Capitolo 78-Jess

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Venerdì 18 Dicembre (Seconda parte)

Provo a far calmare Chris da almeno dieci minuti ma ogni mio tentativo è vano. E' completamente fuori di sé mentre sente ancora le urla di sua madre che provengono dallo studio. "Adesso entro".
Mi precipito a fermarlo proprio quando sta per aprire la porta, "Fermo!".
"Capisci che devo entrare?".
"Non puoi! Lì dentro c'è già un dottore ed un'infermiera a tenere sotto controllo la situazione!".
"Ma non ci sono io!", Chris si ferma a guardarmi con gli occhi usciti fuori dalle orbite. Poi, senza smettere di fissarmi indietreggia lentamente. "Io... Voglio solo capire che sta succedendo". Si lascia andare in una delle sedie qui fuori totalmente senza forze.
"Capisco come ti senti ma...".
"Ci pensate voi dottori a sistemare queste tipo di situazioni no?", mi dice quasi ironico.
"Tua madre ha avuto una reazione piuttosto importante, non potresti fare niente se ci fossi tu lì dentro Chris, ti faresti solo del male! Sei tu che devi capire questo!".
"Voglio solo capire perché Jess! Cazzo! Da quando sono tornato qui a Greenwich, quelle volte che sono venuto qui a vederla, non ha mai mosso un solo dito. Era talmente distaccata dalla realtà che mi sembrava quasi morta. E, adesso, questa reazione non appena si è resa conto che tu eri lì... Perché? Perché tu?!". Mi guarda con la speranza che io possa dargli le risposte che lui sta cercando. Ripenso a quello che John mi ha detto prima e fatico a star zitta e a non farne parola con Chris. "Ci sarà una spiegazione a tutto... Vedrai".
Ma Chris continua a guardarmi con quegli occhi così affranti dal non poter sapere che diavolo sta succedendo tanto da farmi sentire quasi la colpevole di tutta questa situazione.
Si apre la porta della studio di Williams e, da lì, esce l'infermiera che trascina la sedia a rotelle con sopra la madre di Chris che adesso sembra essere completamente priva di sensi. Ha la testa abbattuta tutta da un lato, sembra essere svenuta. Subito dopo, esce John che viene verso di noi.
"Ferma! Dove la portate?". Chris fa qualche passo verso l'infermiera ma Williams lo invita a fermarsi. "Mi spieghi che diavolo è successo lì dentro Williams?!".
"L'abbiamo dovuta sedare...".
"Perché? Perché ha avuto quella reazione? Una donna con demenza senile che non risponde a nessun impulso da vent'anni non dovrebbe avere una reazione così! Non credi?! Che diavolo sta succedendo qui?!".
"Christopher, dobbiamo parlare. Ti prego di seguirmi nel mio ufficio...".
"Quello che hai da dirmi devi farlo qui, senza più giri di parole cazzo!".
"Chris...", mentre provo a tranquillizzarlo John mi guarda facendomi capire che è arrivato il momento in cui dirà la verità a Chris e che tutti i suoi sospetti su sua madre sono veri.
"Sì! Sono calmo!", si mette di spalle e vedo che si sta impegnando a cercare di ritrovare la calma. E' davvero cambiato, lo sapevo già ma oggi ne ho davvero una prova. Adesso riesce a controllare la sua rabbia in momenti come questo in cui la situazione gli sfugge totalmente di mano. Vorrei solamente dirgli che ha fatto e sta continuando a fare davvero un buon lavoro su se stesso e che sono così orgogliosa di lui ma... Resto in silenzio. "Okay, ti seguo nel tuo studio".
Sto per seguirli ma Chris si ferma dicendo a Williams che lo raggiungerà tra poco.
"Che succede?".
"Si è fatto tardi e fuori ha smesso di piovere. Sarei più tranquillo se tu vai dai tuoi a prendere le tue cose...".
"Chris...".
"Jess, per una volta, ascoltami. Me la caverò lì dentro".
Mi giro per un attimo a guardare fuori dalla vetrata che c'è qui nel corridoio e Chris ha ragione, sembra aver smesso di piovere. "Va bene ma... Chiamami non appena uscirai da qui".
"Okay".
"Chris?".
"Te lo prometto! Ora vai...".
