Capitolo 79-Jess

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Venerdì 18 Dicembre (Terza parte)

"Papà! Papà! Mi senti? Hai perso!", faccio libera per tutti sul muro della cucina riuscendo a deviare mia madre che sta guardando il suo pollo che cuoce nel forno.
E' soddisfatta, è l'unica cosa che le riesce bene del resto, a parte i biscotti di Natale. "Vuoi stare attenta?!", mi guarda mentre è ancora chinata verso il forno, "Non vorrai rovinare il pranzo che sto qui a preparare da stamattina!".
Riesco solamente a guardarla, non le so nemmeno rispondere. Qualsiasi cosa faccia non è mai contenta, non è mai abbastanza direi e sembra proprio che non le faccia piacere che io trascorra del tempo a giocare con papà nelle sue ore libere. 
"Hai finito quelle pagine di storia? Domani è lunedì e dovresti prepararti per bene per farti volontaria a ripetere la lezione!".
"Amanda... Stiamo solo trascorrendo la domenica mattina a giocare, cerca di rilassarti", mio padre entra in cucina e, mentre con una mano prende una patata fumante dalla teglia, dà un bacio sulla fronte a mia madre che guarda anche lui con totale disapprovazione.
"Ma certo Colin, come sempre tu a darmi contro!".
"Sto solo dicendo che ci sarà tempo per studiare... Ehi!", mio padre guarda l'orologio, "E' ora di pranzo, chi vuole darmi una mano ad apparecchiare?". Mi guarda spalancando gli occhi in quel modo così divertente che solamente lui è in grado di fare. 
"E' da due ore che sono nascosto!", Garret arriva sparato in cucina e, al solito, con il broncio, "Ma, come sempre, voi due vi coalizzate contro di me!".
"Nessuno si sta coalizzando contro nessuno, semplicemente tua sorella ha vinto!", mio padre gli lancia la tovaglia da tavola. "Sarai tu ad aiutarmi ad apparecchiare!".
Garret la prende al volo e sbuffa e, dopo aver mangiato in un solo boccone anche lui una patata dalla teglia, va verso il tavolo della sala da pranzo.
Mia madre, al contrario di quello che ha fatto con me e mio padre, lo guarda allontanarsi sorridendo. "Impeccabile come sempre tesoro!", gli dice battendo le mani, "Stamattina ho visto che hai riordinato la tua stanza nel migliore dei modi! Sono sicura che da grande sarai un detective brillante come...".
"Come Hercule Poirot... Lo so mamma, lo so!", sbotta Garret completando la solita frase che gli dice mia madre almeno una volta al giorno, ogni giorno. 
"Devi assolutamente leggere quel romanzo! E'... incredibile...", mia madre va verso di lui raccontandogli per la centesima volta la trama del suo romanzo preferito.
"Ehi", mio padre si avvicina a me sussurrandomi all'orecchio facendo attenzione che mia madre non lo senta, "Dopo voglio la rivincita". Mi fa l'occhiolino e raggiunge Garret.

Il suono di un fischiettio mi rimbomba alle orecchie. Sembra un suono lontano, ma nonostante sia così distante da me riesco a sentirlo e mi riporta da quel sogno alla realtà. Cerco di aprire gli occhi ma sembrano due massi giganteschi che fanno peso sulla mia faccia. Ci provo e riprovo ma a fatica, quasi sento di dovermi arrendere. Poi, appare davanti a me, o meglio nella mia mente, Emma che mi sorride e che mi chiede di fare uno sforzo. Devo fare uno sforzo. E, così, riesco finalmente ad aprirli.
