Capitolo 36: Il tormento dei dannati

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Un' insistente formicolio alle braccia ridestò Aleksandar. Alzò lo sguardo. La segreta era fiocamente illuminata dal bagliore di una torcia proveniente dall'esterno. La luce tremolante emanata da essa, disegnava l'ombra delle grate sul pavimento di pietra bagnato. Una guardia si trovava davanti la sua cella; indossava un'armatura fatta di placche d'acciaio sopra una pesante cotta di maglia. Una cappa indaco gli scendeva sulla spalla sinistra. Ci mise qualche istante a mettere a fuoco l'immagine rappresentata sulla mantella del soldato: il leone bianco rampante.

"Le segrete di Benicassia" realizzò con un ghigno sprezzante. "Chi l'avrebbe mai detto che sarei tornato a casa così presto?"

Era stato incatenato a ridosso di una fredda parete di roccia. Si sentiva le braccia appesantite, completamente prive di controllo. Le catene che l'avvinghiavano erano così strette da bloccargli la circolazione del sangue, ma lui ce l'aveva ancora del sangue? Infondo era morto, a cosa gli serviva?

Aveva sacrificato la sua umanità sull'altare della conoscenza e il prezzo pagato era stato altissimo. Certo, conosceva la verità sugli angeli e sulla loro ascesa sulla terra ma poco dopo era morto per mano di una di loro. Che cosa era diventato? Provò disgusto per se stesso.

Alcune gocce d'acqua fredda gli caddero sul collo insinuandosi all'interno del colletto della camicia: rabbrividì. Le segrete di Benicassia erano il tormento dei dannati; il freddo era accentuato dall'umidità, la stessa che, a lungo andare, si insinuava nelle ossa. I prigionieri erano così costretti a vivere in un luogo malsano e costantemente bagnati. Se eri sfortunato, venivi gettato in una cella con l'acqua fino alle caviglie. Una lenta tortura che induceva alla follia. Fortunatamente la sua era solo molto umida.

Si guardò attorno cercando con lo sguardo una via di fuga, ma dovette presto rassegnarsi al fatto che quel sotterraneo sarebbe stato, con molta probabilità, la sua ultima casa.

All'improvviso, percepì il rumore di alcuni passi farsi sempre più vicini. La guardia fuori dalla sua cella chinò il capo in segno di riverenza. Aleksandar abbassò lo sguardo facendo finta di niente.

«Dove si trova?» Disse una voce che riconobbe all'istante. Fino all'ultimo rifiutò di credere a ciò che le sue orecchie avevano appena sentito.

«Si trova all'interno di questa cella. Come vedi, è osservato a vista» rispose un altro uomo che non riconobbe.

Il giovane rialzò lo sguardo, incredulo. Phillip Vàlera, considerato tra gli uomini più colti degli otto regni, lo stratega geniale e dalle mille risorse. Lo sguardo austero e imperturbabile dell'uomo si posò sul suo incutendogli timore. Era sempre stato così per lui. Temeva il padre più di qualsiasi altro uomo o donna sulla faccia della terra. E per questo era fuggito. 

"Per vivere libero dall'imposizione di un padre e di un re". 

In cuor suo però, Aleksandar sapeva che prima o poi si sarebbe ritrovato faccia a faccia con lui, ma non si aspettava sarebbe arrivato così presto.

«Portatelo nell'altra stanza.» Ordinò Phillip senza mezzi termini.

***

Il rovescio guantato di un soldato colpì Aleksandar in pieno volto tramortendolo. Era stato legato su una sedia a centro di una stanza attrezzata con ogni tipo di oggetto per tortura. Alle pareti vi erano pinze, lacci, martelli e mannaie, ma nessuno di quelli per ora pareva destinato a lui. Phillips era all'ombra di una torcia, affiancato da due armigeri mentre un terzo provava piacere nel malmenarlo.

«Andrai avanti a picchiare tuo figlio fino a quando non implorerà pietà ai tuoi piedi?» Disse Aleksandar in tono di sfida.

«Breanne mi aveva assicurato che eri morto, ma a quanto pare non è stata di parola» rispose aspramente Phillip. «Ma non devi temere. Quando avrò finito, mi assicurerò che di te non rimanga nemmeno il ricordo.»

Aleksandar fissò sgomento l'ombra del padre. Sarebbero stati quelli i suoi ultimi istanti di vita?

