Capitolo 73-Jess

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"Che diavolo ti è saltato in mente?! Sei impazzita o cosa?". Chris va avanti ed indietro in mezzo alla confusione della gente che balla in pista. Mette le mani nei capelli strattonandoli, completamente in preda alla disperazione. E tutto questo a causa mia.
Ripenso al momento di prima con Ben e mi rendo conto che i miei amici hanno ragione, che Chris ha ragione. Sto mandando tutto a puttane, la mia intera vita.
"Tu non sai che cosa ho visto laggiù...".
"Non me ne frega un cazzo di quello che hai visto Jess! Come hai potuto farlo?! Sei scesa in uno scantinato da sola! Proprio in quello scantinato poi... Dannazione!".
"Che c'è? Credi che non sappia badare a me stessa?".
"Ma certo... Con tutto questo casino ci saremmo sicuramente accorti di dove fossi finita o se qualcuno ti avesse fatto del male, che è esattamente quello che sarebbe successo due minuti fa se Mia non mi avesse detto dove diavolo eri!".
"Credo che tu stia esagerando...".
"No! Sei tu a stare esagerando... Non ho più parole con te...", Chris mi guarda scuotendo la testa. "Che cosa credevi di fare? Eh?! Dimmelo Jess!".
"Dietro quella porta possono esserci le risposte che cerco da tempo! Capisci?!".
"Quale porta?!".
"La stessa che ho visto nei miei incubi e nelle sedute di ipnosi che ho fatto! Era lì, dietro uno di quei scaffali lì sotto!".
"Dio Jess...".
"Tu non puoi capire...".
"Credi che la polizia non abbia già fatto il suo lavoro qui vent'anni fa? Che volevi fare? Volevi forse giocare a fare la coraggiosa scendendo lì sotto e cercare delle risposte che già qualcun altro ha trovato?! Non c'è niente in questo posto!".
"Quelle ragazze sono state viste per l'ultima volta qui! Dovrà pur significare qualcosa!".
"Vuoi dirmi che si trovano dietro quella porta?! Davvero?! La polizia avrebbe già trovato i loro corpi ma non adesso... Vent'anni fa!".
"Quel tipo... È come se qualcuno controllasse quello scantinato... Io volevo solo...".
"Cosa?!".
"Lascia perdere...".
"Grazie a Dio!", Mia mi si scaraventa letteralmente addosso, "Stai bene? Quel viscido ti ha fatto qualcosa?".
"Tesoro... Mi dispiace per prima... Io...". Ben mi abbraccia insieme a Mia ed io, per un attimo, mi sento mancare l'aria.
Faccio qualche passo indietro e corro fuori dal Bleecker e, non appena sono fuori, sbatto contro qualcuno. "Scusa...". Ma mi rendo conto che è Garret.
"Jess?!", mi guarda sorpreso, "Stai bene?".
Non riesco più a trattenermi e scoppio a piangere come se fosse finalmente una liberazione. "No! Non sto bene!".
"C'è qualcosa che posso fare per te?".
"No... Io...".
"È stato qualcuno lì dentro a ridurti così?".
È in quel momento che Chris e i miei amici escono fuori. Chris viene verso di me ma Garret lo ferma piazzandosi davanti.
"Levati di torno", Chris prova a superarlo ma mio fratello non gli permette di raggiungermi.
"Se mia sorella mi dirà di lasciarti passare lo farò".
Tutti mi guardano ma l'unica cosa che riesco a fare è aprire lo sportello della volante di Garret.
"Jess! No! Parliamo!", Chris quasi mi supplica ma sono già dentro.
"Portami via da qui", dico a Garret che mi raggiunge, mette in moto e finalmente sento la musica assordante del Bleecker lontana.

