Capitolo 46-Jess

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Se mi soffermo per un po' ad osservare i lunghi corridoi bianchi davanti a me mi sembra quasi di impazzire. Un'odore strano, di alcool mischiato a qualcos'altro, si insinua nelle mie narici dandomi fastidio. Vedo come delle sagome che vagano attorno a me ma non mi soffermo molto a guardarle anche se, per un attimo, mi sento come i pazienti della clinica di Williams: appesa ad un filo, al confine con la pazzia. Ho sempre saputo che l'ipnosi regressiva avrebbe potuto destabilizzarmi così come adesso, è come se fossi entrata in un universo parallelo ed è come se mi ci sentissi dentro anche ora che è tutto finito. La mia mente è come se vagasse sconnessa. Come si fa, quello che mi chiedo è come si fa a non avere il controllo di se stessi, dei propri ricordi, a non avere la capacità di pensare a quello che è successo nel nostro passato. L'unica cosa che so è che finalmente ho la risposta ai miei incubi. Ho trascorso per vent'anni a chiedermi perché, il perché di quei sogni strani, di quegli incubi che mi destabilizzavano al punto tale da togliermi il fiato e da non farmi avere più voglia nemmeno di dormire. Adesso so che io ero lì, quella notte io ero lì. Ma perché? Perché una bambina di nove anni si trovava all'interno di un locale dove, solitamente, vanno gli adulti? Che ci facevi lì Jess? Avevo cancellato questo ricordo dalla mia mente, è quello che solitamente fa il cervello quando vuole cancellare volontariamente qualcosa di terribile. Resettare, come premere un tasto ed eliminare tutto. È come una sorta di difesa che avviene senza nemmeno che tu te ne renda conto. Ed è quello che è successo a me, proprio a me, un'insegnante ed una psicologa che è a che fare con questo genere di cose ogni santo giorno.
Riesco a sentire fin da qui la discussione accesa provenire dall'ufficio di Williams tra lui e Dan. La segretaria seduta dietro la sua scrivania proprio accanto la porta non fa altro che guardarmi e sorridere, evidentemente a disagio per tutto questo. Più di un quarto d'ora fa quei due mi hanno chiesto di aspettare fuori, dovevano definire alcune cose ma io so che è per via di Dan e della sua intromissione durante la mia seduta di ipnosi. Poi, di colpo, la porta si apre ed escono entrambi. Sembra esserci della tensione nell'aria, è evidente. Mi alzo e cerco di far finta di nulla anche se non posso negare che quello che ha detto Williams è vero, non posso dargli torto e Dan dovrebbe saperlo bene. Avrebbe potuto mettermi in pericolo con quello che ha fatto e avrebbe potuto far rischiare grosso a Williams.
"Jessye, tra qualche giorno ci risentiremo ma credo che per oggi tu ne abbia avuto abbastanza. Sono sicuro che arriveremo a fondo di questa storia. Per adesso, riprenditi". Williams si gira verso Dan e lo saluta con un cenno del capo, ma è chiaro che è molto irrigidito per quello che è successo lì dentro.
Quando chiude la porta del suo studio Dan si avvicina a me indicandomi l'uscita.
"È... tutto okay?".
"L'ho fatta grossa Jess".
"Beh... Eri preoccupato...".
"Non farlo", sbotta, "Non avrei mai dovuto metterti in pericolo! La sua era l'unica voce che avresti dovuto sentire per tutta la seduta e fino alla fine".
"Dan... Non devi colpevolizzarti".
"Cazzo Jess! Avrei potuto confonderti e... poteva succedere il peggio".
"Ma non è successo!".
"Ma sarebbe potuto succedere!", dice ogni singola parola quasi a rallentatore come se volesse sottolinearmi il peso di ognuna di essa. 
Provo a tranquillizzarlo avvicinandomi a lui ma quasi mi respinge d'istinto.
Siamo fuori la clinica, Dan toglie l'allarme dalla sua auto ma quando arriva alla portiera si ferma. Resta di spalle per un po', poi tira un respiro profondo come se volesse autocontrollarsi. "Mi dispiace... Avrei dovuto proteggerti ma ho sbagliato i modi e soprattutto i tempi. Questa volta non me lo perdonerò proprio Jess".
"Quello che conta è quello che ho scoperto, non capisci?".
"John mi ha proibito di assistere alle altre eventuali sedute che farete".
"Oh...", per un attimo resto scossa tanto quanto lui, "Okay". Non so cos'altro dirgli, è evidente che è molto dispiaciuto di questa cosa, forse quasi umiliato.
"Sarà meglio così... Con te sono fin troppo coinvolto ma... Ricorda che sarò sempre qui ad aiutarti Jess".
L'unica cosa che mi viene da fare adesso è abbracciarlo. "Dan...".
"La sua segretaria ti manderà un messaggio per il prossimo appuntamento", fa un passo indietro come se avesse capito le mie intenzioni.
"Sai che non è colpa tua vero? Volevi solo aiutarmi".
"E tu sai che non avrei mai dovuto farlo vero? Metterti in pericolo...", scuote la testa, "Devo andare...".
"Promettimi che starai bene".
Dan annuisce ma sale sulla sua auto senza più aggiungere una parola. Mi dispiace vederlo andar via così, mi sento quasi in colpa per tutto questo.
Vibra il cellulare nella borsa. È un messaggio da... Amore?! Rido mentre lo apro. È Chris e mi ha appena inviato una posizione su whatsapp.

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