Capitolo 52: Regina senza regno

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Edgar camminava con passo indolente tra i corpi senza vita dei cavalieri daleniani e i resti di quelli benicassiani. Il sole era tornato a risplendere dopo giorni di in cui i fumi della guerra e la foschia mattutina aleggiavano nel cielo. Beatriss camminava poco lontano da lui, fermandosi di tanto in tanto a fare cenni di saluto ai soldati caduti. Una squadra era stata adibita alla raccolta dei corpi nell'attesa di dare loro una degna sepoltura. Bisognava fare presto. La primavera era ormai alle porte, le giornate si erano fatte più tiepide e non si poteva permettere che le malattie infettive dilagassero tra una popolazione ormai stremata dalla guerra.

All'improvviso, la desolazione attorno a Edgar si fece opprimente. S'inginocchiò a terra. Abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi, isolandosi da tutto il resto.

«È tutta la vita che combatto. Una volta non mi importava di uccidere la gente. Ero un mercenario e la via del soldato a pagamento non era fatta per i sentimentalismi. Si uccideva per denaro e per la glorificazione di se stessi. Poi smisi di farlo e tornai ad Arcadia, la mia vera casa. Tuttavia, non passò molto che tornai in campo. Questa volta però, non impugnavo un arma perché le battaglie da affrontare erano fatte di intrighi a corte e tradimenti.»

Fece un profondo respiro, riaprì gli occhi e proseguì il monologo. «Quando Alein invase Arcadia, ho dovuto impugnare di nuovo la spada. Inizialmente la reputai un battaglia personale, ma ben presto, mi resi conto che le mie scelte avrebbero potuto condannare o salvare molte vite umane. Era diventata la battaglia per proteggere il mio popolo. Accettai così di farmi carico del compito di liberare il mio regno, non potevo lasciarlo nelle mani di Hagen e di Alein. Poco dopo però, ho capito che ciò che stava accadendo non riguardava solo Arcadia, ma gli otto regni. La battaglia per liberare la mia gente divenne la battaglia per liberare l'intero continente. Da allora non faccio altro che combattere per gli altri, una responsabilità che, insieme ai desideri e le speranze di moltissima gente che ha scelto il sacrificio per perseguire i propri ideali di libertà, mi sta lentamente consumando. Non mi consideravo pronto per affrontare questo viaggio, Eppure mi ha portato fino a dove sono ora.»

Avvertì un lieve fruscio al suo fianco; Beatriss si inginocchio accanto a lui. Appoggiò le mani sulle gambe e alzò lo sguardo al cielo. «È indubbio che vi state facendo carico di un peso immane. Sappiate che il vostro aiuto è stato prezioso e hai il mio più completo appoggio. Libereremo la Valesia, tutti insieme.»

«Eppure il mio modo di agire non ha fatto altro che causare problemi ad altre persone.»

«Che cosa intendi dire?» Beatriss si voltò verso di lui.

«Ho preso la decisione di venire fin qui abbandonando una persona che ho capito essere davvero importante, se torno a Lavenia forse avrò l'ultima occasione per rivederla e...» fece una breve pausa come a cercare di mettere da parte l'orgoglio. «Scusarmi.»

Beatriss non rispose limitandosi a scrutare l'orizzonte nella direzione da cui erano arrivati i cavalieri daleniani. «È inevitabile che la guerra porti divisione, ed è altrettanto inevitabile che il destino ti porti a compiere determinate scelte. A un certo punto però, non puoi fare altro se non andare avanti per la tua strada e crederci fino in fondo. Tu lo stai facendo e la Dea lo ha capito, dandoti una seconda possibilità.»

«Vorrei che fosse davvero come sostieni.»

«Sarà così, vedrai. Lavenia ti attende, come Glarissia attende la sua liberazione.»

La principessa si rialzò, nei suoi occhi, Edgar vide soltanto determinazione. «Voglio fare una solenne promessa. Non diventerò soltanto la regina di un regno, ma anche regina di me stessa. E voi farete lo stesso, principe di Arcadia. Promettilo anche tu, qui e ora.»

Edgar non seppe cosa dire su un primo momento. Forse non era poi così tanto diverso da quella ragazza che soltanto all'apparenza si dimostrava forte. Sentì anch'egli di fare quella solenne promessa a se stesso.

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