Capitolo 5.1: Conoscenza

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Erano passati cinque giorni dall'assalto delle forze benicassiane ai danni della capitale Arcadiana. Per tutto questo tempo, Laraine era rimasta nascosta nel suo piccolo appartamento, esaurendo le ultime provviste.

Si affacciò con prudenza alla finestra della sua stanza da letto; gli incendi nella capitale si erano estinti grazie alle abbondanti piogge dei giorni successivi. Soltanto qualche fumarola s'innalzava verso il cielo. Le strade erano pressoché deserte. Le poche persone che si avventuravano per le vie della città trasportavano attrezzatura per le riparazioni e beni di prima necessità.

Abbandonò la finestra e scivolò con la schiena attaccata alla parete fino a sedersi a terra. Era frastornata e ancora impaurita, ma nonostante questo, era consapevole che non avrebbe potuto restare nascosta per sempre. Sentì un brontolio allo stomaco. 

«Ormai non mi è rimasto più nulla da mettere sotto i denti. Se scendo al magazzino del laboratorio dovrei trovare ancora qualche provvista.» Tuttavia, dopo giorni in cui il suo negozio era rimasto in balia dello sciacallaggio, non era più certa di questo. Decise comunque di fare un tentativo. Si fece coraggio e si rialzò. Lasciò il suo appartamento e scese al suo laboratorio munendosi della massima cautela.

Si avvicinò alla porta che collegava il negozio al resto dell'edificio e rimase immobile, indecisa se affrontare la dura verità o se attendere ancora un po'. A un tratto, sentì i suoi barattoli di vetro tintinnare, come se qualcuno stesse frugando in cerca di qualcosa. Il cuore cominciò a martellarle nel petto.

Avrebbe forse dovuto lasciar correre? No, doveva farsi coraggio. Non poteva permettere che qualcuno entrasse nel laboratorio senza il suo permesso, o peggio ancora, che rubasse il frutto del suo prezioso lavoro. Si scrollò la paura di dosso e, armatasi di coraggio, afferrò il pomello della porta e la aprì a spiraglio per spiare chi fosse. Non vide nessuno. Uscì così allo scoperto. Richiuse l'anta dietro di sé e si guardo attorno.

«Eppure mi era sembrato che qui ci fosse qualcu-»

All'improvviso, si sentì afferrare da una stretta vigorosa. Una mano guantata le coprì la bocca. In preda al panico, Laraine cominciò a gridare e a divincolarsi, ma ciò che ne uscì fu un suono smorzato dalla mano premuta sul volto.

«Non sono un nemico e ora lascerò la presa, lentamente. Ti prego di non alzare la voce o di reagire in alcun modo. Ne sei in grado?» Le sussurrò la voce di un uomo.

Laraine fece dei profondi respiri, si costrinse a calmarsi. Con il cuore in gola, mosse il capo in cenno di assenso.

La presa si allentò sul suo corpo. Quando fu libera, si voltò verso il suo aguzzino: lo stupore nei suoi occhi fu assoluto.

«Voi siet-»

Prima che riuscisse a completare la frase, l'uomo le coprì nuovamente la bocca con la mano. «Non dire una parola, ovunque ci sono orecchie in ascolto.»

Laraine annuì, ancora incredula. Stentava a credere che il principe di Arcadia si trovasse nel suo laboratorio; non indossava più gli abiti di alta fattura di quel giorno nel bosco, ma l'armatura della guardia reale. Laraine era confusa. Travestito in quel modo, non era da escludere che Edgar Gunther stesse fuggendo.

«Difficilmente avrei potuto immaginare che questo fosse il tuo negozio» le disse il giovane.

Laraine si rattristò. «Come potete vedere non è rimasto molto.»

«Perdonami se sono entrato senza permesso.»

«Non ha più alcuna importanza, ormai.» Laraine notò che Edgar si cingeva il fianco con la mano. Vide del sangue rappreso sull'armatura e si spaventò. «Voi siete ferito.»

«Non è niente.» Edgar si voltò cercando di distogliere l'attenzione della ragazza.

«Io credo che invece sia qualcosa di serio e debilitante. Lasciatemi dare un'occhiata.» Insistette.

Edgar scostò la mano e per Laraine fu subito chiaro. «È infetta, permettetemi di aiutarvi.»

Senza attendere la risposta del giovane principe, si diresse nella dispensa del laboratorio con la speranza di trovare l'occorrente. «Ho bisogno di-»

All'improvviso, avvertì un tonfo a terra.

«Oh, no!» Esclamò Laraine tornando sui suoi passi. Soccorse il giovane principe aiutandolo a rialzarsi. «È meglio se vi porto nel mio appartamento dove potrete riposare.»

«Non è necessario che tu faccia questo per una persona che a malapena conosci.»

«Conoscente o meno non posso ignorare una persona in difficoltà.» Prese sottobraccio il giovane e insieme si diressero al piano superiore dell'edificio. Lo fece stendere nel suo letto e gli scoprì la ferita. Ciò che vide la turbò. Un profondo e purulento taglio, tra il fianco e l'addome, causato da una spada o un pugnale, stava mettendo in pericolo la vita del giovane principe di Arcadia.

Laraine rovistò tra le mensole del suo appartamento e fortunatamente trovò il necessario: estratto di Dragoncello, unguento di Tormentilla, un bisturi, del filo e bende sterili. Ripulì la ferita, la disinfettò accuratamente e la ricucì. Edgar sollevò il braccio nascondendo il volto e sforzandosi di resistere.

«Ho quasi finito, portare pazienza ancora un po'.» Laraine spalmò l'unguento sul suo fianco, infine coprì accuratamente il tutto con delle bende di stoffa.

«Ecco fatto.» Soddisfatta, si asciugò la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano.

«Non eri tenuta a farlo.» Ribadì il giovane.

«Dovevo lasciarti rubare nel mio negozio?» Rispose impettita Laraine. «Come vi ho già detto, non posso ignorare una persona in difficoltà.»

Si guardarono negli occhi e Laraine rimase catturata dal suo sguardo: arrossì. «Credo sia meglio che vi lasci riposare. Questa ferita deve avervi messo a dura prova.» Si allontanò poi dal suo paziente. «Sono nella stanza accanto, non esitate a chiamarmi se avrete bisogno di qualcosa.»

«Se non conosco il tuo nome, mi viene difficile farlo.»

Laraine si bloccò su l'uscio. Sorrise. «Avete ragione. Il mio nome è Laraine.» 

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