Capitolo 22.1: Verso Aleksin

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Arcadia, Palazzo reale, anno 4518

Mia si affacciò alla vetrata e scrutò assorta il panorama che dava alle immense distese pianeggianti di cereali, fuori le mura della città di Arcadia. Quanto avrebbe voluto trovarsi lì, correre libera e spensierata verso l'orizzonte immersa tra le spighe mature. Le coltivazioni di cereali si estendevano a perdita d'occhio, fino a ricoprire le colline retrostanti. Mia voleva scoprire cosa si celasse dietro di esse. C'erano altre coltivazioni oppure iniziava il bosco? C'era una prateria oppure si snodava un fiume? Desiderava così tanto saperlo che l'assalì l'angoscia. Adagiò una mano sul vetro come se volesse in qualche modo toccare quelle spighe leggere, che ondeggiavano mosse da un tiepido vento.

Edgar rimase sorpreso quando la incontrò in quel punto del corridoio del palazzo. Dave lo attendeva per apporre la firma su alcuni documenti minori in materia di finanza pubblica. In assenza di re Hagen, queste responsabilità ricadevano su di lui. In quel momento però, ciò che doveva fare passò in secondo piano. Si fermò a osservarla fino a quando la giovane principessa non si accorse della sua presenza.

«Mi guardi perché trovi patetico il mio comportamento?» Esordì Mia senza degnarlo di uno sguardo. Da come gli rivolse la parola sembrava essersi infastidita.

Edgar fece cenno di no col capo. «No, non credo affatto tu sia patetica, credo invece che tu abbia tante belle qualità come la curiosità per il mondo lì fuori.»

Mia si voltò verso Edgar. «È tutto inutile, a che serve essere curiosi se non posso uscire all'esterno. Qui mi sento come un uccellino in gabbia, è soffocante stare rinchiusi in una prigione dorata mentre mio marito se ne va a caccia. È frustrante. Perché io non posso fare nulla che mi piaccia fuori da questo palazzo?»

A quella domanda Edgar non riuscì a rispondere. L'infelicità della principessa era evidente, si chiese perché Hagen le vietasse di fare qualsiasi cosa quando lui non era presente, ovvero la maggior parte del tempo.

«Che cosa faresti tu se fossi al mio posto?» Lo incalzò Mia.

Edgar rifletté per qualche istante. «Per come sono fatto, attenderei che il re si allontani, sellerei un cavallo e partirei al galoppo per arrivare oltre la collina laggiù.» Le disse indicando con il dito. Mia lo seguì con lo sguardo. Sulla cima del colle davanti a loro, era presente un grande albero dalla chioma espansa, l'unico nella zona.

«E che cosa troverei lì?» Chiese.

«Se non ci andiamo, non lo scopriremo mai.»

"Fui io a dirle che non doveva temere di fare ciò che le importava davvero. Se potessi tornare indietro, forse quel giorno avrei fatto meglio a fare finta di nulla..."

***

L'alba era prossima quando Edgar e Ren si misero in sella ai loro cavalli. Non indossavano armature e non portavano vessilli. Avrebbero affrontato il viaggio verso Aleksin in incognito. Presero la via che li avrebbe condotti a est attraversando i boschi di aghifoglie che caratterizzavano il territorio laveniano. Giunti a una diramazione però, presero una strada tutta in salita, direzione: Florentia.

«Florentia si trova più a sud, senza contare che sorge sopra un altopiano, non allungheremo il cammino in questo modo?» Chiese Edgar perplesso.

«Se al bivio avessimo preso la strada per la Valle, avremmo sicuramente incrociato gruppi armati di banditi. Di questi tempi si sono fatti più pericolosi. Le preoccupazioni di re Edward in questo momento sono altre, ma cercherò di far presente al Primo Consigliere il problema sempre più incalzante dei fuorilegge.» Rispose Ren. «Anche se, in verità, il problema è sempre stato presente.» Nella sua voce, stavolta, si aggiunse una nota di amarezza che non passò inosservata a Edgar.

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