Credo di essere seduta su una sedia, è... di legno. Sopra la mia testa una lampadina che oscilla. Provo a girarmi per guardarmi attorno ma non ci riesco, il dolore è troppo forte. E, in un attimo, mi torna in mente tutto quello che è successo prima con Garret. Provo a muovermi e ancora a muovermi ma niente, ho le mani e i piedi legati. E la mia bocca, non posso muovere la mia bocca. Sento nella mia lingua il sapore dello scotch. Provo ad urlare, più che posso, è come se finalmente riuscissi a controllare la mia voce, la mia forza. Ma, poi, mi fermo e torno a guardarmi attorno o, almeno, mi sforzo di farlo. Sono in una sorta di scantinato di qualche metro con delle pareti in legno. Ci sono solamente due porte, una delle quali credo che serva per entrare qui dentro e una alla mia sinistra chiusa con un lucchetto. C'è anche una finestra, una piccola finestra dalla quale, fin da qui, riesco a vedere dei fiori che svolazzano fuori. Sta ancora piovendo e, nonostante la pioggia ed il buio, riesco a riconoscerli, deve essere il campo di lavanda. Se quindi i miei conti tornano, dovrei trovarmi... Sotto il fienile?!
Di colpo, una delle due porte, quella di fronte a me si apre. C'è qualcuno che resta lì, nella penombra a fissarmi. In questo lasso di tempo, il mio cuore torna a martellarmi nel petto ancora più forte di prima. Fa qualche passo avanti ed ecco Garret che viene verso di me. Stavolta ha una pistola in mano e, mentre fa un giro attorno a me, la utilizza per percorrere il mio corpo, dalla testa fino al mio seno. Poi, si ferma e mi osserva sorridendo. "Ciao... Sorellina".
Resto immobile, mi sembra di restare in apnea per fin troppo tempo. Poi, riprendo fiato ma non è abbastanza tanto che sento di soffocare. Cerco di mantenere il controllo, ricomincio a urlare, più che posso ma so bene che sarà tutto inutile visto che la prossima casa vicina è a chilometri da qui e, da questa distanza, nessuno riuscirà a sentirmi.
"Sai già che nessuno riuscirà a sentirti no?", mi dice come se mi stesse leggendo nel pensiero. Afferra i miei capelli con una mano portandomi la testa all'indietro verso di lui, mentre con l'altra continua a tenere la pistola sul mio seno. Poi, si allontana e tira fuori dall'ombra una piccola sedia e viene a sedersi qui, proprio a pochi centimetri da me. "Facciamo che adesso ti toglierò questo", fa scorrere un dito sopra la mia bocca, "Ma prova ad urlare di nuovo e ti lascio immaginare che cosa accadrà". Leva la sicura alla sua pistola mettendola in bella vista. 
Poi, io annuisco e lui mi toglie via lo scotch così velocemente che sento un bruciore tagliente sulle mie labbra. 
Si poggia sullo schienale della sedia e mette la pistola dentro una delle tasche della sua tuta. Mi guarda sorridendomi ma non posso fare a meno di notare un velo oscuro che ha il pieno potere su di lui. Garret non mi è mai piaciuto né tanto meno siamo mai andati d'accordo ma non l'ho mai visto così come adesso. 
"Perché? Perché stai facendo tutto questo?".
"Dio...", scuote la testa divertito, "Da dove dovrei iniziare?". 
"Perché hai ucciso Emma?". Inizio a piangere, non voglio farmi vedere da lui cosi ma non riesco  a controllarmi. Continuo a muovermi sulla sedia come se avessi degli spasmi involontari. "Dimmelo! Perché!".
"Vuoi sapere davvero perché? Eh?!".
"Sei solo un figlio di puttana!".
Garret diventa improvvisamente serio mentre avvicina di più la sedia e adesso è così vicino che riesco a sentire il suo fiato su di me, la puzza di fumo mischiato ad alcool fuoriuscire dalla sua bocca ad ogni parola che dice. "Sei stata tu a farmelo fare, proprio tu mia cara sorellina".
"Cosa... Cosa stai dicendo?!".
"Insomma, tutte le domande che venivi a farmi, tutte quelle ricerche... Cazzo! Non potevi continuare a condurre quella vita perfetta che hai sempre avuto fin da quando eri una stupida bambina? Invece no! Dovevi ossessionarti con tutte quelle storie!". Chiude gli occhi e muove la testa in un modo come se avesse un tic, tutti segnali che evidenziano lo stato mentale deviato di un soggetto totalmente pericoloso. "Dovevi per forza ficcare il naso in quello che è successo eh?! Ho visto il tuo computer in questi giorni... La tua cronologia me ne ha dato conferma, è intasata di notizie che risalgono a vent'anni fa!".
