Capitolo 48-Jess

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Resto. Non posso far altro che pensare a quello che mi ha detto Chris ieri notte. Per la prima volta sento come se tutto fosse diverso tra noi, come se finalmente avessimo raggiunto la nostra stabilità. Lui si fida di me. Ho lottato così tanto per tutto questo, continuo a ripetermi: andiamo Jess, ce l'hai fatta! Lui adesso parla con te, riesce ad aprirsi con te. Se penso e ripenso a tutto quello che ho dovuto passare per arrivare fino a qui mi sembra quasi impossibile. Giorni e giorni lontani, con l'agonia che mi divorava ogni volta che mi rendevo conto che lui era scappato via lontano da me, ancora, e con quelle mille domande che mi tormentavano: che cosa non andava in me? Perché lui ha deciso di andare via? Non sono abbastanza? Che fottuto errore, quello di pensare di non essere abbastanza. Lo si è, lo si deve essere ma per se stessi. Potremmo lasciare che qualcuno di importante per noi possa contribuire a renderci migliori, in un modo o nell'altro, ma, alla fine, siamo noi e solamente noi a far sì che siamo esattamente così come siamo. Il merito è nostro, solamente nostro. Noi donne dovremmo ogni giorno fermarci davanti al riflesso del nostro specchio e ripeterci che sì, siamo abbastanza. Solo così potremmo esserlo davvero anche per gli altri ma le prime a convincere di tutto questo dovremmo essere noi stesse. Quando impariamo ad apprezzarci, a guardarci con quell'occhio di consapevolezza, sì che può cambiare tutto e anche il nostro rapporto con il mondo fuori. Chris mi ha stravolto la vita, mi ha aiutata a rinascere proprio quando ne avevo più bisogno e adesso ho tutte le armi necessarie per combattere contro i mostri del mio passato, del nostro passato. Ho raggiunto la piena consapevolezza di me stessa, del mio corpo, di tutto quello di cui sono capace. E tutto questo grazie all'unica persona che ha fatto sì che io potessi guardarmi per quella che sono davvero. Senza più sfaccettature, senza più segreti, senza più tabù. Che buffo, direi quasi ironico... La mia vita è in qualche mondo legata a quella del cattivo ragazzo che mi ha fatto terribilmente perdere la testa. Il controllo, cos'è il controllo? Come se ci fossero dei limiti oltre i quali sai di non poter andare ma finisci per superarli, E ti piace, ti piace così tanto che perdi la ragione. E' questa la sensazione che ho ogni volta che ho Chris di fronte a me. Adrenalina allo stato puro, tanto da attraversarmi fino all'anima. Una sensazione così forte che non posso controllare, però quasi da arrendermi di proposito perché quel piacere è appagante. Riesco a sentirlo anche adesso in ogni centimetro del mio corpo, come delle piccole scosse che mi fanno trasalire incontrollabili. E' questo l'effetto che mi fa, fin dal primo giorno. Lui è la mia droga, la mia dipendenza. 
"La rettrice può riceverla", la segretaria mi fa cenno di accomodarmi nello studio della rettrice Reynold. Non appena entro è di spalle impegnata impegnata in una conversazione al telefono. "Può accomodarsi, sarà subito da lei". La segretaria mi sorride ed esce chiudendo la porta alle sue spalle. 
"Lo so, lo so! E' una situazione terribile! Cosa diremo ai nostri ragazzi? Che una delle loro insegnanti ha rinunciato per questo?! Non credo di poterla gestire... No! Convocherò una riunione al più presto. Sì... Ti tengo aggiornato", riaggancia poggiando scocciata il suo cellulare sulla scrivania e, mentre si siede sulla poltrona, mi guarda sorridendomi ma in quel sorriso noto dell'amaro. 
"Che succede Donna?".
"Che bello vederti Jess, posso farti portare qualcosa dalla mia segretaria? Un tè? Uno whisky  forse?".
"No, sto bene".
La rettrice poggia le spalle sulla poltrona esausta e fa un sospiro quasi disperato mentre continua a scuotere la testa fissando il vuoto davanti a sé. "Una nostra insegnante, la migliore degli ultimi tempi, ha rinunciato e... Adesso siamo a corto di personale, non è la prima a farlo".
