Capitolo 20: La leggenda del lago

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Il tanfo dell'acqua putrida ridestò Laraine. D'istinto, si coprì naso e bocca. Fece perno sui gomiti e si rialzò; inorridì.

Davanti a lei si aprì una distesa acquitrinosa. vecchi tronchi marci emergevano dall'acqua insieme a cumuli di pietre ricoperte di muschio, un tempo appartenute ad abitazioni. Oltre a essere un luogo inospitale, il cielo grigio e la foschia lo rendevano un luogo a dir poco spettrale.

«Questo posto... È angosciante.»

A un tratto, le parve di udire una voce. Sussultò «C'è qualcuno!» Mosse alcuni passi timorosi verso le rovine fino a quando, per proseguire, non dovette immergere i piedi nell'acquitrino. L'acqua le arrivò fino alle caviglie., ma non se ne curò. Si fece coraggio e proseguì.

Seguì il canto che la condusse fino ai resti di ciò che un tempo doveva essere un santuario. Una vecchia struttura in pietra, dove un lato di esso stava a poco a poco finendo inghiottito dall'acqua. Si avvicinò cauta; la voce proveniva dall'interno. Si accorse di tremare. Fece un profondo respiro, scostò la porta di legno logorata dal tempo che la separava dall'interno del santuario ed entrò. Ciò che videro i suoi occhi le mozzarono il respiro; sopra l'altare di pietra posizionato al centro del vecchio santuario in rovina sedeva, a gambe accavallate, una donna vestita di nero. I suoi capelli erano così lunghi da toccare la pietra mentre un vistoso trucco viola le risaltava gli occhi e le labbra che muoveva intonando la cantilena. Dietro di ella, un gigantesco albero. La sua corteccia presentava sfumature verdi e blu e i suoi rami terminavano con dei grandi boccioli avvizziti e marci. Soltanto uno di questi si presentava di uno splendido colore rosa. Uno spettacolo meraviglioso quanto cupo che lasciò Laraine di stucco.

La donna, su un primo momento, ignorò la nuova arrivata e proseguì con la celestiale melodia. Terminò con un lungo acuto. Infine, posò gli occhi ambrati su Laraine.

«Ti stavo aspettando.»

Laraine si risvegliò di soppiatto. La prima cosa che vide fu il soffitto decorato della stanza in cui si trovava. Che fosse ancora all'interno del castello laveniano o era stata portata altrove? Ricordò gli ultimi istanti prima di lasciarsi cadere a terra, le minacce di re Edward e il suo intervento. Si chiese se fosse riuscita a fare abbastanza per aiutare Edgar. Avrebbe voluto sincerarsi che stesse bene. Poco prima di perdere i sensi lo aveva visto battersi contro quell'uomo armato di una pericolosa ascia.

«Ren. Guarda.» Disse una voce. «Si è svegliata.»

Laraine abbassò lo sguardo e notò due grandi occhi castani fissarla incuriositi.

Ren abbandonò la parete su cui era stato appoggiato fino ad allora e si avvicinò alla principessa Serah. Non indossava più l'armatura da cavaliere, ma solo una giubba marrone sopra una tunica bianca e delle brache nere. Scrutò imperturbabile Laraine con i suoi brillanti occhi verdi.

«Come ti senti?» Chiese la ragazzina.

«Molto meglio. Ti ringrazio.» Rispose timida Laraine.

«Ne sono felice.» Le disse sorridendo.

Aveva lo stesso sorriso della principessa Mia. Un sorriso luminoso e gentile, constatò con tristezza Laraine.

«Dove ci troviamo?» Approfittò della presenza della principessa Serah per chiederle questo dettaglio.

«Negli appartamenti del Signor Barrett. Ha chiesto espressamente che ti venisse data la stanza degli ospiti. Spero sia di tuo gradimento.»

Laraine si mise seduta e si guardò attorno. «Lo è anche troppo. Qui è tutto così ricercato.» Tutto ciò che era presente in quella stanza doveva costare una fortuna.

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