Ora capisco perché ho trovato il mio portatile aperto, ricordavo bene di averlo chiuso prima di andare. Mi sento gelare il sangue... Sento un freddo improvviso che immobilizza totalmente il mio corpo, come se fossi proprio sul punto di morire. 
"Se Christopher Lewis non fosse arrivato nella tua vita noi non saremmo nemmeno in questa dannata situazione cazzo!".
"Dimmi solo... Perché".
"Vediamo un po'... Perché... L'intelligente psicologa dell'anno Jessye Cooper vuole sapere perché. Dovevo fare qualcosa per fermarti, avevo esaurito le mie idee cazzo! Insomma, dopo l'incidente che cosa avrei dovuto fare di più?!".
"L'incidente?", in un flash improvviso rivivo quello che è successo il giorno del mio incidente. 
"Incolpare la tua peggior nemica, la grande Kristine Mendoza, che era così gelosa del tuo flirt con il suo fratellino... Ammettilo! E' stata una genialata! Ho preso due piccioni con una fava, offrendo una riduzione di pena ad un vagabondo con dei precedenti che ha accettato di fingere di essere stato pagato dalla signora Mendoza per farti fuori. E lei... Beh, lei non poteva permettere che uccidessi la sua unica figlia".
"Dio... Tu... Tu sei un mostro!". E, in un attimo, rivedo Kristine che durante il nostro incontro nel penitenziario mi dice che niente è come sembra. Ora è tutto chiaro e la verità inizia a mostrarsi davanti ai miei occhi ma trascinandosi dietro tutto il suo terrore. E rivedo anche te papà che mi dici le stesse identiche parole in un sogno di qualche tempo fa... Ci avete provato tutti a farmi aprire gli occhi ed io che cosa ho fatto? Ho continuato a dormire. 
"Ma non ti è servito nemmeno questo! E quindi che cosa potevo fare per farti fermare? Beh... Che cosa meglio di uccidere la più... innocente delle tue amiche? Era il modo perfetto, lei era perfetta! Così stupida ed ingenua... Mia si sarebbe ribellata ed io mi sarei divertito di più, avrei potuto scegliere anche Ben ma... Diciamo che il tuo Benny non rientra nei miei gusti sai", ride così disgustosamente che mi fa venire un conato di vomito, "Così Halloween era l'occasione giusta! Insomma, si sa! Qui in America chiunque ad Halloween può andare in giro in costume a fare quello che vuole senza che nessuno se ne accorga. In quel giorno a dividere finzione e realtà c'è un filo sottilissimo. Così vi ho seguito per tutto il giorno e... Il resto è storia".
"Così hai ucciso la mia migliore amica per fermarmi?!".
"Già... Ha indovinato dottoressa Cooper".
"Fermarmi da cosa? Dallo scoprire che vent'anni fa dietro la sparizione di quelle ragazze c'eri tu?".
"Non capisci Jess? Tutto questo è solo una copertura... Io sono una copertura!". 
"Di che stai parlando?". 
"Credi davvero che volessi diventare il poliziotto perfetto che mamma voleva?! Il suo ideale era Hercule Poirot! Andiamo! Mi ha fatto leggere quel romanzo di Agatha Christie almeno cento volte! Voleva che diventassi perfetto come il suo caro e perfetto investigatore! Lei voleva che io fossi perfetto!  La verità è che mi faceva vomitare ma... Per i miei piani seguire le orme del nostro paparino e diventare un bravo poliziotto come lui era la via più semplice". 
"Per i tuoi piani?! Tu sei pazzo...".
Garret ride. "Tu non capisci... Ma c'è qualcuno che può aiutarmi... Vieni dentro!", urla verso la porta dalla quale, dopo qualche secondo, entra mia madre. 
Resto così, non so per quanto tempo i miei occhi rimangono aperti senza nemmeno battere le palpebre tanto che, dopo un po', mi seccano così tanto da farmi male. Provo a guardarla ma vedo bianco davanti me, riesco solamente a vedere mia madre che si precipita verso di me e prova a scuotermi. "Jess! Mi senti? Jess!".
Sono in un bagno di sudore, ma uno di quei sudori freddi che ti fanno perdere i sensi.