Mi sveglia il profumo dei biscotti pan di zenzero. Per un attimo mi ritrovo all'età di dieci anni nel mese di Dicembre. Quell'anno mia madre decise di preparare gli stessi biscotti dal primo giorno del mese fino al giorno di Natale. Quello, forse, è stato l'anno più bello che ricordo di aver trascorso con la mia famiglia. Era la prima volta che la vedevo più serena e in pace. Si stava dedicando per la prima volta a qualcosa e sembrava metterci pure dell'impegno in tutto quello che faceva. Si iniziava a respirare una nuova aria in casa nostra e anche papà sembrava contento.
Mi alzo dal letto e guardo fuori dalla finestra. Nevica, c'è davvero freddo qui. Ora capisco perché mio padre insisteva tanto per installare un sistema di riscaldamento in tutta la casa quando decise di trasferirsi qui lasciandomi la nostra casa a Chelsea. Non riesco a vedere quasi niente lì fuori, il freddo ha quasi gelato i vetri. Apro la porta della stanza degli ospiti dove ho trascorso le ultime notti e scendo giù. La visione dell'albero di Natale illuminato accanto al camino mi dà un senso di tranquillità, dopo tanto tempo. Mi avvicino e noto un susseguirsi di foto esposte che ritraggono me e la mia famiglia, forse nemmeno più le ricordavo. In una di queste ci sono io che abbraccio mio padre mentre esulta, ricordo che è stata scattata durante una partita di baseball. Il profumo dei ricordi mi fa bene, mi fa venire nostalgia ma mi fa anche sentire per un attimo più vicina a papà. Prendo la cornice tra le dita e mi focalizzo su quel momento, come se potessi provare quelle stesse sensazioni proprio adesso.
"Buongiorno".
Quando mi giro noto mia madre con indosso un grembiule e le mani infarinate, il che è piuttosto strano per me, direi quasi bizzarro.
"Buongiorno...". Rimetto la foto al suo posto sopra il camino accanto alle altre.
"Ricordo quel giorno...", lei sorride guardandola, "Vinsero gli Yankees e tuo padre organizzò un barbecue invitando tutti i colleghi della centrale".
"Già... Lo ricordo anche io come se fosse ieri".
Ha gli occhi lucidi, credo si sia appena commossa. "Sto preparando i biscotti pan di zenzero. Vuoi darmi una mano?", mi chiede speranzosa.
"Okay...", le rispondo per non distruggere la sua illusione del momento. La seguo in cucina ed il gran disordine che noto non mi fa trattenere dal ridere.
"Lo so... Non me la sono mai cavata a dare una sistemata ma ti assicuro che i biscotti sono buonissimi", mi porge un bicchiere di latte e, su un piattino, due biscotti natalizi con tanto di glassa.
"Wow mamma... Erano almeno vent'anni che...".
"Non li preparavo. Già...".
Li assaggio e il sapore mi riporta indietro nel tempo.
"Tieni un mattarello", me lo porge insieme alle formine e un pezzetto di pasta frolla. Poi, mi sorride e sembra quasi diversa. Non so come o perché ma la vedo diversa.
Inizio a stendere la pasta e inizio ad usare la formina del pupazzo di neve, era la mia preferita fin da bambina. Credo perfino che sia proprio la stessa. Devi stenderla di più... Erano le solite parole di mia madre, come se non importasse che cosa facessi, lei avrebbe comunque messo la sua anche quando non glielo chiedevo. Ma, poi, mi sorrideva soddisfatta non appena seguivo le sue istruzioni rigorose. Allora sì che era orgogliosa di me.
"Vedo che hai imparato... E pure bene".
"E chi dimentica tutte quelle volte che mi spiegavi così puntigliosamente come stendere la pasta frolla?".
Vedo che mia madre fa una pausa fermando il mattarello e mi guarda quasi malinconica. "Non saranno mai abbastanza le mie scuse Jess, io... Avrei dovuto essere la madre che meritavi ma ho preferito che i problemi miei e di tuo padre interferissero con il nostro rapporto".
"Non di nuovo mamma, non ricominciare".
"Jess...".
"L'hai voluto tu".
"Che vuoi dire?".
"Che avresti potuto chiedere il divorzio vent'anni fa! E invece che cosa hai fatto?! Hai preferito vivere una vita con odio e rammarico verso non so nemmeno che cosa e perché...".
"L'ho fatto perché tu e tuo fratello avevate bisogno di crescere in una famiglia unita".
"Beh... Guardarci adesso mamma. Credi davvero che siamo cresciuti in una famiglia unita?! E poi... Con Garret non era così... Con lui andavi d'accordo e lo sai bene".
Mia madre mi guarda sapendo benissimo che sto dicendo la verità. Non lo ammetterebbe mai ma è chiaro che non sto dicendo altro che la realtà dei fatti. Sta per dire qualcosa ma viene interrotta dall'arrivo di Garret in cucina. "Buongiorno...", prende un biscotto dalla teglia appena sfornata e va ad aprire il frigo tirando fuori il bidoncino di latte, "Ho interrotto qualcosa?". Passa lo sguardo da me a mia madre e viceversa.
Lei ci mette un po' a distogliere lo sguardo da me, poi scuote la testa e riprende a stendere la pasta.
"No... Stavamo ricordando i vecchi tempi", dico cercando di smorzare l'imbarazzo.
"Come stai?".
"Bene, se posso dire bene".
"Hai... Risentito i tuoi amici?", mi chiede Garret nascondendomi qualcosa.
"E da quando ti preoccupi per me fratellino?".
"Andiamo Jess... Sei qui da due settimane, non pensi che sia il momento di farti viva con loro o... Con il tuo Chris?".
"Che c'è? Ti sei già stancato di avermi qui?".
"Sei sempre stata la benvenuta sorellina, eri tu quella ostinata a stare lontano da noi, dalla tua famiglia".
"Garret...".
"Non ricominciate, vi prego...".
"No mamma... Non ne ho più voglia... Di litigare e di discutere. Se sono venuta qui è perché... Avevo bisogno di papà".
"Che vuoi dire?".
"Perdere Em mi ha distrutta così tanto che avevo bisogno di sentirmi più vicina a papà e... Questo posto è dove lui ha vissuto negli ultimi anni della sua vita quindi...".
"Oh tesoro...".
"Stare qui... Nel suo studio... In qualche modo mi ha fatta sentire accanto a lui".
"Sei la benvenuta qui, ogni volta che vorrai la nostra porta sarà aperta per te". Mia madre mi abbraccia, quasi resto immobile sorpresa ma, per la prima volta, ricambio quel gesto senza opporre resistenza.
"Vieni con me in centrale?", mi dice Garret aggiungendo del caffè alla sua tazza di latte.
"Che succede?".
"Abbiamo trovato un sospettato del caso di Emma".
"Cosa?! Davvero?".
"Ti ho promesso di prendere quel figlio di puttana ed è quello che farò Jess".
"Chi è?".
"Uno squilibrato ubriaco... Le telecamere poste nelle strade vicine il bosco di Harlem hanno ripreso quel tipo andare proprio in quella direzione con una ragazza dentro la sua auto che potrebbe corrispondere alla descrizione di Emma".
"Allora... Andiamo...".
"C'è un'altra cosa...", Garret mi ferma, "Potresti trovare... il tuo Chris in centrale".
"Chris?!".
"Quel povero ragazzo mi ha detto che ha provato a contattarti in tutti i modi Jess! Non puoi mica biasimarlo! Gli ho detto che oggi saresti venuta in centrale con me".
"E chi ti ha detto che lo avrei fatto?".
"Si tratta di Emma, ne ero sicuro".
Non posso biasimarlo, in fondo è la verità. Non aggiungo altro, esco di casa raggiungendo la sua auto.

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