Parte terza, Capitolo 18.1: Verso Lavenia

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I cavalli si muovevano al passo lungo la strada sterrata. Assorta, Laraine rivolse lo sguardo verso le fronde degli abeti. L'autunno era ormai giunto al termine, le giornate si erano fatte più brevi e fredde, mentre il cielo era costantemente grigio. Questo rendeva il bosco di conifere su cui stavano transitando umido e in penombra anche di giorno.

Si sentiva ancora frastornata e la testa appesantita. Aveva perso conoscenza al campo profughi aalboriani mentre stava cercando si allontanarsi dagli emissari di re Edward Gray e si era risvegliata in sella a un autentico stallone da guerra insieme al giovane cavaliere laveniano, in testa alla spedizione. Le avevano legato i polsi e aveva i vestiti sporchi di fango.

Si guardò alle spalle con la speranza di vedere Edgar ma l'armatura del cavaliere le impedì di avere la visuale libera. Sconfortata, riprese a guardare davanti a sé.

Sospirò, mentre i pensieri presero il sopravvento. 

"State difendendo un assassino" aveva proferito il giovane cavaliere davanti al popolo aalboriano. Al contempo però, Laraine ricordò le parole di Edgar durante quella fatidica notte, mentre fuggivano dalle guardie arcadiane che davano loro la caccia per i vicoli della città. 

"Sono stato accusato di un omicidio che non ho commesso".

Comprendeva il motivo del perché fosse ricercato, ma non conosceva la vittima. Come se non bastasse, lei stessa era stata additata come la complice dell'assassino. Sarebbe finita col marcire in una cella, o peggio ancora, impalata su una picca. Il solo pensiero la terrorizzò.

«È più logico credere che la circostanza vi abbia unito» le disse il cavaliere rompendo il silenzio. Aveva forse compreso il suo stato d'animo?

Laraine rimase colpita dalle parole del ragazzo. Avrebbe potuto credere alla sua versione dei fatti, ma certamente non avrebbe avuto voce in capitolo riguardo la sua salvezza. La cattura di Edgar era stata ordinata dal re di Lavenia in persona e sarebbero stati giudicati da lui. La volontà del re era imprescindibile. Contraddirlo non era ammissibile. Le vite di Edgar e Laraine erano quindi nelle sue mani.

Nonostante la brusca cattura, col passare delle giornate, il giovane cavaliere, che aveva scoperto chiamarsi Ren, aveva cominciato a darle una discreta libertà di movimento. Ne fu sollevata da un lato, ma dall'altro non contribuiva a limitare le preoccupazioni riguardo il suo destino.

A Edgar, invece, gli erano stati legati i polsi, le caviglie, e messo un cappio attorno al collo. Viaggiava a piedi ed era costantemente sorvegliato dagli altri quattro cavalieri.

Dopo un'intera mattinata passata in sella si concessero una breve pausa. I cavalieri scesero dai loro destrieri e legarono le redini su alcuni rami. Ren scese da cavallo e aiutò Laraine a fare altrettanto. Finalmente poté toccare terra con i propri piedi. Ancora indolenzita per l'eccessivo tempo passato a cavallo, Laraine si stiracchiò e fece alcuni passi lungo l'accampamento improvvisato. Se da un lato il suo tempo lo trascorreva a cavallo, per Edgar la situazione era tutt'altro che semplice. Doveva stare di continuo al passo dei cavalli e camminava da giorni. Nonostante tutto, non fiatava e non dava segni di cedimento. Non proferiva parola anche se dallo sguardo poteva intuire che fosse sfinito.

Ren prese una borraccia issata sulla sella del suo cavallo, se la portò alla bocca ma scese a malapena una goccia d'acqua. Laraine osservò il giovane indispettirsi. Ebbe un'idea ma dubitava sarebbe stata accolta. Decise di fare un tentativo e si rivolse al giovane cavaliere.

«Mentre voi vi occupate delle provviste potrei andare in cerca di acqua.»

«Mi sembra una buona idea.» Rispose allentando i nodi della fune che le tratteneva i polsi. In un batter d'occhio fu di nuovo libera.

Laraine rimase stupita della libertà che gli concesse. Con molta probabilità, i cavalieri erano giunti alla conclusione che con le sue gracili braccia non avrebbe potuto torcere loro un capello, né aiutare Edgar in alcun modo. Indispettita per la scarsa considerazione che le davano, afferrò le altre due borracce issate sulla sella del cavallo e si avventurò nel bosco.