La vedo mentre mi sposta i capelli dal viso e prova a rianimarmi.
"Non... Non mi toccare...", le dico sforzandomi di parlare e lei, immediatamente, si alza e fa qualche passo indietro. 
"La tua cara figlia vorrebbe sapere la verità mammina, che ne dici di aiutarmi?".
"Garret, forse adesso stai esagerando...".
"Sto esagerando?!", urla alzandosi e scaraventando la sedia di legno contro la parete. 
Mia madre trema alle sue parole, china il capo e adesso sembra quasi terrorizzata da lui. 
"Sto esagerando", ride, "E' ora di sapere come stanno le cose e, dopo, la farò finita una volta per tutte!". Si ferma faccia a faccia con lei. "Bene, da dove posso cominciare?! Ecco... Ti darò la notizia dell'anno sorellina! Colin Cooper non è mio padre!". 
Mia madre mi guarda ed io guardo lei ed è come se le ultime forze che avevo mi avessero appena abbandonata mentre le parole di mio fratello sembrano echeggiare attorno a me.
"Già...", Garret torna verso di me continuando ad annuire come se avesse un tic nervoso, "Hai sentito proprio bene. Il grande capo della polizia dell'anno 2000 non è il mio caro padre. Sono sicuro che ti starai chiedendo come sia possibile tutto questo... Mamma, vuoi farmi l'onore di spiegare?".
Ma mia madre continua a tenere lo sguardo basso senza dire una sola parola.
"Nessun problema! Ci penso io! Vedi sorellina... La nostra cara mammina pensò bene di scappare di casa dei suoi genitori quando ancora era una bambina e di andare a scopare con uno dei criminali più potenti di tutta New York e... Eccomi qui!", Garret alza le mani in segno di celebrazione, "Poi, mio padre morì e nostra madre decise di scappare di nuovo ed finì qui a Greenwich dove incontrò il grande Colin Cooper, un uomo per bene, un poliziotto che cercava di puntare in alto. Quindi perché non fare crescere suo figlio lontano da quel quartiere squallido di New York e da tutte quelle cattive influenze? Ma... Diciamo che tralasciò un particolare... Nonostante mio padre fosse morto, io avevo ancora una famiglia in quel quartiere!", dice a mia madre guardandola con sdegno, "Così, non appena diventai abbastanza grande, ricevetti una lettera con un indirizzo e tornai nel posto dove sono nato. Lì mi portarono nella tomba di mio padre e mi raccontarono tutta la verità. Capirai quello che è successo non appena tornai a casa...".
"Mio padre lo sapeva?", chiedo a mia madre che senza nemmeno alzare la testa annuisce.
"Ma certo che lo sapeva!", mi dice Garret, "Un uomo così per bene come Colin Cooper come non avrebbe potuto accettare di aiutare una donna in difficoltà sopportando anche di crescere un figlio che non fosse suo?!".
"Come hai potuto! Come hai potuto fare tutto questo a papà dopo quello che lui ha fatto per te?!", grido a mia madre che, finalmente, mi degna di uno sguardo. 
"Tuo padre, per quanto si sforzava, non poteva evitare di ricordarmi che Garret non fosse suo figlio!".
"La verità è che tu non ti sei mai perdonata per quello che hai fatto e... Di aver cresciuto un mostro!".
Alle mie parole tace, come se acconsentisse a quello che ho appena detto.
"E nemmeno tu ci hai mai sopportati!", dico a Garret che, nel frattempo, va verso mia madre mettendole un braccio al collo.
"E come potevo? Il padre e la figlia perfetta! E devo ammetterlo... Colin provò in tutti i modi a fare un buon lavoro con me, quel tipo si impegnava davvero ma io... Io non potevo abbandonare le mie origini e dovevo portare avanti quello che il mio vero padre faceva... I suoi affari".
"Cosa? Droga?", poi ho un'illuminazione, "Il traffico di donne!".
"Sono riuscito per molti anni a nascondere tutto questo, feci credere a tuo padre di voler diventare un poliziotto come lui ma quello mi avrebbe solo fatto comodo per continuare i miei affari e muovermi meglio. Fino a quando Colin non lo scoprì... Aveva già dei sospetti, poi un giorno mi sentì parlare al telefono nel suo studio".
