Capitolo 51-Chris

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L'odore delicato di profumi costosi annienta le mie narici. Qui è tutto perfettamente illuminato come se si volesse risaltare di proposito ogni singolo dettaglio. Una moltitudine di gente che cammina per i corridoi sfogliando delle carte, altri intenti a commentare tutti insieme degli schizzi fatti a mano appesi lungo una parete. Tutti impegnati a correre dietro qualcosa o qualcuno, non c'è tregua qui dentro. La Mendoza Boutique sembra un museo dove ogni cosa è incorniciata per risaltarne l'eleganza, la raffinatezza. Ogni superficie lucidata, non c'è un granello di polvere ovunque mi giri. E' tutto perfetto, direi quasi impeccabile. Mi pento di essermi presentato in jeans e maglietta per il colloquio, sono in completo disaccordo con tutto quello che mi circonda. Gli uomini indossano un vestito da... cerimonia dire, e le donne sono perfettamente in tiro con i loro tailleurs d'alta moda. Che cosa aspettarsi se non questo da una grande azienda di moda? Ma che ci fai qui Chris, ripeto a me stesso. Il lusso, il potere... sono qualcosa che non mi appartengono. Vorrei alzarmene e andarmene subito prima che qualcuno, a parte la tipa tutta in tiro alla reception, si accorga della mia presenza.
"Devi essere Christopher". Una donna, una di quelle che non passa di certo inosservate, mi si avvicina porgendomi la mano, "Seguimi". Mi porta in fondo ad uno degli innumerevoli corridoi che ci sono in questo posto fino a quando non arriviamo a quello che credo sia il suo ufficio. "Accomodati", aspetta che io entri per chiudere la porta. Ogni parete è completamente tappezzata di disegni di ogni grandezza, tutti fatti e mano e firmati K. M. "La segretaria di mio fratello ti ha contattato questa mattina per un lavoro al Belle Vue...". Mi guarda sorridente, sicura di sé e in attesa di una mia risposta visto che fino ad ora non ho detto parola.
Suo fratello? Non capisco... Sto per controbattere quando mi anticipa, "L'azienda organizzerà una serie di eventi nelle prossime settimane e abbiamo bisogno di personale qualificato", noto che ha in mano il mio curriculum. "Lavorerai ogni sera a partire dalle sette fino all'una, un giorno libero a settimana, per tre mesi. Se andrai bene ti offriremo un contratto migliore, noi non lasciamo andare chi merita di restare".
"Avevo ben capito che il capo qui... Alexander Mendoza mi aveva licenziato dopo...".
"No", mi fa segno con la mano come per farmi capire di star zitto, "Mio fratello ha altro per la testa".
"Suo fratello?".
"Ti prego, chiamami Kristine".
Ora capisco perfettamente per che cosa stanno le iniziali in ogni disegno, Kristine Mendoza. "Non credo di poter familiarizzare così tanto con la... sorella del mio capo".
"Il tuo capo sarò io d'ora in avanti", Kristine fa il giro della scrivania e si siede proprio sopra di essa giusto davanti a me. Accavalla le gambe ed inizia a dondolarle su se stesse. "La paga è di cinquecento dollari a settimana, se sei d'accordo, puoi firmare qui", mi passa il contratto.
"Sono alla ricerca di un lavoro, non di problemi. E' sicura che il signor Mendoza...".
"Se è vero che sei alla ricerca di un lavoro firma Christopher, per il resto non hai di che preoccuparti", mi porge una penna anch'essa con le sue iniziali perfettamente scolpite.
Resto a fissare quella pagina per qualche minuto, ma non leggo nulla. Rifletto su quello che sto facendo e se mi conviene davvero. Poi, firmo ancor prima di rendermene davvero conto. Ho bisogno di questo lavoro, ho bisogno di soldi. È l'unica cosa che mi importa adesso.
"Bene", Kristine scende dalla scrivania mettendomi una mano sulla spalla. Questo momento è strano, direi quasi imbarazzante, soprattutto perché riesco a capire quando qualcuno flirta con me. E adesso, proprio qui, la sorella del tipo che ci prova con la mia ragazza, nonché il mio nuovo capo ci sta provando con me? "Inizierai domani".
Domani? Proprio domani? Cazzo...
"Che c'è? Hai qualcosa di più importante da fare?".
"No... Io... Inizierò domani".
