Parte quinta, Capitolo 38.1: La principessa di Glarissia

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La capitale alesiana si presentava come una città murata a forma circolare. La robusta e spessa cinta muraria che la proteggeva era una delle poche nel continente provvista di un camminamento di ronda interamente percorribile. A intervalli regolari, erano poste otto torri di vedetta e quattro torrioni quadrangolari, uno per ogni ingresso alla città. Edgar, Ren e la giovane Yukiko giunsero all'ingresso ovest. Superarono i controlli di rito e finalmente poterono proseguire verso il cuore della capitale. Il centro cittadino era costituito da due traverse perpendicolari che permettevano di raccordare i quattro ingressi alla città con il centro, dove era situato il palazzo reale, una struttura poco pretenziosa, di solida pietra e anch'essa circondata da alte mura.

Camminavano immersi nel trambusto cittadino quando videro un gruppo di uomini e donne radunarsi nei pressi di una locanda. Incuriositi, si avvicinarono.

«Che sta succedendo qui?» Chiese Yukiko a uno di loro.

«Si è presentata una donna scortata da alcuni uomini che avevano tutta l'aria di essere dei soldati. Pare ci sia stato uno scambio di sguardi di troppo con chi era già presente nel locale. In questo momento è in corso un'accesa discussione.» Le ripose un uomo.

«Accesa è dire poco. Fino a poco fa era chiaro che se le stessero dando di santa ragione!» Asserì un altro di loro.

«Stranieri che non sanno stare al loro posto!» Ribadì indispettita una donna.

All'improvviso, un rumore assordante proveniente dall'interno destò la loro attenzione. Si udirono poi distintamente alcune voci. «Maledetti glarissiani! Chi vi credete di essere!»

"Glarissiani?" 

Edgar si fece largo tra la folla raggiungendo l'ingresso del locale.

«Edgar, non è saggio intervenire. Lasciamo che se ne occupi la guardia cittadina» disse Yukiko sperando in un passo indietro del giovane.

«Va a chiamarla. Nel frattempo, io e Ren andremo a controllare la situazione» le rispose.

«E va bene, vado, ma non fatemi fare brutta figura. Sono alesiana anche io, dopotutto.» Yukiko si allontanò di fretta mentre Edgar e Ren entrarono nel locale.

L'interno della locanda era comparabile a un campo di battaglia: tavoli ribaltati e sedie rotte. Bicchieri di latta a terra e botti sventrate. Trovarono il locandiere nascosto dietro il suo spesso bancone di mogano mentre alcune cameriere, appena videro Edgar, si affrettarono a ripararsi dietro di lui.

«Chi ha causato tutto questo disordine?» Chiese scuro in volto.

«Quella donna. È un mostro!» Squittì una delle cameriere indicando con il dito.

«E i suoi uomini non sono da meno» disse l'altra.

«Ren, scorta il locandiere insieme alle ragazze fuori di qui e disperdi la folla. Vado a sistemare la faccenda una volta per tutte prima che ci scappi un ferito grave o un morto.»

«Lascia fare a me.» Lo rassicurò il ragazzo.

Quando Edgar raggiunse la sala interna, rimase sorpreso nel vedere chi si trovò di fronte: una giovane donna teneva per il colletto un uomo le cui dimensioni erano almeno tre volte le sue. Capelli biondo cenere da sopra le spalle e una mantella bianca su cui era stato cucito uno stemma raffigurante un orso bruno rampante e una torre su sfondo giallo e rosso; i simboli del casato Barnos, i regnanti di Glarissia. Indossava degli stivali marroni da sopra le ginocchia e delle culotte bordò. Sulla cintola, una spada. Dietro di lei altri quattro uomini in armatura leggera, anch'essi portavano sulla schiena lo stesso stemma.

«Non è raccomandabile attaccare briga in terra straniera» esordì Edgar.

La donna mollò la presa sull'uomo che indietreggiò raggiungendo i suoi compagni terrorizzati in un angolo. Alcuni di loro erano feriti in modo lieve.

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