Mi avvicino a lui abbracciandolo e gli do un bacio sulle labbra. A quel gesto lui chiude gli occhi come per assaporare questo momento. Poi, mi guarda negli occhi, "Ti amo e... Sta attenta".
A malincuore mi stacco da lui, "Ti amo anche io". Poi, corro fuori verso l'auto di Ben per andare al 79 di Horatio Street.

Non appena parcheggio l'auto nel vialetto ho giusto il tempo di correre verso la porta d'ingresso ed entrare. Fuori sta diluviando di nuovo.
"Mamma?".
"Jess? Sì! Sono qui in cucina!". La raggiungo e noto che indossa lo stesso grembiule dell'ultima volta intenta a cucinare, questa volta il pasticcio di cavoli, riesco a capirlo dall'odore.
"La porta d'ingresso era aperta...".
"Sì, tuo fratello è andato un attimo nel fienile. Oggi è il suo giorno libero e, come ogni volta, si dedica a lavorare fuori. Ma dimmi, stai bene? Che cosa ti porta qui?".
"Oh scusa... Non ti ho avvisata che sarei passata ma... Ho dimenticato alcune delle mie cose sopra tra cui il mio computer e, senza, non posso nemmeno lavorare. E' da giorni che uso la mia agenda ma, capirai, non è la stessa cosa...".
"Tesoro, non devi darmi spiegazioni. Tu qui sei la benvenuta, lo sai".
"Grazie, mamma. Allora... Salgo su".
"Certo".
Mentre vado verso le scale mia madre mi richiama, "Immagino che resterai per cena a questo punto, sono già le sette passate...".
Guardo fuori ed è già buio, non mi ero nemmeno accorta del tempo che è passato con quello che è successo prima in clinica. Da un lato, il mio pensiero è rivolto a Chris ma, dall'altro, non voglio deludere mia madre con la quale negli ultimi tempi sembro andare un po' più d'accordo. "Va bene", è quello che mi viene di dirle.
Lei tutta contenta continua a preparare la cena canticchiando.
Salgo su e arrivo nella camera degli ospiti e noto il mio piccolo zaino con il mio pigiama ancora poggiato sulla sedia e il mio computer sul letto con lo schermo sollevato. Mi fa strano, non ricordo di averlo lasciato così. Lo richiudo velocemente e piego il pigiama. Mentre faccio questo guardo fuori la finestra e noto la luce accesa lì in fondo nel fienile e Garret vestito in tuta che esce con una carriola con dentro del materiale. Devo riconoscerlo, non ha mai smesso di prendersi cura del piccolo terreno che stava tanto a cuore a papà. Numerosi alberi di frutti sono sparsi qua e là e quel bellissimo campo di... lavanda. La finestra inizia a riempirsi di goccioline d'acqua che iniziano a sbattere contro il vetro piuttosto prepotenti, spero solo che smetta almeno quando dopo dovrò tornare a casa. Magari chiamerò Chris e gli dirò di raggiungermi qui, guardo il display del mio cellulare e noto che ho la batteria a terra. Non ci voleva... Finisco di posare le cose nel mio zaino e lo richiudo. Poi, esco fuori dalla stanza e lo poggio qui sul corridoio cercando di chiamare mia madre che sento ancora cantare fin da quassù.
"Jess? Mi hai chiamata?". E' proprio qui sotto, riesco a vederla dalla rampa di scale.
"Ho la batteria del mio telefono a terra. Dove trovo un carica batterie?".
"Puoi provare a vedere nella stanza di tuo fratello".
Mi giro a guardarla, è quella più in fondo al corridoio. "Okay! Lo metto in carica e scendo a darti una mano". Quando arrivo davanti la stanza di Garret e afferro il pomello della porta noto che è aperta. Cavolo, qui dentro è tutto così maniacalmente disposto in perfetto ordine. Quasi rido al pensiero delle litigate che facevo con mia madre perché lei non perdeva occasione di ricordarmi di non essere così perfetta come lui. Mi metto a cercare ovunque, dentro il cassetto della scrivania, dentro quelli del comò ma niente... Sembra che qui non ci sia nessuna traccia di un carica batterie. Mi manca solo la cabina armadio, apro la porta e tiro la sottile corda della lampadina e accendo la luce. Da un lato ci sono i vestiti e dall'altro un grande scaffale con delle mensole e... Eccolo finalmente, lo trovo dietro una scatola. Sto per tirare di nuovo la corda quando vengo fermata dalla vista di qualcosa. Tra i numerosi vestiti appesi noto un lungo manto nero. Tiro verso di me la gruccia e credo che sia un costume di Halloween, ma la cosa che mi fa venire i brividi è che è esattamente uguale a quello del tizio che mi fissava durante la parata dello scorso 31 Ottobre.
