Capitolo 50-Jess

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"Non credi che dovresti andare più in fretta?".
"Sì, così invece di andare alla stazione di polizia finiamo in ospedale", Eric dà un'occhiataccia a Mia dallo specchietto retrovisore mentre cambia marcia.
"Capirai... A quest'ora Chris sarà dietro le sbarre per aver picchiato un poliziotto".
"Quando la smetterai di essere così pesante?", sbotta Emma infastidita da Mia che da quando siamo saliti in macchina non fa altro che sparare giudizi su tutti, "Non ti basta quello che hai detto a Chris, non è vero?".
"Non sono stata io a raccontare al mio fidanzatino quello che è successo tra Jess e Garret, o mi sbaglio Em?".
Emma resta a guardarla in silenzio, si gira di nuovo sul suo sedile passeggero dando nuovamente le spalle a Mia, Ben e me che siamo seduti dietro.
"Beh... Il tuo silenzio è già una risposta. Non credo di essere l'unica qui ad avere la lingua lunga".
"Quando la finirete tutti di parlare...", dico quasi sussurrando. Non ho nemmeno la forza di parlare, mi mancano le forze.
"La colpa è sempre mia, in un modo o nell'altro ho la nomina della guastafeste della situazione. Certo, ti conviene così, per fare sempre la figura della santarellina", Mia continua a sparare frecciatine su Emma.
"Non hai mai un freno, dannazione!".
"Sta attenta a come parli Emma, finirai per fare peccato e sappiamo tutti che non fa per te!".
Emma non ribatte più ma è chiaro che è fin troppo nervosa, non sta ferma al suo posto. Continua a cercare qualcosa nel cruscotto per poi richiuderlo con fin troppa enfasi.
"È sempre la solita storia, io il diavolo lei la santa...".
"Basta!", urlo, "Vi prego, basta!".
"Jess...", Ben incrocia le sue dita alle mie, "Mantieni la calma, ti prego".
"Voglio solo andare da Chris".
"Ci siamo quasi tesoro, sta tranquilla", cerca di rassicurarmi ma non ci riesce nel suo intento.
Ho il batticuore, sento che succederà qualcosa di brutto. "L'unica cosa che mi resta da sperare è che mio fratello non sia di turno stasera".
"Siamo arrivati", Eric accosta proprio di fronte l'ingresso della stazione di polizia.
Non appena scendo dall'auto vedo la mia parcheggiata pochi metri lì in fondo. Questo vuol dire che Chris è già qui, come immaginavo. Corro dentro ma vengo fermata da una strana calma. Non c'è anima viva qui stasera se non fosse per i poliziotti che ci sono alla reception.
"Posso aiutarti in qualcosa?", si rivolge a me l'agente dietro il bancone.
"Sto cercando... Mio fratello, Garret".
"Oh... Devi essere Jessye! Ecco, lui sta arrivando... È andato a dare una controllata in un locale qui vicino ma dovrebbe essere di ritorno...".
"Ti dispiace se lo aspetto nel suo ufficio?".
"Purtroppo devo chiederti di aspettarlo qui perché c'è già qualcuno nel suo ufficio".
Starà parlando di Chris? Sono sicura che si tratta proprio di lui. Il mio nervosismo aumenta ma non voglio renderlo evidente. "Kate...", leggo il suo nome nella piccola targhetta sulla tasca della sua divisa, "Posso chiederti se questo qualcuno che è nell'ufficio di mio fratello è un ragazzo di nome Chris?".
"Sì! È proprio il tipo di cui ti ho appena parlato...".
Mi precipito in fondo al corridoio e, non appena arrivo, vedo Chris in piedi fare avanti ed indietro dentro l'ufficio di Garret.
"Mi dici che vuoi fare?!".
"Che ci fai tu qui? Va a casa Jess", nemmeno mi guarda. Sembra piuttosto nervoso, proprio quello che non avrei voluto.
"Chris, non voglio ripeterlo ancora. Andiamo!".
"Che cosa credevi?! Di non dirmelo?!", Chris viene verso di me con gli occhi sbarrati. È irriconoscibile, l'ira che si sta prendendo gioco di lui lo rende tale.
"Riesco benissimo a badare a me stessa! Non è successo niente ieri sera, niente che io non possa gestire. Devi solo... fidarti di me".
"Qualcuno che ti da della puttana è qualcuno che riesci a gestire?!".
"Stai parlando di mio fratello e...".
"Non me ne frega un cazzo se quell'idiota è tuo fratello Jess! Iniziano tutti con quelle parole di merda". Mi guarda ad occhi spalancati, completamente irradiato dalla rabbia. 
"Non so che sta succedendo qui ma devo chiedervi di uscire". È l'agente Kate che sta a fissarci sulla soglia della porta, non so da quanto tempo sia lì e se abbia ascoltato tutto.
Mi giro verso Chris che non la smette di guardarmi, come sospeso nei suoi pensieri.
"Ti prego, andiamo via da qui. Torniamo a casa", quasi lo prego ma non proferisce parola. "Chris!".
Dopo qualche secondo interminabile di cui riesco quasi a sentire il ticchettio, Chris esce dall'ufficio di Garret senza nemmeno degnarmi di una parola.
Lo raggiungo fuori dove ci sono ancora Ben, Eric, Mia ed Emma ma è in quel momento che arriva una volante e si ferma proprio davanti a noi. Scendono da lì due agenti, uno di essi è Garret. Ha una birra in mano mentre continua a ridere con il suo collega. Avrei voluto andarmene prima da qui per non incrociarlo, pensavo di riuscire a non incontrarlo. "Che succede qui?!", si ferma non appena si rende conto della nostra presenza. "A che cosa devo questa riunione? Mi sono perso qualcosa?". Garret ci guarda uno ad uno, è evidentemente sorpreso.
