Capitolo 26-Chris

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"Le cose si stanno mettendo bene tra voi negli ultimi tempi... C'è una luce diversa nei tuoi occhi. A me puoi dire tutto, lo sai no? Insomma... Siamo amici da una vita, siamo come fratelli. Non chiuderti, non con me".
"Cos'è tutto questo dramma? Una birra tra amici come fa a finire in tragedia?!".
"Chris... Non puoi ricadere in quel giro... Non di nuovo".
"Ancora? Non voglio parlarne, lo sai bene Eric".
"Beh, se non avessi voluto parlarne avresti evitato di farti trovare strafatto da mia sorella quella sera".
"Oh andiamo...".
"Jess crede davvero in te". Eric mi guarda a lungo, è chiaro che fatica a credere che io mi sia ridotto così. Di nuovo. "Sai quanto tempo hai impiegato per uscirne e adesso? Di nuovo con quella merda... Non voglio crederci".
"Pensi che un po' di cocaina possa distruggermi? Ci vuole dell'altro, sta tranquillo. E, poi, mi hai già fatto il tuo monologo. In ogni caso, Jess non me ne ha più parlato".
"Promettimi che non lo farai ancora".
"Eric...".
"Promettilo!".
Guardo a lungo il mio migliore amico, adesso mi guarda con occhi speranzosi. Come posso dirgli di no? "Te lo prometto". Ma lo penso davvero?
"È successo solo quella volta?".
"Sì...", ma non suono convincente nemmeno a me stesso.
"Chris! Vuoi dirmi che oltre quella volta che Annalise ti ha trascinato a casa l'hai fatto ancora?! Quando?".
"Qualche volta negli ultimi mesi... Non è importante".
Eric si alza poggiando le mani sulla testa, la sua disperazione è evidente. "E io dov'ero? Non mi sono accorto di niente...".
"Non sei il mio tutore Eric, non devi preoccuparti per me. Mi sono sballato alcune sere ma è finita lì".
"Dove?".
"Ti ho detto che non è importante...".
"Dove?!".
So che se non gli do la risposta che vuole resteremo così ancora per molto tempo. "Al Planet".
"Sul serio?! Il locale che c'è qui in fondo alla strada?! Quel posto è da idioti che vanno a fare il coro ad una qualsiasi band sconosciuta! Com'è possibile che lì dentro facciano commercio di droga?!". Eric non la smette di guardarmi, come se pretendesse risposte a tutte le sue domande.
"Che vuoi che ti dica? Una sera passavo di lì per caso, ero tornato qui a Greenwich da poco. Entrai e non impiegai molto a capire che le serate con le band erano solamente una copertura".
"Non devi andarci mai più! Mi hai sentito bene?".
"Okay... Datti una calmata adesso".
"Sai che c'è? Jess ha proprio ragione... La sua paura di restare ferita... È tutto vero!".
"Quando te l'ha detto?". Jess avrà parlato di me ad Eric? Quando? Ho bisogno di saperlo.
"Non è necessario sentire le parole, basta guardarla negli occhi per capire il suo terrore di perderti e invece tu... Guardati! Perdi tempo in puttanate che possono rovinare la tua vita! Dannazione Chris... Jess è venuta qui, ti ha trovato strafatto e, ancora una volta, non ha preteso niente da te! Si è semplicemente fidata di te, di nuovo. Adesso state insieme no?".
"No... Sì... Non lo so Eric! A che ti serve saperlo? Diciamo che... Abbiamo raggiunto il nostro equilibrio". E, mentre dico queste parole, sento una sensazione positiva farsi spazio dentro di me. Ma è strano, è come se il mio corpo volesse rigettarla. Io non posso provare niente di positivo, niente di buono. Semplicemente perché la vita non mi ha mai dato l'opportunità di essere felice, forse una volta, forse quando ero ancora un bambino, quando mia madre si occupava di me e c'era ancora mia sorella. Sì, in quel periodo ero proprio felice. La felicità? L'ho conosciuta in quei pochi anni e oggi non so più cosa voglia dire essere felici. Se non quelle volte che sto con Jess.
Eric ride, come se gli avessi appena raccontato una barzelletta. "Avete raggiunto il vostro equilibrio?! Sì... Certo... Ma chi? Tu? O Jess?".
Ed è vero? Sto facendo finta che va tutto bene solo perché, in fondo, so che se accetto la realtà la perderò? Di nuovo?
"Sei ancora dell'idea di andartene?". Dopo un silenzio che mi sembra eterno, Eric ricomincia con le domande. Ma adesso, più che arrabbiato, sembra deluso e speranzoso allo stesso tempo. Lo conosco, sa bene la mia risposta, chiude gli occhi come se bastasse questo a non sentirla.
"Non lo so... E non saprei nemmeno come dirglielo in ogni caso. Lei... Non sta facendo più domande".
"Pensaci bene Chris, qui hai l'opportunità di rifarti una vita. Di ricominciare...".
