Capitolo 8.2: La locanda del crocevia

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Raggiunsero il Crocevia soltanto all'imbrunire. Presero la Strada delle Praterie come previsto e di lì a poco videro alcune lanterne accese illuminare loro la via, segno per i viaggiatori che erano ormai giunti alla locanda per il meritato riposo.

Scesero da cavallo indossando il cappuccio dei loro rispettivi mantelli. Dopo aver affidato il vecchio ronzino allo stalliere di guardia, fecero il loro ingresso alla locanda. Il luogo era piuttosto affollato di viandanti, commercianti e cacciatori. Edgar e Laraine trovarono libero soltanto un tavolo che condivisero con un paio di uomini. Giunse una cameriera di mezza età, dalle forme generose sotto gli abiti da lavoro che illustrò loro il menù del giorno. Presero una zuppa calda di legumi e polenta di mais, il tutto innaffiato da una birra scura.

«Se berrò da sola questo boccale poi non mi reggerò nemmeno in piedi!» Disse Laraine dopo averla assaggiata.

«Di questi tempi l'acqua costa più della birra.» Constatò Edgar affatto dispiaciuto.

Mangiarono in silenzio ascoltando i dialoghi dei presenti. Non passò inosservato allo sguardo attento di Edgar un gruppo di uomini armati chiacchierare dal lato opposto della taverna. Indossavano tutti delle lunghe giacche di pelle marrone sopra un armatura leggera che portava i tipici colori delle divise dell'esercito aalboriano: verde lago e rosso scuro. Tutti loro avevano un nastro rosso, alcuni legato al braccio, altri sulla cintola, altri ancora sulla fronte.

Con loro era presente una donna. Sotto la giacca indossava un corpetto grigio perla e dei bermuda marroni. I suoi capelli, raccolti a coda di cavallo, erano del colore del rame. Di fianco alla donna, un uomo dai capelli rossi volse lo sguardo verso Edgar.

«Non voltarti.» Intimò Edgar a Laraine.

«Hai riconosciuto qualcuno?» Chiese.

«Aalboriani, di pattuglia nel crocevia. Vorrei evitare di attirare la loro attenzione.»

Laraine annuì.

«Paghiamo il conto e allontaniamoci.»

«Ma avevi promesso che ci saremmo fermati qui questa notte!» Protestò Laraine.

«È stato un errore credere che sarebbe stato possibile.» Si rialzò costringendo la ragazza a fare altrettanto, ma il suo tentativo di allontanarsi venne intercettato dagli armigeri aalboriani.

«Viandante, siete sospetto con quel cappuccio, abbassatelo e identificatevi» gli disse un armigero della compagnia.

Messo alle strette, Edgar prese il cappuccio e lentamente lo abbassò. Non ebbe modo di conoscere l'espressione che fecero i soldati aalboriani. D'impeto, afferrò la mano di Laraine, si fece largo tra alcuni dei presenti spingendoli a terra e uscì di corsa dalla locanda senza mai voltarsi. Si recarono dallo stalliere e rimontarono in sella al loro cavallo spronandolo al galoppo.

«Sanno di noi?» Chiese la giovane.

«Sì. Quei soldati mi hanno riconosciuto. Uno di loro non ha fatto altro che osservarci per tutto il tempo.»

Laraine si voltò dietro di sé e vide i soldati aalboriani affrettarsi per uscire dalla locanda e a rimontare in sella ai loro destrieri, armi in pugno. «Ci inseguono!» Gridò a Edgar.

«Dobbiamo seminarli.»

Ritornarono al Crocevia e presero la strada verso sud, cercando di mettere tra loro e gli aalboriani più terreno possibile. Tuttavia, Edgar e Laraine erano in due su un vecchio cavallo, mentre i soldati di Aalborg cavalcavano stalloni da guerra.

«Fermatevi, o saremo costretti a intervenire con le armi!» Urlò contro di loro un altro dei soldati.

Edgar ignorò il monito e continuò a spronare il cavallo, ma il buio della notte rendeva indistinto il terreno; la loro cavalcata era una vera corsa alla cieca. All'improvviso, la zampa anteriore del cavallo cedette, Edgar perse la presa delle redini e venne sbalzato in avanti. Cadde a terra ruzzolando per diversi metri. Rimase a terra qualche istante, poi ancora intontito per la caduta, cercò di rialzarsi.

«Argh!»

