Capitolo 6: Insospettabile

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«Oh issa!» Laraine trainava il carro di legno a quattro ruote con la forza delle braccia e del bacino, prestando attenzione a non inciampare sul terreno a tratti sconnesso. Di tanto in tanto, si voltava dietro di sé per controllare che tutto fosse ancora al suo posto.

Alte mura merlate proteggevano la città di Arcadia da cui prendeva nome l'omonimo regno; a intervalli regolari sorgevano le porte che garantivano l'ingresso e l'uscita dalla città di abitanti e viaggiatori. Erano quattro e per tradizione, erano state appellate dai cittadini con i nomi dei punti cardinali. Laraine raggiunse Porta Sud di prima mattina, notò lo sguardo divertito delle guardie nei pressi del varco, s'indispettì, ma cercò di ignorarli.

Erano appostati in due ai lati della porta, indossavano armature pesanti ed elmi protettivi. In dotazione avevano affilate alabarde. Alla vista di Laraine, scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.

«Ci chiediamo come una ragazzina minuta come te riesca a trainarlo da sola. Serve una mano?» Esordì una guardia in tono di scherno.

Laraine non si lasciò intimidire. «Ce la faccio da sola, grazie.»

«Fa' come credi. Ma se ti accade qualcosa fuori da queste mura noi non potremo fare nulla. Questi, come ben saprai, sono tempi difficili.»

«Vi ringrazio per la premura.» Disse sbrigativa sperando che la lasciassero in pace.

«Prima di andare però, vorremmo controllare il contenuto di quei barili.» Aggiunse la seconda guardia.

Laraine sussultò. «Prego, fate pure.» Rispose cercando di simulare una calma apparente.

Notò le guardie girare attorno al carro, una di esse squadrò più da vicino le tre botti di legno poste sopra di esso, uno di loro si mise a sollevare i coperchi. Il viso di Laraine s'imperlò di sudore per l'ansia e la tensione. In quel momento desiderò con tutta se stessa che le cose andassero per il meglio.

La prima guardia parve accorgersi del suo stato d'animo e la scrutò diffidente «Ci nascondi qualcosa?»

«Oh no, niente. Verificate pure se non mi credete.»

«Qui è tutto apposto.» Riabbassò il coperchio del barile. «Puoi andare.»

Era fatta. Avrebbe voluto esultare, ma dovette contenersi. Senza perdere altro tempo, riprese a trainare la carretta verso l'esterno delle mura. Una volta giunta in aperta campagna, si aprì davanti ai suoi occhi uno scenario a dir poco desolato. Il passaggio dei soldati benicassiani aveva tracciato un segno indelebile alle colture arcadiane compromettendo il sostentamento e l'economia dell'intero regno da lì al prossimo inverno. I campi di grano che circondavano la città, il simbolo dell'intera regione, erano stati dati alle fiamme tramutandoli in un'unica, gigantesca macchia nera che si estendeva fino all'orizzonte.

Laraine provò un senso di angoscia nel vedere quel tragico spettacolo. «È terribile.» Disse con un filo di voce.

Si fece forza e proseguì lungo la strada. La fatica però, cominciò a farsi sentire. La via lastricata della città aveva lasciato il posto alla terra battuta dove a tratti erano ancora presenti pozze d'acqua e fango. Guardava a terra prestando attenzione a ogni passo per evitare di rimanere bloccata, quando si sentì chiamare da una voce a lei familiare.

«Lara!»

Laraine alzò lo sguardo. Emi, la sua amica d'infanzia era lì, davanti a lei.

«Emi, sei davvero tu!» Ancora incredula, mollò la presa del carro e andò incontro all'amica, abbracciandola. «Come sono felice di rivederti. Per fortuna stai bene.»

«Ehi, cosa sono tutte queste smancerie?» Rispose l'amica sorpresa. Tuttavia, non ci volle molto che anch'ella ricambiasse il caloroso abbraccio di Laraine. «Anch'io sono felice di rivederti. Ho temuto il peggio.»

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