Ora mi è tutto chiaro... "Il giorno del mio compleanno! Sei stato tu la causa del suo infarto! Tu lo hai ucciso!".
"Il passo successivo era diventare capo della polizia e, levandosi di mezzo, tuo padre mi fece solo un favore! Anche perché, parliamoci chiaro, lo avrei comunque ucciso io!".
"Devi morire all'inferno! Come hai potuto uccidere l'uomo che ti ha dato una vita migliore! E tu! Come hai potuto permettergli di fare tutto questo?".
"Tu non sei madre!", mia madre mi urla contro con le lacrime che le scendono sul viso, "Tu non puoi capire che cosa significhi scegliere! Non potevo abbandonarlo o lasciare che finisse in prigione!".
"Tu... Hai sempre saputo tutto...".
"L'amore per un figlio va oltre ogni cosa Jess".
"E l'amore per mio padre? E per me? Ho sempre saputo di essere diversa da te e... da lui ma non avrei mai immaginato di aver vissuto la maggior parte della mia vita con due mostri!".
"Risparmiati le forze sorellina! Deve ancora venire la parte più bella", Garret fa una pausa mentre si siede sul pavimento davanti a me, "Russel Lewis".
Sta parlando del padre di Chris...
"A quel tempo quel tipo era sospettato ed indagato per spaccio di droga. Chi meglio di lui poteva essere il responsabile della scomparsa di quelle povere ragazze? Così iniziai a farle sparire proprio nel suo locale dicendo ai miei uomini di adescarle lì. Quelle più sbronze sarebbero state le prede più facili così il via vai nello scantinato del Golden, pieno di tizi drogati e malconci, lo feci diventare il luogo perfetto per stordire le mie ragazze. Ma devo darti una brutta notizia, lì sotto dietro quella porta non c'è nessun corpo. Ho saputo che sei andata al Bleecker per controllare, mi hanno avvisato, ma quali corpi credi che ci siano?! Andiamo Jess... Pensi davvero che sia così stupido? Le ho vendute tutte! Quel posto mi faceva solo comodo! Più ingegno la prossima volta! Diciamo che potrai essere eccellente come psicologa ma... Come detective non credo".
"Io... Ero lì, una di quelle sere, non è vero?".
"Come fai a ricordarlo ancora? Credevo lo avessi rimosso... Eri solo una bambina!".
"Sorpresa", sorrido imitandolo, "Non è così".
"Una sera Colin mi chiese di andare a prenderti da una delle tue amichette non appena avessi finito il servizio ma non potevo tornare a casa, dovevo passare dal Golden. Mi chiamarono dicendo che c'era una di quelle puttane che stava facendo più storie del solito e sembrava che nemmeno le dosi di droga la buttassero a terra. Ti dissi di aspettare in macchina ma, testarda com'eri, entrasti là dentro. Poi, ti ritrovai nello scantinato del Golden".
"Era Alison Campbell...".
"Cosa?".
"Quella sera... Io vidi Alison Campbell. Era lei la ragazza di cui parlavi prima...".
"Era tosta, la mia preferita".
Guardo Garret con così tanto disgusto che mi vengono i brividi mentre lui è così terribilmente fiero di quello che sta dicendo.
"Il tuo gioco è finito! In clinica hanno scoperto che per tutti questi anni hai fatto visita alla madre di Chris! Che cosa centra lei? Che cosa le hai fatto?!". 
Garret mi guarda a lungo, sembra quasi sorpreso dalla mia domanda. 
"Firmarti come H. Poirot non è stata una mossa astuta caro fratellino". 
"Touché", annuisce, "Ma si sa, non ho mai avuto molta fantasia. Quello che è successo a quella donna è uscito fuori dal mio controllo, se suo marito avesse continuato con i suoi affari lasciando ai miei uomini i loro non sarebbe successo niente di quello che è successo dopo".
"Russel Lewis ti aveva scoperto, non è vero?".
