Capitolo 47: Ezra Sygrove

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Ezra Sygrove avanzò con passo deciso nella penombra della sala comune del maniero barniano, sicuro che a difenderlo ci sarebbe stata la sua spada. Dopo aver attraversato la valle da est insieme al suo esercito di cavalieri e aver distrutto l'orda di Alein IV, aveva fatto il suo ingresso trionfale nella città di Glarissia, consapevole però, che la minaccia benicassiana non era ancora stata debellata del tutto. Di Leonide Regan nemmeno l'ombra, ma solo i suoi orribili fantocci.

"Quel dannato, dove si starà nascondendo?"

Detestava l'idea di non essere arrivato prima, ma nulla ormai avrebbe potuto cambiare le sorti di quel giorno e così non gli restava altro che liberare la capitale da ogni insetto banicassiano rimasto. Era ormai a buon punto, il cerchio si stava restringendo e ormai restava solo il maniero. Avrebbe ripulito la fortezza barniana di ogni traccia del nemico, e se ne sarebbe occupato personalmente. Mentre si aggirava per gli ampi spazi chiusi del castello non poté fare a meno di pensare se avesse potuto fare di più. In cuor suo sapeva di aver fatto il possibile. Purtroppo, tra le file dell'esercito glarissiano, vi erano state ingenti perdite. 

"Ho visto soldati rimanere inermi di fronte al nemico, ma non era paura ciò che li aveva paralizzati, era l'incredulità di colpire il nemico e ritrovarsi di fronte a un essere inumano, con un corpo di coccio. Privarli della testa o di un arto non faceva alcuna differenza; essi si rialzavano e combattevano ancora, come se dei fili invisibili muovessero i loro corpi. Mi chiedo come sia stato possibile arrivare a tanto pur di ottenere il domino del continente. Se avessi tardato anche solo un altro po' si sarebbe potuta compiere una strage."

All'improvviso, la sua attenzione fu attirata da un lieve tossire. Sguainò la spada e si diresse verso la direzione di provenienza del rumore. Svoltò l'angolo del corridoio e rimase sorpreso nel vedere chi si trovò davanti: un uomo in armatura nera giaceva seduto a terra a ridosso della parete. Ezra notò la profonda ferita alla spalla.

«Ma voi siete...» Ezra si avvicinò all'individuo a terra. «Benedict Barras.»

Benedict notò la presenza avvicinarsi, riaprì gli occhi e scrutò il giovane uomo: scompigliati capelli del colore della sabbia e occhi nocciola. Una benda attorno al capo a coprirgli l'occhio sinistro, a nascondere probabilmente una brutta ferita. Un mantello sgualcito sopra un armatura leggera e sulla cintola il fodero di una spada che aveva già visto. «Non siete un nemico.» Tossì.

«Non credo ci conosciamo.» Ezra si genuflesse a terra, «ma io conosco voi, Primo Consigliere di Glarissia.»

Ben scrutò il giovane, stupito e in attesa di una spiegazione.

«Sono Ezra Sygrove, sesto principe di Dalen. Sono venuto in soccorso di Glarissia dopo aver appreso dell'inganno di Leonide Regan e dell'assassinio di Darrin Barnos.»

«Come siete giunto fino a qui? I fantocci di Leonide... Sono ovunque.»

«Ho cavalcato insieme ai signori delle mie terre e il loro seguito. Come forse già saprete, la regione che governo in vece di mio padre Egor Sandis Sygrove di Dalen confina con Glarissia. Non potevo permettere che un regno con cui ho instaurato nel tempo proficui scambi commerciali e ottimi rapporti diplomatici potesse cadere in mano al nemico. Abbiamo dato una sonora sconfitta all'esercito di Alein IV. Per un po' lascerà in pace voi e la capitale. La battaglia è vinta, Benedict Barras.»

La nube si scostò e un timido raggio di sole filtrò da una vetrata illuminando parte del volto incredulo di Benedict.

«Ci accingiamo a liberare la capitale da ciò che rimane dell'esercito di Leonide, è solo questione di tempo. Riuscite a rialzarvi? Vi porto al sicuro.»

A un tratto, Ben parve tornare in sé. «Non dovete badare a me. Vi prego di soccorrere la principessa. Sono certo si trovi qui.»

«La principessa?»

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