Capitolo 11.2: Cielo e mare

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«Ho un incarico per voi due.» Esordì Reinard. Lanciò la spada a Edgar che la prese al volo. 

«A nord è situato il villaggio di Chirca. Lì ci vivono soprattutto contadini che si adoperano per coltivare i cereali che poi vengono importati qui nella capitale. La stagione delle coltivazioni è ormai giunta al termine e i contadini stanno lavorando per mettere al sicuro le messi. Tuttavia, un branco di cinghiali sta causando loro enormi disagi infestando le campagne e distruggendo i loro raccolti. Il vostro compito sarà recarvi sul posto e abbattere gli animali in questione.»

«Evviva!» Esultò Keira. «Si va a caccia.»

Edgar sbuffò. «Perché dovrei essere io a dover risolvere i vostri problemi?»

Reinard lo guardò dall'alto in basso. «Farò finta di non aver sentito. Dati i tempi difficili che stiamo vivendo è giusto sfruttare tutta la manodopera di cui disponiamo. Sarebbe uno spreco di risorse se ti lasciassimo poltrire a palazzo. Julien ne è rimasto entusiasta della proposta.»

«C'è sicuramente altro. Non mi hai ridato la spada solo per uccidere i tuoi dannati cinghiali.» Ribatté Edgar.

«Non capisco perché ritieni che io abbia secondi fini.» Sorrise. «Ora andate. Ci vuole almeno mezza giornata a cavallo per raggiungere il villaggio.» Reinard liquidò entrambi voltando loro le spalle.

Keira si stiracchiò. «Finalmente cambiamo un po' aria. Ormai mi sentivo soffocare.»

«Mi chiedo se tu sia davvero una guerriera o solo una persona troppo sicura si sé.» Edgar si voltò e fece per allontanandosi.

«Ti ho mai detto che sei più acido di un secchio di latte andato a male?»

«Hai detto qualcosa?»

«Sì, che sei acido.» Keira gli fece linguaccia.

«Impertinente. Attenta a come ti rivolgi a me.»

«Non ti temo.»

«Diamine, non ti sopporto!»

Il battibecco tra Edgar e Keira si fece sempre più lontano e indistinto nonostante le loro voci continuassero a rimbombare tra le mura della fortezza.

«Sei sicuro di poterti fidare di quell'individuo? È pur sempre un membro della famiglia Gunther e per giunta è accusato di assassinio.» Sirio raggiunse Reinard. Per tutto il tempo era rimasto ad ascoltare la loro conversazione da una sala limitrofa.

«È nel suo interesse conquistare la nostra fiducia e ora ha l'occasione per farlo. Non si sarebbe mostrato così accondiscendente con Julien. È chiaro che abbia un piano in mente.» Rispose Reinard.

«Cacciando cinghiali?» Sirio scoppiò in una fragorosa risata.

Fisico possente e corti capelli neri a spazzola, Sirio era un uomo che aveva superato la quarantina da un pezzo ed era più alto di Reinard di almeno tre spanne. «Mi auguro tu non stia iniziando a perdere colpi, Reinard.» Gli diede una sonora pacca sulla spalla e si allontanò.

«Forse Sirio ha ragione, meglio che vada a prepararmi anch'io.»

***

Regno di Benicassia, Palazzo reale

Leonide Regan sedeva sul suo scranno dorato. Puntò il gomito sul poggiolo sorreggendosi il capo con la mano. Era notte fonda e la sala del trono del regno di Benicassia era in totale penombra. Gli enormi candelabri che pendevano dall'alto soffitto a volta non avevano candele e le torce, posizionate ai lati delle spesse colonne di pietra, erano spente. Soltanto alcuni timidi raggi lunari s'insinuavano tra le piccole trifore poste a intervalli regolari lungo le spoglie pareti di pietra. Nessuna guardia era presente nella sala del trono, nemmeno all'entrata di essa. Breanne era posizionata sul lato ovest e scrutava Leonide in religioso silenzio, avvolta nel suo scialle di morbide piume nere. Si fece avanti portandosi ai piedi della gradinata che conduceva al trono. Fece un piccolo inchino in segno di riverenza verso la più alta carica del regno di Benicassia.

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