"Jess!".
La voce di mia madre che mi chiama dal piano di sotto mi fa sobbalzare così tanto che il costume mi cade dalle mani. Lo riprendo velocemente cercando di sistemarlo esattamente come l'ho preso ma sento un rumore di qualcosa che cade da una delle due tasche che ci sono nel mantello. Mi sembra una collana e, non appena mi chino per prenderla, mi paralizzo. E' così, succede tutto in un attimo, appare davanti ai miei occhi l'immagine della mia Emma che ride mentre camminiamo per strada, mentre facciamo shopping, mentre andiamo al mare, con quella stessa identica collana con il ciondolo a forma di puzzle al collo. Faccio qualche passo indietro uscendo dallo sgabuzzino mentre il cuore sembra volermi scoppiare nel petto, in questo silenzio assordante riesco a sentire solo il mio battito che scandisce il tempo. Continuo a guardare la mia mano dove, tra le dita, c'è ancora la collana ma a fatica perché non riesco a star ferma. Continuo a tremare come una foglia, sentendo di perdere il controllo da un momento all'altro. Guardo verso la porta, provo a chiamare mia madre ma mi sento la voce bloccata in gola esattamente come durante le mie sedute di ipnosi. E' proprio adesso che desidero di sentire la voce di Williams che inizia a contare per riportarmi alla realtà, ma non succede. In questo momento l'unica realtà vera è quella che ho tra le mani, un costume di Halloween con dentro la collana della mia migliore amica.
Mi suona il telefono nella tasca posteriore dei jeans, sobbalzo di nuovo e quasi caccio via un urlo. E' Chris.
"Jess?".
"Chris...", ma forse la mia voce viene fuori così piano che lui non riesce a sentirmi quindi ci riprovo, "Chris?".
"Ehi? Stai bene? Sei già da tua madre?".
"Io... Chris devi... Devi venire qui".
"Sì, avevo già pensato di raggiungerti ma devi prima sentire quello che ho scoperto".
Mi ritrovo a combattere con me stessa e mi odio per questo, per non riuscire a parlare come se fossi in trance, bloccata nel mio stesso corpo. E' sempre stato questo l'effetto che mi fa la paura, mi blocca prendendosi gioco di me, esattamente come adesso.
"Jess? Sei ancora lì?".
Diglielo! Digli di raggiungerti! Di chiamare qualcuno, di chiamare la polizia! "Sì...", ma l'unica cosa che mi riesce da dire è uno stupido sì.
"Quando sei andata via ho parlato a lungo con Williams e mi ha detto che i suoi sospetti sono veri! Mia madre ha in qualche modo finto per tutto questo tempo! Ha aspettato di avere conferme e oggi, grazie a te, le ha avute. Lei non rientra tra i pazienti con demenza senile, tutto quello che ha fatto l'ha fatto per un motivo e sento che ci stiamo per arrivare Jess! Non solo, ho chiesto a Williams di darmi la possibilità di dare un'occhiata al registro delle visite. Lui non l'ha mai fatto perché era convinto che fossi solamente io a venirla a trovare qui essendo l'unico parente rimasto in vita, ma non è così! In quel registro c'è un nome che da vent'anni viene qui a trovarla una volta al mese, nello stesso identico giorno, come se seguisse un rituale da vent'anni! Abbiamo cercato di decifrare la firma ed è tutto così strano... E' una specie di... sigla. Una H con un punto e un cognome piuttosto bizzarro... Poirot".
Ed è in quell'attimo che ne ho la conferma. E tutto crolla, così all'improvviso davanti ai miei occhi. Mi sento completamente persa mentre la mia mente inizia a vagare nei ricordi della mia infanzia, quelli in cui mia madre guardava soddisfatta come mio fratello sistemava le sue cose nella sua stanza e gli ricordava con orgoglio che era sicura che lui sarebbe diventato come l'investigatore perfettamente ordinato e preciso inventato da Agatha Christie nei suoi romanzi.