"Bene", sposta la mano dalla mia spalla e si alza tornando dall'altro lato della scrivania e sedendosi sulla sua poltrona. "Ti auguro buon lavoro per il tuo primo giorno allora".
"Grazie, signora Mendoza", le porgo una mano che lei afferra senza pensarci due volte.
"Kristine".
"Allora... A domani".
Lei non mi dice altro, si concentra a guardarmi andare via.

"Oppure c'è questa...", il ragazzo in tuta rossa gira l'angolo del suo autosalone e mi mostra una bellissima Cadillac grigia. "È un modello vecchissimo ma non male... Viene 1.200 dollari ma, ti avverto, ha problemi al motore, al filtro dell'olio e... Al filtro dell'acqua".
"Per quello che devo fare io va bene".
"Amico, sei sicuro? Io ti sto dicendo le cose come stanno... Il fatto è che la gente qui viene a comprare ma poi torna scontenta".
"Mi occuperò personalmente di sistemarla".
"Ci vuole qualcuno che ne capisca...".
"Un mio amico ha un'officina, io ho lavorato con lui e... Diciamo che ne capisco piuttosto bene".
"Okay amico... Allora, se sei convinto, mi trovi dentro per procedere con il resto".
Mi fermo a guardare la mia nuova auto, sono sicuro che Eric impazzirà. Lui ha sempre amato le auto d'epoca, che hanno quel tocco di vintage, di vissuto. Mi ha sempre detto che se potesse ne farebbe una collezione. Ammetto che non è il massimo ma mi serve per spostarmi e, tra i risparmi che ho e il nuovo lavoro che inizierò domani, finalmente potrò permettermi un auto tutta per me.
Non appena ultimo le pratiche con il tipo dell'autosalone salgo nella mia nuova e prima macchina e mi dirigo verso l'officina di Eric fermandomi dall'altro lato della strada, proprio di fronte. Sono quasi le tre del pomeriggio ma vedo la confusione fin da qui, è il fine settimana e la gente sembra affrettarsi a riparare le proprie auto in questi giorni. Aspetto più di mezz'ora fino a quando Eric attraversa la strada raggiungendomi. Mentre si avvicina resta a bocca aperta guardando la Cadillac. "Cos'è questo gioiellino?".
"È mia, puoi crederci?".
"Cosa?! È... fantastica!". Prevedevo una risposta di questo tipo, ero sicuro che Eric ne sarebbe rimasto estasiato.
"Ma ho bisogno di te per darle una sistemata, è stato un affare ma il tipo dell'auto salone dove l'ho comprata mi ha detto che ha bisogno di una buona revisione".
"Non è affatto un problema", la guarda soddisfatto. "Ma sai benissimo che avresti potuto usare la mia auto ogni volta che ne avevi bisogno, ho anche la moto...".
"Eric non ti ringrazierò mai abbastanza ma... Resterò qui per un po' e ho bisogno di avere qualcosa di mio per muovermi e... Se ti stai chiedendo come farò a permettermela ti anticipo subito che ho anche un nuovo lavoro".
"Questa è la giornata delle sorprese?! Okay! Hai pranzato?".
"No... Non ancora perché".
"Sto chiudendo per la pausa pranzo, vieni con me e raccontami queste ultime novità".
Acconsento ad Eric ma lui si ferma e mi guarda aprendo una mano. Gli lancio le chiavi della mia Cadillac e lui le afferra al volo. Salta su entusiasta come un bambino e la porta nel retro dell'officina parcheggiandola lì.
"Quanto tempo ti servirà?".
"Entro la prossima settimana sarà pronta".
Andiamo verso il piccolo gazebo nel giardino e iniziamo a mangiare il sushi d'asporto che ha preso Eric nel locale qui accanto.
"Allora... Parlami del nuovo lavoro".
"È... Al Belle Vue".
"Il Bell Vue? Ma non è quel locale in cui hai rivisto Jess ed è successo tutto quel casino?".
"Esatto...".
"Ma, se ben ricordo, Alexander Mendoza ti ha licenziato senza nemmeno un preavviso...".
"Infatti non è stato lui ad assumermi, sua sorella mi ha dato appuntamento stamattina nella loro azienda e mi ha fatto firmare il nuovo contratto".
"Questa sì che è una sorpresa".
"Credo che quel tipo, suo fratello, non ne sappia niente".
