Capitolo 11.1: Cielo e mare

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Erano trascorsi sette giorni dall'arrivo di Edgar alla capitale aalboriana. Julien Tisdale gli aveva concesso di muoversi liberamente all'interno della città a patto che fosse disarmato e costantemente sorvegliato. Per esaudire la volontà di Julien, il comandante Reinard aveva incaricato Keira di seguirlo ovunque egli andasse.

Keira si portò distrattamente una mano all'altezza della bocca e coprì un lungo sbadiglio, mentre con l'altra teneva in pugno la sua alabarda.

«Dev'essere noioso starmi alle costole.» Disse Edgar notando l'indolenza della ragazza.

«Non fate caso a me. Negli ultimi tempi le mie notti sono insonni.»

Percorsero una delle tante vie lastricate di candida pietra della città alta di Aalborg. Edgar si guardò attorno, impressionato dalla desolazione che lo circondava; la città si presentava sfregiata e ferita dal passaggio dell'esercito benicassiano. Case sventrate, annerite dalle fiamme e quelle poche rimaste integre, erano state barricate. Sul loro cammino incrociarono solo alcuni soldati di ronda per scoraggiare lo sciacallaggio.

A seguito degli scontri, le forze armate superstiti a disposizione dei regnanti di Aalborg non erano più state sufficienti per garantire protezione al popolo. Julien Tisdale aveva così imposto che tutti i sopravvissuti della città alta venissero trasferiti al porto, dove era stato allestito un accampamento. Il giovane principe l'aveva ritenuta la soluzione migliore e la più sicura fino a quando la minaccia benicassiana fosse venuta meno. Da allora, però, erano trascorsi più di tre mesi e gli abitanti di Aalborg cominciavano a manifestare una generalizzata insofferenza dovuta, per lo più, alle condizioni di vita precarie.

I giorni successivi al suo arrivo erano trascorsi privi della frenesia che aveva contraddistinto l'ultimo periodo. Aveva dimenticato l'ultima volta che aveva avuto del tempo per se stesso. Fu inevitabile che i pensieri e le preoccupazioni prendessero il sopravvento, a cominciare da Dave e Alixandra. Se Hagen avesse scoperto che erano stati loro a permettergli di fuggire, avrebbero rischiato la vita ed Edgar non se lo sarebbe mai perdonato.

Se da un lato con Hagen non poteva dormire sonni tranquilli, l'ascesa di Alein era un incubo a occhi aperti. Mentre bighellonava per le strade di Aalborg, Alein poteva già aver messo a punto la prossima mossa. Doveva affrettarsi a trovare alleati, perché soltanto con la caduta di Alein IV avrebbe potuto liberare Arcadia dall'influenza di Hagen. Più cercava di focalizzarsi sull'obiettivo, più ogni riflessione sul da farsi appariva priva di lucidità. Si arrese all'evidenza. Si fermò e sospirò. Cosa poteva fare per sentirsi in condizioni migliori?

«Perché ti sei fermato?» Chiese Keira.

Nella sua mente apparve il viso di Laraine. Dopo il loro arrivo ad Aalborg non aveva ancora avuto modo d'incontrarla. Si era sincerato delle sue condizioni di salute e che stesse bene, ma oltre a questo, non aveva chiesto altro.

«Keira, sapresti dirmi dove si trova la ragazza che viaggiava con me?»

La giovane alabardiera parve sorpresa della domanda che Edgar le rivolse. «Si trova nella città bassa in questo momento. Mi sono occupata di trovarle una sistemazione.»

«Potresti portarmi da lei?»

«Fino a prova contraria non disobbediamo agli ordini di Reinard.»

Tornarono sui loro passi e si avventurarono per il sentiero scavato sulla roccia del promontorio che li avrebbe condotti alla città bassa di Aalborg.

«Dev'essere dura salire e scendere per questa strada, specie se si portano carichi pesanti.» Constatò Edgar mentre discendevano lungo il cammino.

«Per quelli abbiamo dei robusti montacarichi che consentono il trasporto delle merci dà e verso il porto. Il territorio ci è sempre stato ostile ma è grazie a esso se veniamo riconosciuti in tutto il continente per il nostro ingegno.» Spiegò Keira con una punta di orgoglio nella voce.

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