Capitolo 12.1: Caccia al cinghiale

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Edgar e Keira montarono in sella di buon ora. Spronarono i cavalli al galoppo lasciandosi alle spalle la città di Aalborg. Si diressero a nord percorrendo la Strada dei Boschi: l'antica via che collegava Aalborg a Lavenia.

Dopo aver attraversato la verde e pianeggiante prateria, raggiunsero il bosco. Gli alberi avevano cominciato a spogliarsi della loro veste smeraldina lasciando a terra un tappeto di foglie dai toni caldi. Quelle che ancora resistevano ancorate ai rami erano sollecitate di continuo dall'area fredda. Alcune di queste caddero a terra durante il loro passaggio. Lo spettacolo autunnale affascinò entrambi i giovani che rallentarono la corsa. Attorno a loro regnava la quiete, interrotta solo dal calpestio delle foglie secche sotto gli zoccoli degli animali, dal fruscio del vento e dallo sbuffo dei cavalli.

«L'autunno è la stagione che preferisco.» Ruppe il silenzio Keira. «Il bosco diventa uno spettacolo per gli occhi.»

«Sì, piace molto anche a me.» Rispose Edgar volgendo lo sguardo verso l'alto. Quello non sarebbe stato un autunno come tutti gli altri. Si chiese se ci sarebbero state altre occasioni dopo quella di oggi per ammirare lo spettacolo dalla natura.

Il bosco lasciò spazio alla radura e finalmente riuscirono a scorgere in lontananza il villaggio contadino di Chirca. Mentre attraversavano i campi coltivati, il passaggio dei cinghiali fu subito evidente: il terreno era dissestato e pieno di buche.

Edgar tirò le redini del suo cavallo. «Sono buche di un diametro di almeno un metro e profonde almeno mezzo. Devono essere animali di notevoli dimensioni.» Constatò.

Keira annuì. «I cinghiali aalboriani sono noti per la notevole stazza e la loro pericolosità. Non mi stupisco che i contadini del posto abbiano deciso di chiedere aiuto alla capitale.»

Quando giunsero alle porte del villaggio vennero accolti soltanto da un gruppetto di ragazzini sorvegliati dagli anziani. A quell'ora del giorno, chiunque era in forze si trovava nei campi. Scesero dai loro cavalli e proseguirono a piedi fino a un'abitazione più grande e meglio rifinita rispetto alle modeste capanne dei contadini che avevano visto fino ad allora. Seduto sul gradino più basso della piccola scalinata che conduceva all'ingresso della dimora, un giovane garzone faceva merenda con una fetta di pane e formaggio.

«Stiamo cercando il capo villaggio.» Disse Keira rivolgendosi al ragazzino. «Arriviamo dalla capitale, siamo qui per una segnalazione.»

Il garzone si alzò di fretta nascondendo il povero pranzo nella tasca dei pantaloni. «S-sì, vado a chiamarlo subito.» Rispose intimidito. Pochi istanti dopo scomparve all'interno della casa richiudendo la porta dietro di sé.

Edgar prese le redini anche del cavallo di Keira e li legò entrambi sul ramo di un albero. Nel frattempo, un uomo dalla lunga barba grigia e con una generosa stempiatura uscì dall'abitazione.

Senza esitare, la giovane alabardiera si presentò. «Vicecomandante dell'esercito aalboriano Keira Gainsburg e lui è il soldato semplice Edgar.»

«Soldato semplice?» Edgar assunse un'espressione di stizza.

«Vicecomandante Keira, sono contento che Reinard abbia mandato una persona del vostro valore. Prego, accomodatevi.»

Il capo villaggio fece loro strada. Nonostante fosse più grande rispetto alle altre capanne, l'abitazione si presentava comunque umile anche se piena di cianfrusaglie.

«Perdonate il disordine, fate come se foste a casa vostra.» Prese tre boccali da un pensile posto sulla parete, poi si rivolse al ragazzino. «Anton, per cortesia, apri la piccola botte che teniamo in cantina e spilla della birra su questi boccali.»

«Capo villaggio, non dovete disturbarvi.» Gli disse Keira sedendosi al tavolo.

«Siete miei ospiti, anche per la notte se sarà necessario.» Rispose il vecchio.

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