"Non capisco Chris, perché lei dovrebbe fare una cosa simile nascondendola al proprio fratello?".
"Non dirlo a me ma... Ho bisogno di questo lavoro, non mi importa che cosa c'è dietro".
"Sai che se solo volessi...".
"Non avrei problemi, lo so. Ma tu sai che non mi importa".
"Quei soldi sono i tuoi...".
"Eric quei soldi non saranno mai i miei. Sai come la penso e non mi va di parlarne".
"Okay! Non roviniamo questo momento... Un nuovo inizio... Un'auto nuova, un nuovo lavoro... Quando inizierai?". Ecco, la parte più difficile è arrivata.
"Domani sera".
"Cosa?! Dimmi che scherzi!".
"Lo so amico, è un giorno importante per te ma non mi sembrava il caso di chiedere un permesso ancor prima di iniziare...".
Eric devia lo sguardo disilluso. "Bene... Il giorno in cui chiederò alla mia ragazza di sposarmi il mio migliore amico non ci sarà".
"Eric... Mi dispiace, davvero".
Lui mi guarda e mi abbraccia, "Lo so, il lavoro è lavoro". Lui è sempre stato così, fin da piccolo. Ragionevole, comprensivo. Capace di non farti pesare le cose, di alleggerirle. 
"Davvero? Non sei arrabbiato?".
"Non ti nego che mi dispiace, e tanto, ma... Sono felice per te. Ti vedo... diverso". 
"Che vuoi dire?".
"Voglio dire che riassumo tutto questo in un nome, Jess".
"Beh, diciamo che non hai tutti i torti".
"Lei ti ha proprio cambiato Chris... In meglio".
"Ho fatto delle cose di cui non vado fiero Eric, l'ho ferita, ho esagerato e so che devo fare tanto ancora per lavorarci sopra".
"Hai detto che resterai... Quindi, ci stai già lavorando".
"Già...".
"Riguardo a ieri... Com'è andata poi? Ti ho scritto ma non hai risposto...".
Per un attimo ripenso a ieri sera e mi viene da ridere, è istintivo. Jess che accosta su un lato della strada, noi che scopiamo in mezzo al nulla.
"Che succede?".
"Niente... E' andata bene".
"Quel tipo, Garret, non mi piace".
"Credimi, è solo un poliziotto con la puzza sotto il naso. Jess ha solamente avuto la sfortuna di avere un fratello come lui".
"E, adesso, raccontami, che cosa vuoi fare?".
"Voglio andare a fondo a tutto Eric, capire se mio padre ha avuto davvero a che fare con tutto quello per cui l'hanno accusato, capire che diavolo è successo quella notte a mia madre, capire che cosa centra il passato di Jess con tutto questo...".
"Non credevo che un giorno lo avresti fatto davvero".
"Cosa?".
"Avere il beneficio del dubbio su tuo padre".
"Non è questo... E' solo che per andare avanti devi mettere tutto al suo posto e sento che... Non è così".
"Quale sarà la prossima mossa?". 
"Andrò da Wilson".

Arrivo all'edificio dove Wilson ha il suo studio. Studio notarile Wilson, scritto a caratteri cubitali nei citofoni all'ingresso. Non è molto distante dal Bleecker, solamente qualche isolato più lontano. Il portinaio, non appena mi vede, mi saluta quasi con un inchino dalla sua postazione, il che è piuttosto strano per me. Non appena salgo le scale e arrivo al grande bancone alla reception ,il ragazzo dietro, impegnato a scrivere qualcosa nel suo tablet, alza lo sguardo verso di me e si alza. "Signore... Buonasera, in cosa... In cosa posso esserle utile?". Inizia a sistemare nervosamente qualsiasi cosa gli capita tra le mani.
"Dì a Wilson che sono qui per vederlo".
"Oh certo... Lo chiamo subito", alza la cornetta del telefono ed inizia a digitare dei numeri nel tastierino mentre continua a sorridermi. "Sì... C'è il signor Lewis qui", riaggancia, "Può passare, la riceverà subito".
"Grazie...", leggo il nome scritto sul pass che gli pende dal collo, "Jeff".
Lui sistema gli occhiali sul suo naso mentre annuisce come se avesse un tic.
Subito a sinistra, accanto la sua postazione, c'è l'enorme porta scorrevole che dà accesso al resto dell'edificio. Un tipo alto e ben impostato fa scorrere il suo pass per aprirla per poi rivolgersi a me, "Signore...".