Un urlo di dolore, quasi straziante sconvolse Edgar. «No, Laraine!» Ancora barcollante, raggiunse il cavallo a terra. Laraine giaceva sul fianco sinistro, con una gamba schiacciata sotto il peso dell'animale che nitriva e si dimenava incapace di rialzarsi.

«La gamba. Fa tanto male!» Gridò Laraine tra le lacrime.

Edgar la liberò dal peso dell'animale. Laraine gli strinse il braccio in preda al dolore. Si sentì impotente. Nel frattempo, i soldati aalboriani li raggiunsero, circondandoli. Alcuni di loro tenevano in mano delle fiaccole che puntarono contro i fuggiaschi. Edgar socchiuse gli occhi infastidito dalla luce. L'uomo dai capelli rossi scese da cavallo e si avvicinò a loro sguainando la spada. Senza esitare, affondò la lama nella gola del cavallo che stramazzò al suolo emettendo un ultimo, soffocato nitrito.

Riestrasse poi l'arma e posò lo sguardo ambrato su Edgar. «Non avete più via di scampo, arrendetevi.» Esordì austero.

Anche la donna dai capelli ramati scese da cavallo. Teneva una torcia in mano mentre con l'altra impugnava una lunga alabarda. 

«Comandante Reinard, siete sicuro che si tratti di lui

Reinard annuì. «Sì, non ho alcun dubbio.»

Edgar si rialzò sfoderando la spada. «Si può sapere cosa volete da me?»

Gli uomini del comandante si misero in guardia,ma Reinard fece cenno di non interferire. Si rivolse poi al giovane. «Nonostante tu sia stato braccato, non ti dai per vinto, Edgar Gunther di Arcadia. Hagen Gunther ha sparso la notizia della tua fuga per l'intero continente fornendo una descrizione del tuo aspetto che rasenta la perfezione, deve odiarti parecchio.»

«Mi volete consegnare a lui?»

«Nonostante offra una lauta ricompensa in cambio della tua testa, non abbiamo intenzione di riportarti ad Arcadia. Verrai con noi, ad Aalborg.»

«Scordatelo.»

Reinard puntò la spada contro Edgar. «Duelliamo. Se vincerai, ti lasceremo andare, se perdi, verrai con noi.»

«Ti farò pentire di esserti messo contro di me!» Senza indugiare oltre, Edgar scattò in avanti verso Reinard. Menò un affondo che il comandante deviò con estrema semplicità.

«Sei mosso dall'ira. Non puoi sperare di battermi.» Reinard tese il braccio della spada e contrattaccò. Edgar intercettò l'affondo, lo evitò aggirando l'avversario. Si preparò così a colpire alle spalle di Reinard, ma il comandante fu velocissimo: parò il fendente, mise un piede in avanti e si lanciò contro Edgar. Un pugno poderoso lo colpì all'addome lasciandolo senza respiro. Edgar indietreggio, ma non demorse e attaccò di nuovo. Reinard evitò il suo fendente e lo ferì a un braccio.

«Maledizione!» Esclamò Edgar. Non si curò del braccio che nel frattempo aveva cominciato a sanguinare copiosamente. Reinard si stava dimostrando un avversario formidabile e velocissimo.

«Ti arrendi?»

«Mai!» Edgar attaccò di nuovo, ma Reinard si dimostrò per l'ennesima volta più abile di lui: schivò l'affondo e lo sorprese alle spalle. lo colpì al collo col il braccio tramortendolo. Edgar finì a terra e perse la presa sull'arma. Con un gesto repentino del piede, Reinard calciò la spada allontanandola da entrambi.

«Ti arrendi ora?» Chiese di nuovo Reinard puntandogli la lama all'altezza della nuca.

Edgar alzò lo sguardo: poco lontano a lui, Laraine era a terra, semi incosciente.

Si era lasciato trasportare di nuovo dalla rabbia, come quella notte, e, come se non bastasse, aveva permesso che venisse ingiustamente coinvolta Laraine. Edgar puntò un ginocchio a terra, ma non si rialzò.

Reinard rinfoderò la spada. «Prendeteli entrambi ed immobilizzateli. Prestate attenzione alla ragazza, ha una gamba rotta.» Voltò poi le spalle a Edgar e rimontò in sella al suo destriero.

Un soldato legò loro le mani dietro la schiena. La donna dai capelli ramati prestò soccorso a Laraine bloccandole la gamba con due rami e una fune. Vennero infine fatti salire su un cavallo. Quando furono tutti pronti, Reinard diede l'ordine di ripartire. Il gruppo si avviò al trotto per la strada che li avrebbe condotti ad Aalborg.

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