"Ricominciare? Qui?!". Quelle due parole non possono stare nella stessa frase, è qualcosa di inconcepibile. Di assurdo.
"Ascolta amico, so che questo posto per te è stato l'inizio di tutto ma non puoi negarmi che da quando hai incontrato Jess... La tua vita è diversa!".
"Diversa?".
"Quella donna è capace di farti perdere la testa e riportarti nella giusta via allo stesso tempo. E tu... Beh, tu sei diverso con lei Chris. Lo dicono i tuoi occhi... Lo dici tu".
"Gli incubi sono tornati e le mie crisi non mi aiutano affatto... Questo posto è veleno per me. Greenwich è l'inferno". E quella parola si ripete ancora e ancora nella mia testa, come se quasi volesse tormentarmi di proposito. Sento di non potermene più liberare.
"Devi solamente trovare il coraggio di parlarle. Devi riuscire a fidarti della gente Chris o, per lo meno, dovresti provarci". Eric tira un sospiro, so quanto sia difficile per lui. È da una vita che prova a dire e ridire le stesse cose, sarà stato davvero straziante per lui, ripetermi ogni volta di avere fiducia e di non smettere mai di credere che lì fuori ci sia qualcosa di buono anche per me.
"Posso convivere con il fatto che ho rovinato la mia vita Eric, ma non posso accettare di mandare a puttane la sua. Jess... È Jess. Non merita di avere nella sua vita un fallito come me. Prima o poi se ne renderà conto... Che sono un fallito".
"E allora? Che vuoi fare?".
Mando giù un sorso della mia Heineken e penso che la vita dovrebbe essere tanto facile quanto bere una birra con il tuo migliore amico sdraiato su una tovaglia accanto a te. "Le ho chiesto di andare via con me". Fa strano anche a me sentirmi dire tutto questo, è follia. E lo so bene. "Potrebbe essere una soluzione no?!".
"Tu pensi davvero che Jess lascerà la sua vita, tutto quello che ha costruito qui, per seguire qualcuno che dopo tutto questo tempo non le ha ancora detto che diavolo è successo davvero?". Ed eccolo lì, il mio migliore amico che sa bene come spiazzarmi toccando il mio punto più debole.
"Eric... Non di nuovo".
"Credo che tu debba credere di più in te stesso Chris, solo così permetterai agli altri di avvicinarsi a te. Solo allora avrai le risposte che cerchi".
"Vorrei essere come te... Dire le parole giuste al momento giusto. Come fai?".
Eric mi guarda sorridendo mentre scuote la testa, gli è chiaro che lo sto prendendo in giro. È quello che mi viene meglio fare, piuttosto che dirgli che ha ragione. Come sempre del resto.
"Okay, sarà meglio andare a letto. Domani si lavora!". Si alza lanciando la sua bottiglia di birra ormai vuota e facendo centro nella pattumiera lì in fondo. "Tu non entri?".
"Resto ancora un po' qui".
"A domani, e va a dormire". E, come un fratello maggiore che si preoccupa del proprio fratellino, Eric va via dandomi le ultime raccomandazioni.
È quasi mezzanotte, mi piace restare qui a quest'ora, a guardare il cielo e a sentire la pace della notte che echeggia nelle mie orecchie. Non appena Eric va via, resto qui, da solo nel silenzio, quello stesso silenzio che è stato l'unico compagno reale della mia vita. Lo stesso che mi ha cullato negli anni di riformatorio, lo stesso che non mi ha abbandonato nemmeno quando dormivo per strada in quelli dopo. Sì, è vero, dovrei lasciarmi andare con Jess, sarebbe così dannatamente facile fare quello che Eric non fa altro che ripetermi ormai da mesi. Dovrei solo parlare. Solo parlarle. Dirle tutto, come sono andate le cose, come sono arrivato fino a qui. Rido, rido solo al pensiero. Ma come posso?! Cazzo... Come posso fare una cosa simile?! Se non sono io a mandare tutto a puttane, sarà lei a farlo. Come può vivere la sua vita, quella vita perfetta, innocente, pura, condividendola con qualcuno che ha privato della vita qualcun altro. Ancor peggio se quel qualcun altro è il proprio padre. Non potrei mai sopportare di far vivere a Jess tutto questo, non a lei. Vorrei annullarmi, tornare a girovagare per le strade delle città di tutto il mondo, senza che qualcuno si accorga di me. Era così semplice, come vivere in anonimato, nessuno mi chiedeva niente, nessuno sapeva niente di me. A nessuno importava che cosa avessi fatto, semplicemente perché nessuno lo sapeva, e mai lo avrebbe saputo. E a me stava bene così, era tutto così dannatamente perfetto. Ogni cosa era perfetta. Adesso invece mi sembra di essere tornato a quella notte dove tutto è andato in frantumi, dove la mia vita è andata al diavolo. E oggi, per quanto voglia sforzarmi di voltare pagina, continuo a cadere e ricadere di nuovo all'inferno.

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