Capitolo 17: L'ultimo saluto

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Del comandante Reinard Von Handerlier e del principe Julien Tisdale di Aalborg non si ebbero più notizie. Secondo le testimonianze di alcuni uomini che erano con loro nel momento della ritirata, nessuno dei due volle imbarcarsi su una nave per mettersi in salvo. Entrambi avevano scelto di rimanere ad Aalborg e di fronteggiare l'esercito benicassiano mettendo a repentaglio la propria vita per permettere a più persone possibili di imbarcarsi. Con molta probabilità, nessuno dei due era sopravvissuto.

Rimasta la carica più alta dell'ormai decaduto - non a parole, ma nei fatti - regno di Aalborg, Sirio venne proclamato provvisoriamente reggente del popolo, in attesa dell'ascesa di un nuovo regnante o di notizie da parte di Julien.

Per evitare il diffondersi epidemie, Sirio ordinò che tutti i corpi dei soldati che non ce l'avevano fatta dopo l'approdo venissero sepolti.

Venne scavata una fossa comune poco distante dall'accampamento dove vennero adagiati, uno di fianco all'altro, le salme dei soldati che avevano sacrificato la vita con onore combattendo una guerra disperata e dall'esito scontato.

In una grigia giornata di fine autunno, Edgar e Laraine si prestavano a dare l'ultimo commiato ai defunti.

Camminarono lungo il cimitero a cielo aperto, porgendo sguardi di saluto ai caduti. Quando giunsero al capezzale di Keira, Laraine scoppiò in lacrime.

Edgar alzò lo sguardo al cielo, gli occhi divennero lucidi ma s'impose di resistere. Fece un profondo respiro e si avvicinò alla spoglia di Keira. Poggiò un ginocchio a terra e le toccò il viso pallido e freddo. I suoi bellissimi capelli ramati avevano perso lucentezza divenendo opachi, spenti. In quel momento sentì di doverle rivolgerle una solenne promessa. 

"Giuro su ciò che mi è rimasto di più caro che libererò Aalborg e tutti i regni della Valesia dalla follia di Alein IV. Dovessi arrivare a rinunciare alla mia vita, non esiterò un solo istante. Ucciderò Alein con le mie stesse mani cosicché la tua anima sia libera dal tormento, raggiunga Acquachiara e rinasca a nuova vita."

Non avrebbe permesso ad Alein IV di imporre il suo dominio su un altro regno. Ciò che era accaduto ad Aalborg non si sarebbe ripetuto, non fintanto che lui avesse avuto la forza di rialzarsi e combattere.

Sciolse il nastro rosso legato al braccio di Keira, simbolo della resistenza contro l'invasione benicassiana e se lo portò alle labbra. Odorava di sangue e terra. Infine, si rialzò. «Piangere non servirà a riportarla indietro. Keira è morta lasciandoci la sua eredità. Desiderava la pace per il popolo aalboriano e per questo si è battuta fino alla morte. Faremo nostra la sua ultima volontà così come quella di tutti coloro che giacciono qui. Sii forte, Laraine.»

«Hai ragione. Devo essere forte, ma in questo momento non ci riesco e non voglio esserlo. Nessuno di loro meritava questa fine.» Rispose asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Nel pianto, le venne da sorridere. «Sono certa che mi darebbe della stupida se mi vedesse in questo stato.»

Comprendeva lo stato d'animo di Laraine. Lui stesso aveva ceduto pochi giorni prima. Sotto la pioggia scrosciante si era aggrappato all'ultima cosa che gli era rimasta: il contatto umano. Privo della forza di volontà, tra le braccia di Laraine aveva pianto. Si era disprezzato, perché non era riuscito, ancora una volta, a proteggere chi voleva bene.

"Combatti per difendere chi ami."

Che significato poteva davvero avere la parola combattere? Aveva imparato l'arte della, ma per la seconda volta non era riuscito a proteggere chi voleva bene. A cosa erano serviti tutti quegli anni di addestramento? Perché non riusciva a proteggere chi gli stava vicino?

"Maestro, cosa sto sbagliando?"

Rimasero ancora qualche istante in silenzio al capezzale di Keira, infine, i loro sguardi s'incrociarono. Un silenzio assenso che voleva dire solo una cosa: era giunto il momento di rialzare lo sguardo e di andare avanti.

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