"I miei uomini acquistavano la sua droga nello scantinato del Golden e usavano quel posto per stordire le ragazze e portarsele via. Andava tutto bene, nessuno toccava gli affari di Lewis ed io non volevo che lui toccasse i miei ma a lui non andò bene. Non appena iniziarono a circolare le prime notizie di ragazze scomparse Russel fece due conti e capì tutto. Diceva che era pulito... Puoi crederci?", ride, "Un drogato di merda come lui che diceva di essere pulito! Quindi iniziammo ad avere dei problemi e dovevo stargli dietro...".
"Eri tu quello che gli stava addosso...". Ripenso alle parole di El Gringo, a quello che disse a Chris, che c'era un poliziotto, un certo Cooper, che stava addosso a Russel ma adesso mi è tutto chiaro. Il poliziotto non era mio padre, era Garret. 
"Provai a fare affari con lui, cercai di convincerlo in tutti i modi, gli dissi perfino che gli avrei dato una percentuale ma niente... Le donne non si toccano mi diceva ma poi, dopo essersi sbronzato, tornava a casa a fare il violento. Così pensai... Vedi da che pulpito!".
E' in questo momento che penso a Chris e vorrei liberarmi solamente per correre da lui e dirgli che suo padre non centrava niente con la scomparsa di quelle donne.
"Che cosa hai fatto Garret?".
"Una sera fu lui a chiamarmi, intimidendomi di far stare alla larga i miei uomini dal suo locale. Io ero nei paraggi così decisi di fargli una visita ma c'erano anche sua moglie e sua figlia in casa, ricordo che si chiamava Stephanie. Era proprio... un bel bocconcino quella ragazza. Lui non voleva che entrassi ma sua moglie fu così gentile, del resto chi non lo sarebbe stato con un poliziotto alla porta? Io ne avevo abbastanza di lui, quella sera volevo farlo fuori ma prima, se ci fossi riuscito, volevo divertirmi con sua figlia. Sapevo che l'avrei venduta ad un buon prezzo ma lui tirò fuori la sua pistola non appena io poggiai gli occhi su Stephanie e me la puntò contro. Mi bastò solamente un movimento per disarmarlo, così io sparai a quella ragazzina. Mi capirai Jess... Lei continuava ad urlare e urlare, tanto da farmi scoppiare il cervello! Lui come un idiota, invece di spararmi, restò lì impalato a guardare sua figlia agonizzante sul pavimento. Era proprio un fallito, uno stupido uomo fallito. Mi ero sporcato le mani di sangue e dovevo risolvere quella questione così che fermai sua moglie prima che facesse un passo e la scaraventai sul pavimento. Volevo ucciderla ma batté la testa sul bancone della cucina, c'era molto sangue a terra e credevo che fosse morta, quindi non mi restava che far fuori lui ma, proprio in quel preciso istante, iniziai a sentire delle voci che provenivano dal giardino. Era il tuo Chris, puoi crederci? Stava tornando a casa proprio in quel momento. E, indovina un po', mi facilitò il lavoro. Io presi la pistola e, dopo averla pulita, la misi nelle mani di Russel che era totalmente in stato di shock. Poi, tornai nella mia volante e continuai il mio giro fino a quando non mi mandarono in quella casa".
"Gli hai lasciato credere che suo padre fosse il colpevole della morte di Stephanie!".
"Non parlare di Christopher Lewis come se non fosse un assassino! Ti ricordo che è stato lui ad uccidere suo padre!".
"Era convinto che suo padre avesse ucciso la sua famiglia!".
"Beh... Martha non era morta... Lo scoprì dopo quando vennero i paramedici. Trauma cranico per alcuni giorni... Poi, al suo risveglio, non riuscì a riprendersi e gli uomini di Lewis la chiusero in un istituto psichiatrico, il che mi fece comodo per un po' fino a quando iniziai a pensare che quella donna avrebbe potuto ricordare e parlare".
"E' per questo che sei andato a trovarla per tutto questo tempo? Per assicurarti che non parlasse...".
