente dimenticato. Chissà com'è, avere una sorella di cui prendersi cura. È quello che avrei voluto provare io ma che qualcuno ha decido di privarmene. Steph era più grande di me di cinque anni ma sono sicuro che con il passare del tempo mi sarei preso cura di lei e che sarei stato io l'uomo di casa. Ho sempre desiderato esserlo, per lei e per mia madre.
"Cazzo!".
"Cosa? Che succede adesso?".
L'immagine di Jess davanti la porta dell'officina si materializza di colpo davanti ai miei occhi. Lei che mi dà una spinta, che mi urla qualcosa. Lei che va via. "Jess... Io... Devo andare da Jess!".
"Mi stai mollando nel bel mezzo di una conversazione? Davvero?!". Eric mi continua a seguire per tutta l'officina mentre lego velocemente i capelli e indosso la prima cosa che trovo. "Chris... Mi stai ascoltando?".
"Qualunque cosa sia... Ne parliamo dopo Eric".
Prendo le chiavi e corro verso casa di Jess.

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