"Jess? Sei ancora lì?".
Provo a concentrarmi cercando di riprendere il controllo della mia voce, mi sforzo di farla uscire fuori per poter gridare a Chris aiuto. Ma che cosa dovrei dirgli? Non so nemmeno da dove iniziare, ma devo provarci... "Quel nome...".
"Lo conosci? Jess?".
"Hercule Poirot".
"Cosa?! Chi è Hercule Poirot?".
"Mia madre amava leggere i romanzi gialli... Quello è il soprannome che diede a Garret! Lei gli ripeteva che sarebbe diventato un grande investigatore come Hercule Poirot!". 
" Garret?! Che cosa centra Garret con tutta questa storia?!".
"Chris mio fratello ha usato quel nome per andare a trovare tua madre per chissà quale motivo e...", continuo a guardare la collana di Emma che penzola dalle mie dita, "Credo che ci sia lui dietro a tutto!".
Di colpo, il silenzio. Non sento più niente dall'altro lato del telefono. "Chris? Chris! Sei lì?", ma non appena guardo lo schermo del mio cellulare è spento.
"Tutto bene?". Quelle due parole mi fanno saltare il cuore in gola. È Garret, è proprio lì, sulla soglia della porta della sua stanza. Mi continua a fissare mentre tiene una pala tra le mani.
D'istinto, nascondo la collana di Emma in una delle tasche posteriori dei miei jeans e cerco di trovare la calma ma mi tremano perfino i denti mentre provo a rispondergli. "Sì... Stavo solo cercando un carica batterie, ho chiesto a mamma e... Mi ha detto di dare un'occhiata qui...".
"E... Lo hai trovato?", guarda le mie mani e si fissa sul costume di Halloween che mi rendo conto di continuare a tenere.
"No... Ma sto per tornare a casa quindi...". Provo a sorridergli facendo l'indifferente mentre poggio il costume sulla sedia, ma la verità è che non riesco nemmeno ad incrociare il suo sguardo. Cerco di evitarlo ma non riesco a farlo per molto, soprattutto mentre vedo che lui viene verso di me.
"È proprio lì, ai tuoi piedi", Garret guarda verso il pavimento dove si trova il caricabatterie che mi sarà caduto dalle mani poco fa, poi torna a fissare me.
"Che stupida... Non me n'ero nemmeno accorta ma... Ti ho già detto che me ne sto andando quindi...". Cerco di superarlo per uscire dalla stanza ma mi fermo di colpo non appena lui si muove facendo qualche altro passo verso di me. Inizia a scuotere la testa mentre ride, man mano che si avvicina. "Sai che cosa credo Jess?".
Indietreggio fino a quando la scrivania mi ferma e perdo quasi l'equilibrio.
Lui continua ad avanzare trascinando la pala con una mano. "Credo che non posso più evitarlo".
"Cosa?", gli chiedo fingendo ancora di non capire di che cosa stia parlando.
"Ti sembro stupido o cosa? Ti ho sentito parlare con il tuo ragazzo prima...".
"Garret... Possiamo parlarne...".
"Che c'é?! Vuoi forse giocare a fare la brava psicologa?! Credi che la tua eccellente laurea in psicologia adesso possa servire?! Eh?!", mi urla contro. Sembra fuori di sé, ha gli occhi usciti dalle orbite. Non mi sembra più mio fratello, adesso sembra aver tirato fuori la sua vera natura più oscura di quella che credevo avesse già.
Mi rendo conto che non posso più evitare o fingere, l'unica cosa che posso fare adesso è gridare. "Mamma!", urlo più forte che posso, "Mamma!".
"Che fai?! Cerchi aiuto adesso? Sono io, il tuo fratellino!".
"Sei stato tu a portare a mettere quei fiori nella tomba di Emma, non è vero?", dico tutto così velocemente tanto da non rendermene nemmeno conto.
Garret mi guarda e sorride, poi succede tutto in un attimo. Solleva la pala e me ne dà un colpo così forte tanto da farmi perdere i sensi.