Chris fa qualche passo verso di lui ma Eric gli va incontro giusto in tempo. Io resto immobile, proprio due passi dietro di loro. "È un poliziotto, non farlo", riesco a sentire bene quello che Eric  dice a Chris che, in tutta risposta, inizia a stringere le dita delle mani in due pugni.
"Che succede qui Jess? Il tuo... ragazzo ha qualcosa da dirmi?", Garret si avvicina a lui lentamente mentre aspetta una risposta da Chris.
"No, venire qui è stato un errore...". Raggiungo Chris ma mi ferma l'immagine di lui mentre guarda in direzione di Garret con lo sguardo completamente perso nel vuoto. "Credo sia ora di andare", cerco aiuto da Eric che non impiega molto a capire di dovermi dare una mano. Afferra Chris per un braccio, all'inizio sembra opporre resistenza ma, alla fine, cede iniziando a seguirci  verso la mia auto.
"Non dirmi che tutta questa sceneggiata è per ieri sera", riprende Garret.
"Ti sbagli...", cerco di accelerare il passo, "Adesso dobbiamo proprio andare".
"Occupati di quella questione, ci vediamo dentro agente Monroe", Garret fa un cenno con il capo al suo compagno che, ai suoi ordini, entra dentro la stazione di polizia. "Non c'è niente da lasciar perdere qui sorellina, vieni qui e spiegami cos'è questa farsa".
"Ti ho già detto che ti sbagli e che... venire qui è stato un errore".
"Perché? Sentiamo... Il tuo ragazzo...", alza il tono della voce di proposito guardando le mie spalle in direzione di Chris, "Non accetta che il tuo fratellino ti metta in riga?". Sorride tirando giù l'ennesimo sorso dalla sua lattina di birra.
Ed ecco che succede l' inevitabile, quello che temevo sarebbe accaduto fin dal primo momento. Chris gli tira in faccia un pugno, portando Garret quasi a piegarsi in due sputando il sorso di birra che aveva ancora in bocca, adesso misto a sangue. Passa il torso della mano sulla sua faccia provando ad asciugarsi mentre guarda Chris sorridendo, compiaciuto.
Mi metto tra loro dando le spalle a Garret e concentrandomi solo su Chris che adesso sembra in trance.
"Non hai giocato in casa amico, venire qui di tua spontanea volontà e colpirmi... Forse hai deciso di metterti nei guai stasera, non avevi niente di meglio da fare non è vero?".
"Andiamo a casa", cerco di trascinare Chris ma sembra con le gambe piantate sull'asfalto.
"Che c'è? Hai forse perso la lingua?", Garret va contro di lui finendo faccia a faccia.
"Lascialo stare!", cerco di mettermi tra di loro ma i miei amici mi tirano indietro.
"Prova a parlarle di nuovo in quel modo e... Non sai che cosa sono in grado di fare". Chris sembra parlare lentamente scandendo una per una ogni singola parola.
"Cosa? Uccidermi?!", ecco Garret colpirlo nel suo punto più debole.
"Sì", Chris annuisce andandogli ancora più vicino.
"Fallo!", Garret apre le braccia provocandolo, "Ti sto aspettando!".
"Credi che uno come te può fottermi?".
"L'hai già fatto da solo Christopher Lewis. Quando ti beccherai una denuncia per aggressione ad un pubblico ufficiale non ci metteranno troppo a sbatterti dentro ma immagino che tu... ci sia già abituato a stare dietro le sbarre no?".
"Fallo", Chris fa un passo indietro mentre allunga le braccia e mette un polso sull'altro, "Arrestami".
Garret prende il suo walkie talkie ma Chris lo anticipa dandogli un calcio dritto sullo stomaco, "Sei un figlio di puttana!".
"Chris!", Eric va contro di lui facendolo indietreggiare.
Corriamo verso le nostre auto ma le parole di mio fratello mi fermano. "Preparati sorellina, non credo che rivedrai presto il tuo ragazzo". Garret resta piegato in due sulle ginocchia, ammetto che non mi dispiace affatto vederlo in questo stato.
"Jess! Che fai!", Mia cerca di fermarmi mentre torno indietro.
"Non lo denuncerai Garret, stanne certo".
Lui ride con il sangue tra i denti.
Mi piego su un ginocchio trovandomi a pochi centimetri da lui. "Che cosa credi che penserebbero lì dentro se facessi un reclamo su di te? Insomma... Un poliziotto che va in giro a dare fastidio piuttosto di fare il suo lavoro non è qualcosa di cui andare orgogliosi, non credi?".
"Di che parli... Non sai nemmeno quello che dici".
"Immagina il capo della polizia fare bullismo nei confronti di un normale cittadino solo perché omosessuale. Che esempio darebbe? Bere negli orari di lavoro... Dare della puttana alla propria sorella in un luogo pubblico con dei testimoni pronti a provarlo...".
Cala il silenzio, nessuno dice parola. Garret continua a guardami quasi mortificato.
"Dove andrebbero a finire la tua fama... La tua onorabilità se entrassi in quella cazzo di stazione di polizia e fossi io a denunciarti? Eh fratellino?".
"Sei solo una...".
"Cosa?".
Garret tace, non dice altro. Restiamo lì a fissarci fino a quando Emma e Mia mi raggiungono tirandomi su, "Andiamo!".
"Ha sempre avuto ragione la mamma sul tuo conto!", urla Garret.
Mi fermo e, prima di salire in macchina, mi giro verso di lui avendo per l'ennesima volta la conferma di avere un mostro come fratello. "Ed io sul tuo".

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