"E se una volta giunti a Lavenia venissi davvero accusata di aver aiutato la fuga di un assassino?" Impallidì all'idea di quel risvolto. "No, le cose non stanno davvero così e farò di tutto per dimostrarlo!" Scacciò dalla mente quel terribile pensiero.

E se fosse fuggita? Sarebbe stato facile, ma a quel punto si sarebbe sentita terribilmente in colpa per aver abbandonato Edgar in quelle condizioni. Senza contare che non era sicura di sopravvivere alle basse temperature del periodo e non aveva idea di dove fosse. No, non sarebbe fuggita.

Si fermò ai piedi di un albero. "Edgar non è un assassino. Voglio credergli." 

Riprese a camminare con rinnovata sicurezza. "Andrà tutto bene, Laraine. La battaglia di Edgar va ben oltre le accuse che gli sono state rivolte. Non si sarebbe sentito in dovere di aiutare le genti di Aalborg."

Proseguì per il sottobosco alla ricerca di un corso d'acqua. Per sua fortuna lo trovò in breve tempo. Riempì le borracce e ritornò sui suoi passi, ma si bloccò, incerta. "Oh no, ho perso l'orientamento." Come se non bastasse, non aveva prestato attenzione a dove si era diretta.

Sentì un nodo alla gola. "E adesso? Cosa faccio? Forse devo andare di qua, no aspetta, di là." Il sottobosco le parve tutto uguale.

"Mi sono persa." Ammise infine a se stessa. "Sono una stupida. Che cosa faccio ora?" Avrebbe dovuto starsene li buona e aspettare che venissero a cercarla oppure tentare una strada?

All'improvviso, le parve di sentire una voce.

«C'è nessuno?»

La voce si fece più distinta riuscendo a riconoscere una cantilena. 

«Di chi era quella voce? Era di qualcuno o se la stava solo immaginando?» Si voltò ma non vide nessuno. A terra, solo un fiore di colore viola. Il suo stelo era ritto verso il cielo; tre petali a forma di ventaglio erano rigirati verso il basso e altrettanti petali erano rivolti verso l'alto.

«Ma questo è... Un fiore di Iris.» Sussurrò stupita. "È innaturale in questo periodo dell'anno."

Incuriosita, gli si avvicinò. Una brezza quasi impercettibile smosse il fuscello e le sue foglie lunghe e sottili. Udì nuovamente la voce e questa volta la colse una forte emicrania.

«La testa, mi fa malissimo.» Cominciò a girare tutto attorno a lei fino a quando il terreno sotto ai suoi piedi si fece indistinto. Perse l'equilibrio e cadde a terra, priva di sensi.

«Ti sto aspettando...»

Di scatto, riaprì gli occhi. Sorpresa, vide che Edgar e Ren la stavano fissando.

«Si è risvegliata.» Disse il laveniano rialzandosi da terra. «Direi che sta bene, possiamo ripartire.»

Laraine si rimise seduta, ancora frastornata.

«Ti ho vista mentre ti inoltravi nel bosco. Ho davvero sperato che fuggissi.» Disse Edgar.

«Io non voglio fuggire.»

«Stai rischiando la vita inutilmente.» Sospirò. «Stai bene? Sei molto pallida.»

Laraine annuì. «Sono svenuta nel bosco a causa di un forte mal di testa.»

«Hai battuto la stessa all'accampamento oltre al fatto che hai lavorato molto negli ultimi giorni aiutando i soldati aalboriani. Devi esserti stancata troppo. Se non intendi fuggire allora non allontanarti più da sola. Non sopravvivresti a lungo in queste condizioni.»

Laraina si limitò ad annuire.

Edgar l'aiuto a rialzarsi nonostante avesse le mani legate.

Lo sguardo di Laraine si posò sulle catene che gli stringevano i polsi. Si fece coraggio e parlò. «Sono vere le parole del cavaliere? È vero che...»

«Sono un assassino? No e non ho intenzione di rivangare ora certe memorie. Ti prego di non farmi domande a riguardo.» le rispose. «Per favore.»

Quel 'per favore' giunse alle orecchie di Laraine come una supplica. Si ammutolì. «Perdonami se sono stata inopportuna.» Rivolse lo sguardo a terra per evitare quello di Edgar. Il giovane le voltò le spalle e riprese di nuovo il cammino.

Laraine si fece pensierosa. Che cosa era accaduto nella notte in cui Alein IV era giunto ad Arcadia?

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