A volte mi chiedo che cosa si provi a non avere più la sensibilità del proprio corpo, non sentirsi padroni di se stessi, non sentirsi più liberi di gestire ogni singolo movimento. Come si fa? A trascendere dal proprio corpo? Come si fa a non avere più il controllo? Ti sforzi più di quanto tu sia in grado di fare ma non ci arrivi, è qualcosa più grande di te. E' come se qualcosa abbia il potere di separarti dal tuo proprio essere, dal tuo io, privandoti della tua essenza. Sì, la tua propria essenza.
Provo a muovermi, Dio quanto lo vorrei. Ma non posso, non ci riesco. Le mie braccia, le mie gambe, tutto il mio corpo è inerme. Immobile. Dannazione... Apri gli occhi! La mia voce interiore mi spinge a fare qualcosa, a reagire. Sento le palpebre come due macigni sul mio viso. Continuo a dimenarmi ma realizzo che ho perso il pieno controllo di me stessa e, per quanto mi sforzi di  fare qualcosa, resto ferma.
"Fermati, ti prego!". Sento che con queste parole ho esaurito le uniche forze che avevo. Vorrei poter gridare, ma mi è impossibile. Come se delle mani strette intorno al collo mi impedissero di farlo, quasi a farmi perdere il respiro.
La terra fredda e bagnata mi graffia la schiena mentre qualcuno mi ci trascina sopra. Con le mani provo a fermarmi ma sento solo dolore alle unghia, sento qualcuno spezzarsi. Un colpo ed un altro ancora alla mia testa, un dolore che cresce sempre di più. Sono delle scale, qualcuno mi sta trascinando giù da delle scale.
Riesco a scorgere una luce improvvisa che mi investe improvvisamente ma faccio fatica ad aprire gli occhi. C'è una lampadina, una di quelle che si trovano negli scantinati. Dondola su se stessa, oscilla da destra a sinistra e, di nuovo, da sinistra a destra. Il mio respiro si fa più affannoso, sudo freddo. La mia vista si sbianca di colpo, non vedo nient'altro, solo il buio contro di me.

La sua voce mi avvolge come una coperta morbida e calda in una fredda notte d'inverno. Sono protetta, finalmente mi sento protetta. È sempre stato così con lui, fin dall'inizio. Anche una semplice parola era rifugio sicuro per me. Fuori la tempesta, con lui la pace. Mi è sempre bastato incrociare i suoi occhi per sentirmi rapita, in un mondo parallelo dove tutto era diverso, più puro, più inebriante. Più eccitante.
"Jess...".
Sto sognando?
Lui inizia a sfiorarmi con le punte delle dita. Riesco a percepire ogni suo movimento, ad ogni tocco un brivido nuovo per me. Sento la pelle d'oca mentre mi scosta i capelli tutti da un lato e inizia a percorrere il mio corpo con le labbra, dal collo, giù per la schiena, fino alle mie natiche. Dio, potrei dire che sento le farfalle nello stomaco ma, adesso, le sento ovunque sul mio corpo. A tratti, riesco a sentire la freschezza della sua lingua su di me. Ed il mio corpo è vivo. Sì, adesso è vivo.
Con le mani mi afferra per i fianchi e mi siede su di lui, perfettamente sul suo sesso, come se fossimo due pezzi perfetti di un puzzle che si incastrano l'uno con l'altro. Siamo nudi, sì lo siamo ed è terribilmente meraviglioso. Siamo due corpi ma è come se fossimo un tutt'uno. Ci muoviamo adagio, armoniosamente, come se tutto fosse così naturale, come se non ci fosse uno schema ed è così che deve andare.
"Jess?".
"Sì?". Posso parlare, sì, adesso è tutto più semplice. Con lui.
"Ti amo".
Poggio la mia schiena sul suo petto, mi giro verso di lui e adesso le nostre labbra possono incontrarsi perfettamente. Sento il piacere dilagare dentro di me raggiungendo ogni centimetro del mio corpo.
"Anch'io... Anch'io ti amo Chris".

La luce della lampadina che oscilla mi sveglia. Sono di nuovo dentro l'incubo che mi ha già imprigionata. Adesso, il rumore di una porta che si chiude. Vedo un'ombra avvicinarsi lentamente a me. Vedo tutto sfocato fino a quando non mi focalizzo sulla pistola puntata dritta sulla mia faccia.
Adesso il buio, ancora.

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