Capitolo 42: Celia Van Mer

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«Secondo te quando si sveglierà?» Disse la voce di un bambino. «Sono giorni che non apre gli occhi.»

«E chi lo sa, potrebbe non riaprirli più.» Rispose la voce di un secondo bambino.

«Non trovi assomigli alla mamma?»

«Leon, non l'abbiamo mai vista la mamma, come fai a dirlo?»

«Il suo ritratto. Io credo le assomigli.»

«Ti sbagli, non paragonarla alla mamma!»

"Queste voci..."

Lentamente, Laraine aprì gli occhi; sopra di lei due testoline identiche nell'aspetto in tutto e per tutto. Grandi occhi color indaco e una massa sbarazzina di capelli argentei. La giovane fissò stranita i due bambini.

«Guarda Vi, si è svegliata!» Disse il bimbo alla sua destra.

«Con tutto il baccano che fai, ci credo! E non chiamarmi Vi, te l'ho già detto mille volte!» Rispose impettito il fratello gemello.

"Dove mi trovo? E chi sono questi due bambini?" All'improvviso, le venne una forte emicrania. Una smorfia di dolore comparve sul suo viso.

«Stai bene?» Chiese sempre il bimbo a destra.

Laraine fece cenno di sì col capo. Nonostante si fosse appena risvegliata da un lungo sonno, si sentiva ancora stanca e frastornata. Come se non bastasse, qualcosa in lei era cambiato, Si sentiva un'estranea in quel corpo. A poco a poco, le balzarono alla mente gli ultimi ricordi prima di perdere i sensi tra le braccia di Breanne, ai piedi dell'Albero della Vita. Gli ultimi ricordi di una persona che con Laraine non aveva più nulla a che vedere, perché ora, ella sentiva di essere un individuo completamente diverso: "un angelo". Improvvisamente, sentì di aver preso coscienza di se stessa, della nuova Laraine che per tutti questi anni era rimasta sopita dentro quel corpo. Si rimise seduta e con sguardo torvo fissò i gemelli.

"Che sia stata portata qui da sorella Breanne?"

Sorella? Perché le aveva dato questo appellativo?

"Sento ancora delle reminiscenze di un pensiero umano dentro di me". La Laraine del passato negava di conoscere Breanne mentre la Laraine del presente, la considerava una sorella. Forse una delle capacità degli angeli era la conservazione della memoria fin dal primo momento in cui si viene al mondo.

Tuttavia, dentro di lei custodiva anche i ricordi di altri suoi simili. "Porto con me la loro sofferenza. Tra tutti i ricordi assopiti, quello che mi è rimasto maggiormente impresso fu quell'Angelo inginocchiato a terra tra i cadaveri e che teneva tra le braccia una fanciulla priva di vita. Quei lunghi capelli biondi, dove avevo già visto quell'uomo?"

«Ma certo! Comelicum! L'angelo della leggenda che sconfisse il Leviatano dormiente del lago di Lavelanet!» Esclamò Laraine ad alta voce. I due ragazzini che erano con lei si ritrassero per lo spavento. 

"Di lui posseggo solo questo ricordo, che sia davvero il mio o di qualcun altro..."

«Scusatemi, ero sovra pensiero». Sorrise per rassicurarli. «Non credo ci conosciamo. Io mi chiamo Celia e voi, invece?» Pronunciò quel nome con disinvoltura, come se gli appartenesse da sempre.

I due bambini, inizialmente titubanti, presero coraggio. «Io sono Vivian e lui invece è quel pauroso di mio fratello Leonhard.»

«Che bei nomi, e sapete dirmi dove ci troviamo?»

«Ci troviamo a casa di papà, lui è il re di Benicassia» Rispose Leonhard.

Quelle parole, pronunciate da un bambino innocente scossero l'animo umano di Laraine che ancora viveva dentro lei.

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