"Cosa? Perché?".
"Quello che sta succedendo qui, la scomparsa di quelle ragazze... Sta creando un panico generale incontrollabile. Adèle Dubois... Se n'è andata senza preavviso e adesso sono alla ricerca di un'insegnante di francese visto che le lezioni riprenderanno tra qualche giorno".
"Non posso crederci...", credo che i miei pensieri abbiano parlato a bassa voce. 
"Cosa?".
"La conoscevo... Mi ha raccontato della scomparsa della sua amica...", mi sforzo di pensare, "Simone Bernard, è scomparsa qui tempo fa...".
"E lei ha avuto un crollo dal quale non si è più ripresa quindi ha ben deciso di tornarsene a Parigi".
"Oh... Mi dispiace così tanto, io... non lo sapevo".
"Già... Ad ogni modo", tira fuori un'agenda da un piccolo cassetto, "Parliamo di questo progetto fantastico così ne approfitto anche per distrarmi. Allora, ti sei messa d'accordo con Daniel?".
"Sì...", e invece no, per niente. Con tutta la questione dell'ipnosi, la seduta con Williams e tutto quello che è successo con Chris ho completamente dimenticato di organizzare il progetto. E la cosa peggiore è che in questo momento dovrebbe essere ben definito visto che a breve inizierà il nuovo semestre. 
Bussano alla porta, "Sì?".
"Rettrice, il dottor Evans è qui".
"Lo stavamo aspettando... Fallo entrare".
Dan entra con la sua valigetta in mano guardando l'orologio con aria impaziente. Di solito quando fa così è perché è in ritardo. 
"Tutto bene Daniel?", Donna lo fissa con sguardo interrogativo mentre lui si siede accanto a me facendomi un cenno del capo.
"Sì... Ho un appuntamento tra un'ora al mio studio e me n'ero completamente dimenticato".
"Dimenticato? Il dottor Daniel Evans che dimentica un suo appuntamento? Che c'è? Hai licenziato la tua segretaria?".
Donna ha ragione, è strano che un uomo così perfetto ed ordinato come lui possa aver dimenticato un appuntamento. Lo guardo, non sono abituata a vederlo così, mi fa quasi ridere.
"No, ieri sera ho fatto tardi e...".
"No!", sbotta Donna spalancando la bocca a mo' di sorpresa, "Chi è la fortunata?".  
"Credo che... sia meglio parlare del progetto".
"Voi due non state insieme già da tempo no? E poi... siamo tutti amici, che c'è di male a fare conversazione?", ci fissa passando lo sguardo da me a Dan e viceversa ma finisce per arrendersi. "Okay! Come vuoi! Stavo parlando giusto con Jessye del progetto che dovrete avviare tra qualche giorno. Sono tutta orecchie...". La rettrice inizia a dondolarsi sulla sua poltrona in pelle perfettamente lucidata incrociando le mani sulla pancia in attesa delle nostre formidabili idee riguardanti il progetto. Ecco, è proprio questo il problema: quali idee?!
Dan si gira a fissarmi, sembra in difficoltà tanto quanto me. Ma non possiamo permetterci di fare una tala figura di fronte la rettrice Reynold, ne varrebbe la nostra carriera. Così inizia a dire qualcosa ma finisce per impappinarsi.
"Non so che sta succedendo qui ma credo che...".
"Lezione la mattina, consultorio nel pomeriggio una volta a settimana", la interrompo, "Nozioni teoriche e delle vere e proprie sedute di psicologia. Sarebbe un modo per far capire ai ragazzi che non basta ascoltare ma farsi ascoltare".
Donna mi fissa a lungo, poi inizia ad annuire facendo un mezzo sorriso. "Sapevo di aver fatto la scelta giusta con voi due".
"Beh...", continua Dan mentre mi guarda annuendo, "I giovani oggi hanno bisogno di aprirsi con qualcuno che non sia una figura familiare che li porterebbe a pensare di essere giudicati. Piuttosto un volto estraneo darebbe un giudizio obiettivo ad ogni tipo di problema".
"Sì, mi piace", Donna annuisce soddisfatta. 
Tiro un sospiro di sollievo visto e considerato com'era iniziata questa conversazione. 