Phillip proseguì l'interrogatorio. «Sei scappato da Benicassia portando con te segreti di regno e strategie belliche. Inoltre ti sei ingraziato re Edward Gray e il suo Primo Consigliere andandogli a spifferare ogni cosa. Per i traditori del regno sai meglio di me cosa li attende.»

«Non so di cosa tu stia parlando.»

Un cenno appena percettibile nello sguardo di Phillip e nuovo rovescio colpì Aleksandar.

«Non fare il finto tonto. Che cosa speravi di fare fuggendo dal regno?»

A quella domanda Aleksandar si rifiutò di rispondere.

L'armigero estrasse un pugnale e lo affondò sulla coscia di Aleksandar. Una fitta lancinante gli mozzò il respiro. Digrignò i denti soffocando un urlo di dolore. Non si sarebbe piegato facilmente, non questa volta. Ansimò. 

«Ferirmi a tradimento non ti renderà un uomo migliore. Io sono il sangue del tuo sangue, non scordarlo mai.»

«Tu sei la vergogna dei Vàlera, dopo che avrò ottenuto ciò che cerco, ti cancellerò dalla faccia della terra. Solo così laverò via l'onta che hai lasciato sul prestigio del mio casato.»

"Per mio padre l'onore e il prestigio vengono prima di ogni altra cosa, anche della vita di un figlio"

Anche se Aleksandar non poteva certo ritenersi un esempio. L'egoismo e la sete di conoscenza lo avevano spinto ad abbandonare Arianne, la sua unica figlia. Arianne, da quanto tempo non pensava a lei, quanti anni doveva avere adesso, tre o quattro? Aveva preso da lui il colore dei suoi occhi verdi, mentre dalla madre le lentiggini e i capelli rosso carota. Da grande sarebbe diventata una splendida ragazza, ma lui non sarebbe vissuto così a lungo per poterla vedere. Phillip faceva sul serio e lui conosceva ogni implicazione. Tuttavia, non volle cedere. 

«Da me non otterrai un bel niente.» Ripeté di nuovo.

L'armigero torse il pugnale lacerandogli la carne. Fu troppo da sopportare. Aleksandar cacciò un urlo soffocato. Phillip gli fu davanti, lo prese per i capelli e gli alzò il capo. «Sei soltanto un codardo e un egoista, Aleksandar. Tu hai un attaccamento alla vita che rasenta l'ossessione. Sei mio figlio, ma le qualità migliori le hai lasciate nel grembo di tua madre. Eppure eri promettente, saresti stato il mio degno erede fino a quando non hai deciso di voltarmi le spalle, e che cosa hai ottenuto in cambio? Hai trovato ciò che cercavi? E quali sono state le conseguenze? Il tuo corpo non sanguina. È freddo e la tua pelle è pallida come quella di un cadavere. Che cosa sei diventato? Un non-morto? A ogni modo, se sei già trapassato una volta, ucciderti una seconda sarà soltanto la dimostrazione che non eri degno di vivere in questo mondo.» 

D'impeto, Phillip estrasse il pugnale dalla gamba del figlio e glielo avvicinò alla gola. «È la tua ultima occasione, Aleksandar. Se non vuoi soffrire inutilmente, dimmi perché hai lasciato il regno.»

Qualcosa di freddo e umido scivolò sulla guancia di Aleksandar: una lacrima era sfuggita al suo controllo. «Per fuggire da te.» Disse infine.

«Mi prendi in giro?»

«Io volevo essere conosciuto come Aleksandar, e non come il figlio di Phillip. È vero, potrei essere considerato un non morto, ma ciò di cui sono venuto a conoscenza va ben oltre la tua comprensione. Il giogo divino ha abbracciato il continente e noi non siamo altro che pedine sacrificabili. Breanne si sta servendo di te e Leonide per i suoi scopi personali, a lei non importa di Benicassia e della riunificazione dei regni. Se non la fermate ora, ve ne pentirete.» Aleksandar fissò negli occhi Phillip cercando di mostrarsi deciso nonostante il dolore provocato dalla pugnalata non gli desse tregua.

Dopo qualche momento di riflessione, l'uomo mollò la presa su di lui. «Rigettatelo in cella. Parlare troppo a lungo con quest'uomo mi da il volta stomaco. Prima di finirlo ho ancora alcune questioni da risolvere.» Pronunciò infine.

Gli voltò poi le spalle e lasciò la sala delle torture fiancheggiato dalle sue due guardie. La figura di suo padre mentre si allontanava fu l'ultima cosa che vide prima che attorno a lui diventasse tutto nero.

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