Capitolo 66-Jess

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Sembra esserci una situazione stabile negli ultimi due mesi. Il killer del 2000, soprannominato così vista la somiglianza con i fatti di vent'anni fa, sembra essersi preso una pausa. La cittadina può prendersi un attimo di tranquillità ma senza mai abbassare la guardia.
Spengo la tv e bevo il mio cappuccino caldo appena fatto. Mi rilasso mentre guardo gli addobbi che ho finito ieri sera con i ragazzi, Emma ci teneva così tanto... E devo ammettere che io sono sempre stata come lei, entusiasta da questa festa meravigliosa che invade tutto il paese ma quest'anno non ne ho proprio voglia. Le ultime cose che sono successe e quello che succede in città... Diciamo che non mi mettono nelle buone condizioni di festeggiare Halloween.
Suonano alla porta, il che mi fa strano visto che sono ancora le otto del mattino. Vado ad aprire ma non vedo nessuno, dei passanti dall'altro lato della strada e qualche macchina che va e viene. Ho capito, avranno iniziato già da ora a fare i soliti scherzi, peccato che Halloween è domani. Chiudo la porta e torno dentro. Ho bisogno di fare una doccia e andare da Chris, non mi piace affatto quello che mi ha detto l'ultima volta che abbiamo parlato di sua madre e il fatto che vorrebbe arrendersi. Non può farlo a adesso, non a questo punto. Non so se mi manderà ancora al diavolo ma vorrei dirgli di non mollare la presa e di continuare a sforzarsi, un po' come ho fatto io per arrivare alla mia verità. Sto per salire le scale quando suonano di nuovo alla porta ma non appena vado ad aprire non c'è nessuno, di nuovo. Esco fuori guardandomi attorno ma niente, qui non c'è proprio nessuno. Non so perché ma un brivido percorre la mia schiena. Quando rientro chiudo a chiave, di solito non lo faccio ma oggi sento di dover fare così. Non appena salgo al piano di sopra e arrivo in bagno, apro il getto dell'acqua calda ed entro dentro e l'unica cosa che riesco a pensare è Chris e l'ultima volta che siamo stati insieme qui dentro. Sento la pelle d'oca mentre l'acqua scorre su di me, inizio ad insaponarmi e, mentre passo la spugna su di me, immagino che sia lui a toccare ogni mia parte, le mie braccia, i miei fianchi, le mie cosce. E' così inspiegabile l'effetto che mi fa nonostante lo stia solo immaginando. Lo voglio, con ogni centimetro del mio corpo e adesso. Vorrei che fosse qui con me e vorrei farlo ancora, vorrei che mi facesse sua. Chiudo il getto dell'acqua perché credo di aver sentito suonare alla porta. Esco dalla doccia e metto l'accappatoio, scendo le scale e stavolta vedo un'ombra dietro la porta.
"Dannazione! E' la terza volta! Si può sapere chi diavolo...", ma non appena apro resto quasi di stucco. "Mamma?!".
"Vedo che non sei felice di vedermi", dice con fin troppa ironia.
"No... E' solo che...", guardo ancora un po' fuori alle sue spalle, "Niente. Vieni, entra...".
"Mi dispiace averti disturbata ma... Passavo di qui e ho detto al mio autista di fermarsi".
"Il tuo... autista?!".
"Sì, da quando ho avuto l'infarto tuo fratello non vuole che guidi e lui è sempre a lavoro quindi...".
"Quindi hai deciso bene di spendere i soldi di mio padre così...".
"Jess...".
"No, mamma, figurati", le passo una tazza di caffè, "Non è nelle mie intenzioni farti i conti in tasca".
"Tu non pensi che dovremmo darci una tregua?".
"Per cosa?".
"Oh andiamo... Abbiamo trascorso una vita intera a discutere piuttosto che volerci bene".
"Beh, non è colpa mia se Garret è stato sempre il tuo preferito...".
"Jess! Davvero?!".
"Non voglio parlare davvero di questo mamma ma non puoi rimproverarmi di aver sempre discusso perché sai benissimo che non è mai dipeso da me, nemmeno quando papà era vivo".