"E per pagare l'infermiera che si occupa di sedarla e di modificare i risultati delle analisi che le fanno di tanto in tanto", mi dice soddisfatto, "Avrei preferito ucciderla ma... In una clinica e con tutte quelle telecamere è un tantino complicato. Avevo la necessità di parlarle per assicurarmi che avrebbe tenuto la bocca chiusa ma ero sicuro che questo non bastava, che le mie minacce di uccidere il suo unico figlio non sarebbero bastate, così decisi anche di farla drogare".
Ecco perché Martha era in quello stato, come ho fatto a non capirlo? Quella donna è stata obbligata a trascorrere venti lunghi anni in silenzio per proteggere Chris. "Non avrei mai pensato che fossi capace di fare tutto questo...".
"Oh... Avrei fatto molto di più Jess. Sai che cosa mi è mancato in tutti questi anni?", si avvicina poggiando le mani sui braccioli della sedia dove sono seduta e facendo pressione sui miei polsi, "Avere te. Ho trascorso la maggior parte della mia vita a guardarti dalla porta mentre dormivi... In fondo, sei mia sorella ma avrei voluto di più". Sospira sulla mia faccia, il che mi dà il voltastomaco, poi torna ad allontanarsi e fa l'ennesimo giro attorno a me. "Ma non ti avrei venduta se è questo che ti stai chiedendo, ti avrei tenuta per me".
"Mi fai schifo! Tu mi hai distrutto la vita! Hai ucciso mio padre! Hai ucciso la mia migliore amica!".
"Ah... Emma... Con lei mi sono divertito così tanto. Puoi crederci? Credo anche di essere riuscito a farla venire prima di morire!".
Provo ad alzarmi così forte tanto che sento la corda lacerarmi i polsi. "Slegami e ti ucciderò con le mie mani! Fallo! Figlio di puttana!".
Garret mi viene contro e mi dà un colpo di pistola. Adesso sento il sapore del sangue che fuoriesce dalle mie labbra.
"Fermati!", mia madre lo tira per un braccio ma lui la spinge e lei finisce per terra.
"Sono stanco di te, sono stanco di tutto ormai!". Garret prende la pistola e gliela punta contro, poi si sposta verso di me. "Adesso tu verrai con me", va dietro di me e mi slega. Poi, mi afferra per i capelli e mi trascina verso la porta alla mia sinistra. Tira fuori dalla tasca una piccola chiave e apre quel lucchetto. Non appena apre la porta, con una spinta mi scaraventa sul pavimento. Si allontana per tornare poco dopo con una piccola torcia, è tutto buio qui dentro. "Ho una sorpresa per te sorellina". Illumina l'ambiente attorno a me e mi rendo conto che è un piccolo stanzino di pochissimi metri, fino a quando la luce della torcia non si ferma alla mia sinistra. C'è una lunga catena arrugginita sul pavimento attaccata alla parete tramite un anello, alla fine della quale l'anello di una manetta. Poi, si ferma a fare luce su qualcos'altro...
Inizio ad urlare, più che posso. Mi alzo e corro verso di lui, ma lui mi ferma ridendo, ridendo sempre più forte. Mi dimeno, provo a svincolarmi dalla sua presa ma lui mi spinge di nuovo con forza sul pavimento. 
"Ti avevo detto che avevo venduto tutte quelle sgualdrine... Tranne una, Alison Campbell", mentre illumina quello scheletro accanto a me noto la collana con il ciondolo a cuore. E' proprio lei, è Alison. "Quella sera, dopo che finalmente ti riaccompagnai a casa, dovetti tornare al Golden. Era così... Forte e coraggiosa... Non voleva proprio arrendersi così ho pensato... Quella puttana sarà il mio trofeo. Così la portai qui e me la scopai per un paio di giorni fino a quando non mi stancai e la feci fuori". 
Piango senza riuscire nemmeno più a respirare mentre guardo quello che resta di Alison di fianco a me. Non posso credere ai miei occhi, vorrei che fosse uno di quegli incubi che ho fatto per la maggior parte della mia vita ma, invece, è tutto vero e, per quanto voglia svegliarmi, resto incollata qui su questo pavimento con uno scheletro accanto a me.
"E tu, mia cara sorellina, stasera farai la sua stessa fine", Garret afferra quella catena e mi mette la manetta. Poi, chiude la porta ed il buio invade di nuovo lo spazio attorno a me. 


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