"La mia segretaria vi manderà i dettagli, la data di inizio del corso e... tutto il resto", appunta qualcosa sulla sua agenda, "Mandatemi una mail con la vostra disponibilità di orari, capisco che fuori di qui avete due studi da gestire. Per il resto, ci teniamo in contatto". La rettrice si alza porgendoci la mano. 
Non appena siamo fuori anche Dan tira un sospiro di sollievo. "Come hai fatto? Come fai a gestire sempre tutto e... nonostante tutto?!", mi guarda sorpreso.
"Tra le sedute con Williams e tutto il resto...", sto parlando di Chris ma credo che Dan se ne sia accorto benissimo, "Non abbiamo avuto nemmeno il tempo di parlare di questo progetto. Non è colpa tua Dan. Solo che... abbiamo fatto un casino". Ridiamo all'unisono.
"Nemmeno tua se è per questo, diciamo che... al momento siamo un po' incasinati".
"Sicuro di star bene?". 
Dan devia lo sguardo, ogni volta che fa così è perché vuole nascondermi qualcosa. In tutti questi anni ho imparato a conoscerlo bene.
"Ho conosciuta una donna", dice queste quattro parole così velocemente come se quasi se ne vergognasse.
"E'... fantastico!", è una notizia d'impatto per me. Per un attimo mi chiedo se sia davvero vero che Dan si sia concentrato su qualcuno che non sono io.
"L'ho conosciuta due sere fa... Mi piace davvero Jess".
"Sono davvero felice per te", e lo sono davvero. Mi sento sollevata per lui, finalmente.
"Dio... Non so come andrà ma lo sono anch'io... felice". Lo guardo a lungo, per un attimo non sembra più il Dan che conosco io. Quello tutto d'un pezzo, serio, altezzoso. Adesso ha quasi l'aria da ragazzino innamorato che arriva tardi a lavoro, tutto il contrario di quello che è sempre stato. Questa nuova parte di lui mi piace. "Bene, allora...".
"Mandami un messaggio con i tuoi turni, li unirò ai miei e li manderò alla rettrice".
"Okay...", Dan si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia, "Ciao Jess". Devo proprio ammettere che in quel gesto non ci vedo nulla di malizioso, ma piuttosto quasi di fraterno. E, per la prima volta dopo così tanto tempo, mi sento felice anche io. Piuttosto, direi sollevata.

"Forse è ora di cambiare locale", Ben si guarda attorno simulando un brivido. "Pensare che una volta qui sono scomparse tutte quelle ragazze...".
"Andiamo Benny, il nostro è un rito... Non possiamo infrangerlo solo perché tu te la fai sotto".
Ben imita Mia mentre lei tira su un sorso dalla cannuccia del suo mojito snobbandolo. "Andiamo! Abbiamo trascorso le migliori serate qui! Non lasciarti irrigidire da tutte quelle storie... Tanto questo posto è diventato pericoloso a prescindere dal fatto che siamo qui o meno". Ha ragione Mia, non potrei darle torto. Con tutto quello che sta succedendo nessun posto qui è sicuro ormai. "Allora! Che c'è di così importante da dirci di mercoledì sera, nell'unico giorno dove qui non si fanno serate?". Mia guarda Emma alzando gli occhi in cielo, evidentemente scocciata.
"E' l'unica cosa che ti importa? Fare le tue serate, come dici tu...".
"Oh andiamo Em... Era una battuta!".
Emma sta per ribattere ma poi si ferma e tira giù il suo drink analcolico rosso tutto in una volta. 
"Sta attenta! Quello può arrivarti alla testa!", Mia scoppia a ridere.
"Quanto ti stancherai di sfottere tutti?", Emma scuote la testa.
"Mai, è l'unica cosa che mi riesce bene...", Mia sembra rattristirsi di colpo.
"Se mettessi un po' più di impegno con i ragazzi e...".
"Bla bla bla... I bei discorsi lasciamoli per te, mia cara santarellina", sbotta mia chiaramente sfottendo Em per l'ennesima volta. 
"Questa domenica farà il compleanno mio padre e...".
"Non mi dire! Jack fa cinquant'anni? Quell'uomo sembra ancora un ragazzino...".
"Pensi di farmi completare o farai la stronza ancora per molto?".