"Okay", mia madre fa un respiro profondo come se volesse caricarsi prima di parlare di nuovo. La guardo, sembra avere più rughe di prima ma è bellissima e sopra di sé come sempre. "Devo ammettere che ero un po' gelosa di te".
"Gelosa di me?!".
"Tuo padre aveva occhi per la sua piccola Jess, solo per te, e non puoi negare che trattava sempre male Garret...".
"Anche quando eravamo dei bambini?! Tu credi davvero che papà avrebbe fatto delle differenze tra noi due? Lui ci voleva bene ad entrambi! Eravate tu e Garret ad essere convinti del contrario!".
"Tregua, ti prego....".
Non so se continuare questa guerra invano come ho fatto per tutta la mia vita o deporre le armi per la prima volta. "Okay, tregua".
"Sono venuta solo... per vedere come sta mia figlia".
"Potrebbe andare meglio ma... bene, sto bene".
"Quella donna... Come ha potuto farlo? Ti rendi conto Jess? Potresti non essere qui adesso...".
"Già...". Mi fermo e noto che delle lacrime scorrono sul suo viso. Lei le asciuga velocemente come se avesse paura che io me ne accorga. "Che ti prende?".
"Niente... E' solo che... Quello che è successo a me e poi tu... e l'incidente... Ho temuto il peggio negli ultimi mesi. Vorrei solo... ricominciare".
Vorrei gridarle in faccia che sì, è troppo tardi e che è facile venire qui a farmi la ramanzina dopo tutto questo tempo ma decido di restare in silenzio. Forse non ho più nemmeno le forze per dirle che avrebbe dovuto pensarci un po' prima piuttosto che venire qui adesso a pretendere di ricominciare.
"Quel tipo... Chris si chiama non è vero?".
"Sì...".
"E' davvero un bravo ragazzo".
"Amanda Smith che dice di un ragazzo come Chris che è un bravo ragazzo... Oggi ti sei svegliata proprio di buon umore mamma...".
"Non è l'apparenza a definire una persona, né i tatuaggi né altro".
"Beh, considerando che volevi che uscissi per sempre con Dan, che è l'emblema del perfetto ragazzo, quello che hai appena detto stona un po'...".
"Lo so... Ho sempre avuto altre idee ma arrivi ad un certo punto della vita dove capisci che ci sono valori più importanti che contano. E l'amore che quel ragazzo prova per te va oltre tutto questo".
"Grazie, mamma".
Restiamo così, a guardarci per un po' senza più nulla da dirci. Credo che non abbiamo mai passato più dieci minuti senza discutere come sta accadendo proprio adesso.
"Che farete domani? Immagino che Emma abbia già organizzato tutto... Ho visto gli addobbi fuori...", la sua espressione mi ricorda che non ha mai amato questa festa. Era l'unica del quartiere a non aprire ai bambini che bussavano alla porta per fare dolcetto o scherzetto. Poi, al rientro dal lavoro, era mio padre che trascorreva tutta la serata a riempire i secchi dei bambini pieni di dolci. E quando andavo in giro con i genitori di Emma e Mia per scegliere i nostri travestimenti ricordo la sua faccia di disapprovazione quando tornavo a casa.
"Sì... Andremo ad una festa, ancora non so i dettagli...".
"Jess... Ecco... Sta attenta domani, questa festa ogni anno sta diventando sempre più spaventosa e con tutte quelle ragazze scomparse non credo sia il caso di...".
"Non preoccuparti mamma, so badare a me stessa", guardo l'orologio, "Sì è fatto tardi...".
"Hai qualche paziente?".
"Non sono ancora tornata a lavoro... Mi prenderò qualche giorno in più".
"Fai bene", si alza andando verso la porta, "Ti lascio alle tue cose".
Non appena siamo fuori fa cenno al suo autista che si avvicina proprio alle scale davanti casa mia, "Jess... Sta solo attenta domani okay?". E se ne va così, con una strana faccia preoccupata che non ricordo di averle mai visto.
Non appena sale sull'auto mi viene di guardarmi ancora intorno prima di rientrare in casa ed un altro brivido percorre la mia schiena.

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