Non appena passo dentro c'è una scalinata e, subito a destra, un piccolo corridoio alla fine del quale c'è lo studio di Wilson. La segretaria, non appena mi vede, si alza ma non le do nemmeno il tempo di parlare ed entro dentro, non reggerei un altra persona che si rivolge a me dicendomi signore.
Wilson mi viene incontro abbracciandomi, "Christopher!". Non so se ricambiarlo o meno, nel dubbio resto fermo come un palo. "Accomodati! E raccontami che cosa ti porta qui, di nuovo".
"Qui tutti sanno chi sono, non è vero?".
"Dopo l'ultima volta in cui sei stato qui dovevano sapere chi fosse il loro capo".
"Sei tu il loro capo".
"Per quanto tu non voglia accettarlo, lo sei. Ma, non importa... Non mi hai ancora detto che cosa ci fai qui...".
Voglio sapere tutto, voglio andare indietro e capire quello che è successo vent'anni fa e, per fare questo, ho bisogno del tuo aiuto. Tu eri il braccio destro di mio padre, ti occupavi di gestire i suoi affari, sapevi tutto...".
"Non proprio tutto...".
"Andiamo Wilson, in un modo o nell'altro, sapevi in che diavolo era coinvolto mio padre".
"Non dimenticare che non ho mai creduto che Russel fosse coinvolto con la scomparsa di quelle ragazze".
"Stanno continuando a sparire delle donne, come se la storia si stesse ripetendo. Quindi, o mio padre era coinvolto davvero o...".
"Qualcuno sta facendo la stessa cosa di allora", Wilson completa la mia frase. Poi, abbassa i suoi occhiali e mi guarda annuendo. "Non sei cambiato per niente Christopher. Hai la stessa tenacia di quando eri solo un bambino. Sei sveglio così come allora ed ero sicuro che sarebbe arrivato questo momento".
"Non confonderti, non sono venuto qui a dirti che ho cambiato idea Russel Lewis".
"Hai dei dubbi però, il che non è da sottovalutare".
"L'altra volta mi hai detto che mio padre era dentro alcuni affari loschi".
"Sì...".
"Chi? Dimmi chi era quella gente".
"Beh... C'erano diversi tipi, nessuno di loro mi piaceva. Loro gli vendevano la roba, in cambio lui saldava alcuni loro debiti con dei tipi grossi".
"Adesso devo credere che mio padre andava in giro a salvare la gente...".
"Per avere cosa in cambio però? Quello che gli ha rovinato letteralmente la vita".
Quello che ha rovinato la vita anche a me in questi anni in giro per il mondo.
"Che fine hanno fatto i tipi con cui era in affari?".
"Fecero diversi blitz durante i quali alcuni furono uccisi, altri sbattuti dentro come avrebbero dovuto sbattere dentro anche Russel ma poi...".
"Io l'ho ucciso".
Wilson mi guarda dispiaciuto, odio quando la gente mi guarda così, con compassione.
"Hai ancora contatti con quelli che finirono dentro?".
"No, la maggior parte sono morti dietro le sbarre, altri sono stai trasferiti da un'altra parte...".
"Voglio dei nomi Wilson".
Lui mi guarda, sembra quasi indeciso se parlare o no, come se avesse paura.
"Per favore, se non vuoi farlo per me fallo per mio padre".
Dopo un lungo momento di silenzio, inizia a parlare. "Gregory Statham".
"Chi è?".
"Il figlio di uno dei fornitori più fidati di Russel. Ai tempi faceva affari con tuo padre insieme al suo. Non riuscirono ad incriminarlo perché suo padre fu talmente bravo da renderlo pulito di fronte ai poliziotti che provarono all'epoca a sbatterlo dentro".
"Dimmi dove posso trovarlo".
"Christopher, forse mi sono sbagliato... Queste ricerche... Non è qualcosa che dovresti fare tu".
"Lo troverei in ogni caso, con o senza il tuo aiuto".
Wilson resta a fissarmi per un po', poi fa un sospiro e stacca un bigliettino iniziando a scriverci qualcosa sopra. Poi, me lo porge. "Solo una cosa... Questi tipi hanno un nome in codice, come una sorta di protezione per loro".
"Qual è il suo?".
"El Gringo".

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