Mia risponde ad Emma alzando le mani in segno di resa. Mi fa ridere ma cerco di trattenermi perché temo che Emma mandi al diavolo anche me. Ricordo benissimo la cotta di Mia per suo  padre fin dalle elementari, organizzavi tutti i pomeriggi a studiare da lei per poterlo vedere ogni giorno.
"Mia madre sta organizzando una festa nella nostra baita in montagna e sarebbe felice di avervi tutti lì. Mio padre ha avuto una promozione a lavoro, la Cosmopolitan sta aprendo vari negozi in giro per gli Stati Uniti e... Mia madre vuole festeggiare anche questa notizia".
"Oh tesoro! E' magnifico... Le tecniche di colore che fate nei vostri saloni sono... sublimi", Ben abbraccia Emma, "Siete i parrucchieri più fenomenali del mondo!".
"E tu ne sai qualcosa no?", Mia indica i capelli rasati e verdi di Ben sghignazzando.
"Che ne dovresti capire tu?", Ben mi guarda in cerca di appoggio. "Questa è la più alta forma di espressione che ho deciso di esibire sulla mia testa qualche giorno fa", dice serio e fiero di sé. 
"Sono fantastici", lo rassicuro e mi giro ad abbracciare Em, questa è una splendida notizia per la sua famiglia. "Ci saremo".
"Bene, vi ospiteremo lì fin dal sabato mattina, mia madre ha già dato disposizioni per sistemare le stanze di quella casa per ospitarvi tutti". 
"Vuoi dirmi che trascorreremo il fine settimana in quel posto?", Mia la guarda a bocca aperta, "Ora sì che parliamo la stessa lingua sorella!".
"Puoi portare Chris", mi dice Emma avvicinandosi al mio orecchio. 
"Davvero?".
"State insieme no?".
"Sì...", sono sorpresa dal comportamento di Emma, fino a poco tempo fa non gli andava proprio a genio. 
"Bene, ma... deve provare solo a ferirti ancora e se la vedrà con me". 
Rido con la mia migliore amica così come non facevamo da tempo. Mi rendo conto che adesso ho proprio tutto quello che voglio, l'amore per me stessa, l'amore dei miei amici, l'amore di Chris. Manca solamente una cosa: la verità su quello che è accaduto nel mio passato e in quello di Chris.
"E' andato da Eric". Le parole di Emma mi fanno restare di stucco. Cosa? Chris mi ha ascoltata ed è andato da lui davvero?!
"La cosa ti sorprende?".
"Io... Non pensavo che lui...".
"Forse mi sono sbagliata sul suo conto. Ma... Credo che tu non l'abbia mai fatto". 
Resto così, a guardare Emma senza dire parola, con la sola consapevolezza che Chris è cambiato sul serio, per me. Per noi.
"E adesso... Un altro giro!", Mia alza la mano attirando l'attenzione del barman e inizia a ballare. Iniziamo tutti a ridere e ad alzarci seguendo le sue mosse. 

Parcheggio l'auto nel vialetto di fronte casa mia. Abbasso il volume della radio, è già mezzanotte passata e a quest'ora durante la settimana questo posto è piuttosto tranquillo.
"Non vorrei sabotare la quiete pubblica". 
Io e Ben scoppiamo a ridere, siamo venuti insieme nella mia auto. Lo facciamo spesso, il bello dell'essere vicini di casa.
"Ehi... Stai bene?".
"Sì... Sto bene".
"Vedo una luce nuova in te Jess. Devo attribuire tutto questo a Chris?", Ben sorride malizioso.
"Diciamo che sento che pian piano si sta mettendo a posto ogni pezzo della mia vita, come se fosse un puzzle. Solo che...".
"Cosa?".
"Non credo di poter trovare pace fino a quando non scoprirò che ci facevo quella notte nello scantinato del vecchio Golden".
"Lo farai amica mia, arriverai anche a quello. Devi solo... Avere pazienza e tutto si risolverà", la faccia di Ben diventa improvvisamente seria. 
"Che ti succede?".
Mi fa un cenno con il capo indicandomi qualcosa lì fuori. "Lo hai invitato tu?".
Mi giro seguendo la traiettoria del suo sguardo e mi rendo conto che c'è una volante della polizia parcheggiata proprio accanto le scale che portano al mio appartamento. Garret è seduto proprio lì mentre tiene una sigaretta in mano.
