Capitolo 18-Jess

359 32 19
                                    

Qui all'università i corsi sono quasi finiti, oggi ho avuto gli ultimi esami e arrivederci a settembre alla New York University. Ne approfitterò per avere più tempo da dedicare ai miei pazienti. Faccio uno chignon veloce, fa caldo e per essere giugno il tempo non scherza mica. Mentre cammino per i corridoi verso l'uscita sento la spensieratezza dei ragazzi mentre si organizzano per le vacanze estive, chi torna a casa dalla famiglia, chi resta qui a studiare. Io credo che mi dedicherò al mio studio, nient'altro. Prendo il cellulare, scorro tra i messaggi di WhatsApp, gli ultimi con Chris risalgono a quasi due settimane fa. Non ho fatto altro che controllare quando fosse online o disconnesso e, ogni volta, il desiderio di scrivergli ha sempre preso il sopravvento su di me. Così come la rabbia, la rabbia che lui non abbia fatto mai niente per me in tutti questi giorni. Vorrei raggiungerlo, ovunque sia, e chiedergli perché, perché ha rovinato tutto. O, forse, perché lo abbiamo fatto insieme. Dio, quanto mi manca. Il profumo della sua pelle, poggiare la mia faccia sul suo petto e perdermi ore e ore a guardarlo. Era il mio passatempo preferito, semplicemente perché stavo bene con Chris. Era diventato tutto per me, la mia quotidianità. E ancora mi chiedo che cosa è stato, quello che abbiamo passato nei mesi scorsi che cosa ha significato? Per arrivare fino a qui dove siamo diventati solamente due estranei. E non avrei mai immaginato avrebbe fatto così male. Vorrei solo capire perché non mi stancherò mai di chiedergli perché, potrei pensare che tutto questo fa parte del mio lavoro. E' come se sentissi di aver fallito con lui e, quindi, di aver fallito anche io. Ma c'è di più. Credo di amarlo. E credo di non aver amato mai nessun altro così, con questa intensità che distrugge e risana allo stesso tempo. 
Mentre cammino per i corridoi dell'Università noto in lontananza Adèle, da quello che so si è integrata molto bene qui a Greenwich negli ultimi mesi. Ma era da un po' che non la vedevo, forse ha finito la sessione di esami molto prima di me. Non appena mi avvicino noto che è al telefono, attendo qualche minuto fino a quando riattacca e mi rendo conto che sta piangendo. Non appena mi vede avvicinarmi piange ancora più forte.
"Tutto bene? Che succede?".
Adèle non riesce a parlare, cerca qualcosa nella borsa per qualche secondo fino a quando non tira fuori un fazzoletto per asciugarsi il viso. "No...", si arrende sedendosi su una panca proprio vicino a noi, "Niente va bene ormai...".
La seguo sedendomi anche io, "Se posso aiutarti...".
"Una mia amica... Se non avessi insistito per farla venire qui... Non sarebbe finita così Jess...". Continua a parlare singhiozzando, le frasi che dice sono spezzate. "È scomparsa da settimane ormai... Sembra che la terra l'abbia inghiottita nel nulla".
"Come è successo? Non capisco...".
"Era uscita una sera con le sue amiche, era andata al Bleecker, dicono che è un locale rinomato qui a Greenwich. Le sue amiche erano fatte ma non ricordano quando Simone sia scomparsa. L'ultima volta che l'hanno vista era andata al bagno, dicono che non si sentiva bene. Poi, il buio più totale".
Simone... Questo nome non mi è nuovo. Dove l'ho sentito? È un attimo... Tutto mi torna in mente. "Simone Bernard... È vero?". Ricordo ancora il notiziario di qualche settimana fa.
Adèle annuisce, la sua amica è la quinta ragazza scomparsa qui a Greenwich. Sembra sconvolta, ha gli occhi molto gonfi e credo che pianga da molto. "È tutta colpa mia...". Continua a scuotere la testa con il senso di colpa che le si legge in viso.
"Non potevi sapere che cosa sarebbe successo. Non è colpa tua Adèle, fidati di me".
"Mi aveva pregata di tornare a Parigi per le vacanze estive ma io le ho detto che avevo qui gli ultimi esami e allora... Mi ha raggiunta lei. Se le avessi dato ascolto e fossi tornata prima...".
"Ascoltami, se tutti potessimo sapere le cose che ci capiteranno in futuro sarebbe tutto più semplice. Sono sicura che la polizia farà di tutto per ritrovarla, abbi fede".
"Questo posto... È maledetto". Leggo il terrore nei suoi occhi, mi guarda con così tanta paura che per un attimo mi sento terrorizzata anch'io. Ha detto che questo posto è maledetto, che vuole dire?. "Ho letto quello che è successo qui vent'anni fa. Delle ragazze sono scomparse e non sono mai state ritrovate. Hanno archiviato i casi senza nemmeno provare a capirci qualcosa... E adesso di nuovo, sta accadendo tutto di nuovo! Ma perché Simone? Perché lei?".
"Adèle, hai bisogno di calmarti...".
"No... Devo andare adesso... Sua madre... Credo sia arrivata adesso all'aeroporto...".
"Sei sicura che non vuoi che ti accompagni?".
"No, sto bene". Asciuga gli occhi, il mascara le riga il viso e, nonostante i suoi tentativi, non va via. Sembra distrutta e, mentre se ne va, le sue parole rimbombano nella mia testa.
Questo posto è maledetto.

OLTRE OGNI COSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora