Capitolo 7: In viaggio

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Edgar si era lasciato alle spalle la città di Arcadia con la solenne promessa che un giorno avrebbe fatto ritorno per ristabilire l'ordine e riportare la pace. Una responsabilità immensa che ora gravava sulle sue spalle.

Mentre osservava sconvolto la desolazione creata dai soldati benicassiani, aveva rassicurato Emi. Le aveva promesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere il popolo di Arcadia, ma la verità era che, nelle condizioni attuali, non poteva fare nulla. Senza alleati, non sarebbe mai stato in grado di contrastare l'esercito di Alein IV.

Le file dello schieramento benicassiano erano formate da finti uomini in armatura e mossi da una forza invisibile. Com'era stato possibile creare tutto ciò? Edgar non riusciva a dare una spiegazione ragionevole a quello che i suoi occhi avevano visto. Restava il fatto che, con un'arma simile a disposizione di Alein IV, presto sarebbe scoppiata una guerra dalle proporzioni catastrofiche, della stessa portata di quella che avvenne più di quattromila anni fa e da cui ne conseguì la nascita dell'impero di Valesia. La storia, quindi, pareva destinata a ripetersi.

Il sole era ormai alto, ma solo pochi dei suoi raggi arrivavano a illuminare il sottobosco. Edgar e Laraine camminavano nella foresta lontani dai sentieri conosciuti. La giovane erborista alzò lo sguardo rimanendo incantata dai caldi colori autunnali che a poco a poco stavano tingendo le foglie degli alberi. Ammirava lo spettacolo del foliage con il naso all'insù quando distrattamente urtò Edgar.

«Sono desolata.» Disse al compagno di viaggio.

Edgar non rispose. Si limitò a guardare attorno a sé in cerca di un punto di riferimento che lo aiutasse a orientarsi e proseguì deciso continuando a ignorare Laraine fino a quando, tra gli alberi, intravide una torre di pietra posta sulla sommità di una piccola altura. «Siamo sulla strada giusta. Quella è una delle torri di vedetta della capitale. Sono in tutto undici e sono state costruite nei dintorni della città.» Indicò il manufatto in lontananza.

Laraine seguì le sue indicazioni e lo vide. «Se ci troviamo nei pressi di una di queste torri troveremo sicuramente dei soldati di pattuglia.»

«È strano. Avremmo già dovuto incontrar-» non finì la frase che intravide davanti a sé il corpo di un uomo riverso a terra e semicoperto dalle foglie. «Stai indietro.» Intimò a Laraine.

Laraine indietreggiò «Che cosa hai visto?»

Edgar sguainò la spada e si avvicinò al corpo. Lo scansò con il piede. La spinta lo fece voltare di schiena: grosse larve bianche uscivano dalle orbite e dalla bocca del cadavere che aveva assunto un colore che andava dal candore al violaceo. Edgar si ritrasse disgustato.

«È-è morto!» Balbettò Laraine fissando il cadavere.

Edgar si voltò verso la giovane. «Non guardare!»

Fu troppo tardi. Laraine trattenne un conato, ma fu più forte di lei.

«Ci mancava solo questa.» Fu il commento di Edgar.

Si accucciò vicino al corpo inerme e lo analizzò; la puzza che emanava gli tolse il respiro.

Cercò nel cadavere la causa che lo avesse reso tale. Vide una profonda ferita da taglio all'altezza del collo. Sorpreso alle spalle e sgozzato come un maiale.

Sotto il fogliame riconobbe la divisa arcadiana, la stessa che stava indossando. Notò che la spada era ancora nel fodero. Tagliò la cintura che la tratteneva e la afferrò «nemmeno il tempo di reagire. Chi ha fatto questo dev'essere stato abile.» Osservando il corpo ebbe come un presentimento, si rialzò e si voltò in direzione del fortino. «Andiamo a controllare la torre. Te la senti?»

Laraine si pulì le labbra sul dorso della mano. «C-credo di sì.»

Edgar constatò che fosse più pallida del cadavere a terra. Le porse la spada. «Prendi questa, potrebbe servirti.»

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