"Non lo inviterei di giorno, figurati a quest'ora", spengo il motore della macchina e scendiamo. Non appena attraversiamo la strada e mio fratello si accorge della nostra presenza fa un mezzo sorriso.
"E' tardi, una ragazza della tua età dovrebbe già essere a casa".
"Non è da sola, ha già chi è pronto a proteggerla e, in ogni caso, sarebbe perfettamente in grado di farlo da sola", sbotta Ben.
Garret sposta gli occhi da me a lui, diventa serio e si alza. Fa un tiro dalla sua sigaretta, dopo di che lo lancia quasi vicino ai piedi di Ben. Si avvicina e, con un piede, la schiaccia spegnendola. 
"Sta tranquillo, puoi andare", rassicuro Ben.
"Sono proprio qui accanto, per qualsiasi cosa chiamami", mi dice senza staccare gli occhi da quelli di Garret che scuote la testa ridendo mentre lui si allontana.
"Che ci fai qui Garret?".
"Ti ricordo che sono un poliziotto in servizio ancora, quindi...".
"Sai che intendo dire".
"Non ci vediamo da mesi sorellina, non ti sono mancato?", allarga un sorriso fastidioso su tutta la sua faccia. Non so perché ma non mi ha mai ispirato fiducia. 
"Beh, considerando che l'ultima volta hai umiliato il mio migliore amico...".
"Ha coraggio da vendere devo ammetterlo", credo si riferisca alla risposta di Ben di prima.
"Ha ragione, riesco a badare a me stessa da sola. Che c'è? Sei venuto a propormi di nuovo quella storia di venire a vivere da te e mamma?!".
"No, sono sicuro che saprai badare a te stessa. Mi chiedo se riesci a badare a chi ti sta attorno". 
"Dimmi che cosa vuoi una volta per tutte Garret".
Lui diventa improvvisamente serio, inizia a guardarmi dalla testa ai piedi per poi rifermarsi all'altezza del mio seno. "Credo che... Dovresti stare attenta Jess".
Mi copro con la mia giacca d'istinto mentre un brivido percorre la mia schiena. "Cosa...".
"Cosa voglio dirti?". Viene verso di me, siamo a pochi centimetri l'uno dall'altro.
Salgo gli scalini alle mie spalle per allontanarmi il più possibile da lui. Provo sdegno in questo momento, quasi vergogna.
"Ti credi bella no...", ride, "Beh, lo sei e molto devo ammetterlo ma... Vedi, non devi approfittartene di questo, là fuori è molto pericoloso. Dovresti stare a sentire i notiziari".
"Garret... Perché fai così?". Tremo, non riesco a controllarmi. 
Si avvicina così tanto che posso sentire la puzza di fumo uscire dalla sua bocca ad ogni parola. 
Poi, di colpo, fa un passo indietro e mi fissa dritto negli occhi. "Capisci? Capisci quanto possa essere pericoloso andare in giro vestita così?".
"Che diavolo ti importa di come io vado in gira vestita? Eh?! Vattene via di qui!".
"Dovresti imparare ad ascoltare...", alza il tono della voce, sembra fuori di sé. "Dovresti... fare meno la puttana Jess!". Sta per avvicinarsi a me ma, d'istinto, lo spingo. Perde l'equilibrio sulle scale ma riesce a reggersi senza cadere.
"Tutto bene lì? Jess!", Ben apre la porta di casa sua e corre verso di me, "Stai bene? Ho sentito delle urla". 
Non riesco a staccare lo sguardo da Garret mentre mi guarda adesso sorridendo. Annuisce, come se fosse soddisfatto di qualcosa. Poi, si gira e va verso la sua volante. "Il tuo ragazzo...", si ferma restando di spalle, "Qualche tempo fa è venuto da me a parlarmi della notte in cui sparò a suo padre". Si gira aprendo la portiera, "Credo che dovresti dirgli di stare alla larga dal passato, non c'è redenzione per gli assassini".
Scendo un paio di gradini per andargli contro ma Ben mi ferma.
Garret mi saluta con un cenno della mano e sale nella sua auto sparendo pochi secondi dopo.




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